Sono essenziali. Quelli che portano il cibo nelle nostre case, che rispondono alle nostre richieste al colpo di un solo click. Sono anche tra i lavoratori più sensibili in tema di salute e sicurezza. I rider – gli emblematici fattorini della gig economy – sono tra i più esposti agli infortuni sul lavoro e, allo stesso tempo, tra i meno tutelati. Ora che il virus è nel pieno della sua seconda ondata tra i rischi che corrono non manca il contagio. Così a Bologna - dove già, in anticipo sul resto d’Italia, un paio di anni fa Comune, sindacati, rider e app virtuose avevano sottoscritto una Carta dei lavoratori digitali – un’altra iniziativa potrebbe fare da apripista e segnare un nuovo corso.

Viene infatti avviato oggi (venerdì 11 dicembre) uno screening sanitario gratuito e su base volontaria aperto a tutti i rider che operano nella città. Un test rapido effettuato in autostazione dalla Asl di Bologna, un’iniziativa promossa dagli stessi firmatari della Carta, comune e sindacato in testa.

Il principio di fondo è semplice: il diritto alla salute e alla sicurezza è fondamentale, e lo è per i lavoratori ma anche per i cittadini, per chi consegna e per chi riceve. Marco Lombardo è l’assessore che ha fortemente voluto sia la Carta che questo screening: “Perché mai il rischio dovrebbe essere a carico dei lavoratori? Durante la prima ondata del contagio sapevamo che c’era la difficoltà di reperire mascherine e, visto che le app non provvedevano, lo abbiamo fatto noi, cercando di supplire a quella mancanza. Oggi abbiamo un nuovo strumento, ovvero i tamponi rapidi. Dovrebbero essere le aziende attraverso medici convenzionati a procedere con lo screening, siccome non è questo il caso per ora forniamo noi questo servizio ai rider, convinti però che sia interesse dei cittadini e dei lavoratori, ma anche delle stesse piattaforme assicurarsi del buono stato di salute di chi effettua le consegne”.

Non sarà quindi un evento una tantum, una sorta di buon proposito natalizio, ma avrà una sua regolarità. “Da qui alla fine di gennaio, spiega ancora Lombardo, contiamo di organizzare uno screening ogni dieci giorni. E soprattutto contiamo di estendere questa buona pratica a tutti i lavoratori della logistica che gravitano sul nostro territorio, parliamo più o meno di 10mila addetti”.

Non a caso il primo tampone rapido è stato preceduto dal tavolo metropolitano sulla sicurezza della logistica. Maurizio Lunghi, segretario generale della Camera del lavoro bolognese spiega: “L’idea è quella di estendere questo screening il più possibile. Si parte dai rider per cercare di dare una risposta a tutti quei lavoratori che, nella cosiddetta gig economy, hanno meno coperture di altri e per i quali è necessaria e urgente l’applicazione dei protocolli di sicurezza stabiliti già mesi fa. In questi mesi – prosegue il dirigente della Cgil – i nostri rapporti con i rider si sono intensificati, e proprio sul fronte della sicurezza siamo riusciti a creare figure di Rls oltre che a ottenere la disponibilità di alcuni lavoratori ad adire le vie legali dopo la sciagurata vicenda dell’accordo firmato dall’Ugl. Certo il cammino è ancora lungo. Dobbiamo costruire un percorso di rappresentanza in un mondo che è molto frammentato e articolato. Intanto facciamo pressing sulle multinazionali che a oggi non si sono ancora rese disponibili e che se certo non si preoccupano di fornire le mascherine, figurarsi un test sierologico o un tampone”.

Intanto Bologna è una conferma. La prima città a proporre un’iniziativa di questo genere. Maurizio Lunghi spiega che molto dipende da “un corredo di relazioni consolidate con il livello istituzionale, un punto chiave di questa operazione perché ha consentito di poter elaborare. inizialmente a tavolino poi nella pratica, un intervento capace di parlare a questo mondo. Qui poi c’è anche una buona sensibilità da parte dei sindacati del commercio e dei trasporti e rapporti unitari che ci hanno permesso di portare a casa dei risultati e di essere così una punta avanzata nel panorama nazionale”.  

Per l’assessore Lombardo: “Una città come Bologna deve sempre provare a spingersi avanti. Lo ha fatto innanzitutto con la Carta, perché già in quel documento chiedevamo che le piattaforme si preoccupassero della messa in sicurezza dei lavoratori. Durante l’emergenza Covid abbiamo cercato di estendere le misure che avevamo immaginato alla consegna dei vari dispositivi di protezione, un’impostazione riconosciuta anche dai tribunali di Firenze e di Bologna. E alla fine qualcosa abbiamo ottenuto tanto che ora le piattaforme hanno finito per adottare tutte la consegna senza contatto, o contactless delivery, sia nel passaggio dei prodotti che nelle forme di pagamento”.

Un modello quello bolognese che chissà non faccia breccia anche nei palazzi romani dove sui rider il confronto tra governo e organizzazioni sindacali è aperto da tempo e i nodi da sciogliere sono ancora numerosi.