Napoli non molla, dovranno sudare per portare via Whirlpool dalla città. I sindacati promettono battaglia nel giorno dell’incontro (22 ottobre) con il ministero dello Sviluppo economico e l’azienda. Durante la riunione l’amministratore delegato della multinazionale americana Luigi La Morgia ha ribadito la volontà di dismettere il 31 ottobre il sito di via Argine e di mandare a casa circa 420 dipendenti. “Di fronte alla conferma della chiusura risponderemo con lo scontro sociale – afferma a margine la segretaria nazionale Fiom Cgil, Barbara Tibaldi -. L’azienda ha costruito le condizioni per chiudere, dentro una visione complessiva di depotenziamento della sua presenza in Italia, che si scaricherà su tutti gli stabilimenti del gruppo”.

La battaglia va avanti da tempo e non si ferma. Le otto ore di sciopero in tutti gli stabilimenti italiani nella giornata del vertice al dicastero sono solo l’ultima puntata di un’agitazione che finora ha prodotto decine di assemblee e ben 45 ore di sciopero. Domani (23 ottobre)  è previsto un presidio in piazza Plebiscito a Napoli alle 9.30 e sono in programma ulteriori ore di braccia incrociate negli altri siti del gruppo. Una grande dimostrazione di solidarietà che è anche una presa di coscienza: a rischiare il posto non sono solo i napoletani ma tutti i lavoratori Whirlpool, perché l’azienda non rispetta gli impegni presi. “L’ostilità della multinazionale nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori del nostro Paese è evidente - prosegue Tibaldi -. Quella di oggi è una dichiarazione di guerra, ancora più grave nel momento in cui l’Italia vive una crisi pandemica senza precedenti”. Per questo la Fiom chiede la convocazione urgente di un tavolo a palazzo Chigi per portare la vertenza all’attenzione del premier Giuseppe Conte.

 

 

 

“L’azienda ha svelato la tua totale inaffidabilità e sembra profilarsi un depotenziamento della strategia industriale di Whirlpool in Italia – spiega Francesca Re David, segretaria generale Fiom -. La vertenza è emblematica dell’autorevolezza del governo italiano. Dopo le comunicazioni di oggi la fase di melina è finita, non c’è più tempo per Napoli”. Nell’ottobre di due anni fa con un accordo firmato al ministero dello Sviluppo economico, a fronte dell’uso di ammortizzatori sociali e di sovvenzioni da parte delle istituzioni, oltre 100 milioni di euro tra taglio del costo del lavoro, fondo perduto, fondo per le crisi d'impresa, fiscalità di vantaggio e prestiti garantiti, l’azienda promise investimenti per 250 milioni di euro su tutti gli stabilimenti italiani. Questi impegni sono stati completamente disattesi: a metà 2019 Whirlpool ha annunciato la chiusura dell’impianto di Napoli, oggi confermata. "L’amministratore delegato La Morgia ha dato spiegazioni assai confuse riguardo al risultato del secondo quadrimestre del gruppo che verrà illustrato oggi e che sembrerebbe essere positivo, in contraddizione con la chiusura di Napoli – ribadisce Re David -. Tutto ciò è inaccettabile”. 

Nell’impianto di Napoli si producono elettrodomestici di gamma alta, il modello di lavatrici Omnia, la cui domanda globale a detta dell’azienda sarebbe crollata drasticamente. “Una motivazione assurda: Whirlpool potrebbe portare a Napoli nuove produzioni dall’estero" conclude Tibaldi, che aggiunge: “Ecco che cosa potrebbe accadere a tantissime altre aziende se si toglie il blocco dei licenziamenti. Il governo deve sostenere le imprese che portano lavoro e non dare soldi indiscriminatamente a tutti. Domani saremo in piazza a Napoli, siamo obbligati a difenderci”.