“Non ci fermeranno, perché se vogliamo vincere la battaglia, dobbiamo tagliare con l’accetta tutte queste illegalità”. Andrea Lumino, segretario generale Slc Taranto, non usa mezzi termini per rendere noto l’ultimo caso, in ordine di tempo, di sfruttamento di lavoratori dei call center – si parla di una quarantina di giovani trentenni - avvenuto nell’ultimo mese nella provincia jonica e scoperto ora dal sindacato. Porta la data del 6 agosto, infatti, la denuncia formale della Cgil alla Guardia di Finanza e all’Ispettorato del lavoro per lavoro nero e interposizione di manodopera contro Tim, chiedendo agli organi ispettivi di verificare la sussistenza del reato con il call center Tebaide service di Massafra, paese del tarantino. Dunque, prosegue la battaglia dell’Slc contro i cosiddetti call center sottoscala, privi del rispetto delle più elementari regole del settore. Dopo i diversi casi individuati nella provincia, il sindacato passa alle vie di fatto contro una delle committenti più importanti del Paese.     

“Nonostante i nostri ripetuti solleciti – afferma il dirigente sindacale -, Tim continua a disconoscere il rapporto con l’azienda in questione, il cui imprenditore sarebbe poi lo stesso di un altro call center, anch’esso irregolare, dislocato a Crispiano, altro paese del tarantino. Anche lì, abbiamo scoperto lavoratori sottopagati a 4 euro l’ora, rispetto agli 8,60 come da accordo stipulato da Cgil, Cisl, Uil e Asstel (l’associazione datoriale delle telecomunicazioni)”. I riflettori del sindacato si erano accesi già le scorse settimane su questo call center accusato di essere allestito in un garage e, dalla visura camerale, risultato anche inattivo.

E anche in questo caso, Tim avrebbe assegnato il mandato ad altra società, che poi lo avrebbe girato in subappalto. “Riteniamo inaccettabile che Tim speculi sulla pelle delle persone e sulla necessità di lavorare – rileva ancora il sindacalista -. Com’è possibile che Tim abbia permesso di lavorare in questo modo? Per questo, abbiamo fornito alla Guardia di Finanza il contratto di alcune lavoratrici assunte con Tebaide, che avevano nel loro contratto, come oggetto di prestazione, proprio la vendita di prodotti Tim. Insieme a questi, abbiamo fornito anche i nominativi di contratti fatti dai lavoratori con i numeri di telefono per conto di Tim, con data del contratto e offerta stipulata. Quindi, il guadagno che Tim ha fatto su quei contratti, disconoscendone la provenienza, ma incamerando profitti, nonostante l’azienda risultasse ufficialmente inattiva”.

“Dato l’atteggiamento di Tim, ieri abbiamo provveduto a sporgere denuncia chiedendo, carte alla mano, la verifica della sussistenza di interposizione di manodopera: Tim non può continuare a dire di non sapere ed è arrivato il momento che la giustizia accerti le responsabilità. Inoltre, non possiamo non sottolineare la scarsa, se non totale, assenza di collaborazione da parte del comune di Massafra: dal nostro sollecito, non hanno prodotto nessuna risposta, quando sappiamo, invece, che la titolare dell’azienda in subappalto è la figlia di un consigliere comunale. A questo punto, ci chiediamo se il silenzio abbia un significato: dobbiamo desumere di sì”.

Parallelamente, l’Slc ha iniziato un'azione di coinvolgimento delle amministrazioni comunali per sconfiggere il fenomeno del lavoro nero. Non solo. Proprio in vista delle prossime elezioni regionali, ha fatto appello a tutti i candidati chiedendo una forte ed esplicita presa di posizione contro i call center abusivi. “Come sindacato, non siamo disponibili ad alcun compromesso: lo abbiamo detto e lo stiamo traducendo in atti. Tim cominci seriamente a rispondere delle sue iniziative: noi continuiamo a non scambiare lavoro per un tozzo di pane”, conclude Lumino.