I prossimi due anni per l’Italia potrebbero essere molto duri. La previsione è del Fondo monetario internazionale, che ha stimato una decrescita del Pil dello 0,1 per cento quest’anno e dello 0,2 nel 2009. Segno meno, recessione. I dati sono contenuti nelle Prospettive economiche regionali per l'Europa presentate oggi a Bruxelles, che riprendono le stime del World economic outlook dell'8 ottobre scorso. Secondo l’Fmi l'Italia è l'unico paese della zona euro, insieme all'Irlanda, a essere destinata a una crescita negativa per due anni di seguito. Riguardo l’inflazione, secondo il Fondo si attesterà al 3,4 per cento quest’anno e all'1,9 l’anno prossimo.

Un allarme ripreso anche dal Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi: 'Dopo il calo del Pil nel secondo trimestre – ha detto Draghi in audizione al Senato- i più recenti indicatori confermano segnali negativi per i prossimi trimestri. Calano i consumi delle famiglie sotto il peso dell'erosione del reddito disponibile, a causa dell'inflazione e dell'aumento del servizio al debito'

'Le ripercussioni della crisi – ha detto il Governatore - vanno ben al di là del sistema bancario. Famiglie e imprese sono compite sia direttamente, per la perdita di valore dei titoli Lehman che esse detengono, sia indirettamente a causa delle prospettive di una restrizione del reddito conseguente alle tensioni finanziarie del momento'. Per Draghi, quindi, 'il problema che è più urgente risolvere riguarda la liquidità, in particolare il riavvio del mercato interbancario'. Il 'congelamento della liquidità - spiega - costituisce oggi in Europa e in Italia il principale rischio di trasmissione delle turbolenze finanziarie all'economia reale'.

Le stime del Fmi seguono di poco meno di 24 ore l’allarme lanciato dal direttore generale dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) Juan Somavia, secondo il quale “il numero di disoccupati potrebbe passare da 190 milioni del 2007 a 210 milioni entro il 2009". E questo a causa della crisi finanziaria internazionale in corso.

Per quanto riguarda la sola Italia, la Cgil ha fatto qualche conto iniziale e stima che siano “a rischio 300mila posti di lavoro”. La cifra è stata fornita dal segretario confederale Agostino Megale in un’audizione alla commissione Finanze della Camera sul decreto legge 155/200 (“Misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio alle imprese e ai consumatori, nell’attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali”) e sul dl 157/2008 (“Ulteriori misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio”).

Il sindacato, pertanto, non si accontenta del decreto legge ‘salva banche’, e chiede - precisa Megale – “un sostegno ai redditi e all’occupazione che passi attraverso l’attivazione di un tavolo per affrontare i problemi della crisi, la tutela dell’occupazione e la politica dei redditi”. Sulle misure di sostegno all’occupazione il sindacato chiede “l’ampliamento del fondo per gli ammortizzatori sociali da estendere a tutti i lavoratori, compresi i settori dove non sono previsti”. Inoltre, “un intervento di sostegno all’occupazione fondato su incentivi alle imprese di natura fiscale per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato, con attenzione a donne e giovani”. Mentre per il sostegno al reddito, Megale chiede “un intervento di riduzione del prelievo fiscale su salari e pensioni nel prossimo biennio, agendo sulle detrazioni o restituendo il fiscal drag, a partire da 500 euro nel 2008 da erogare con la tredicesima mensilità; l’estensione della platea dei pensionati che ricevono una quattordicesima mensilità anche a coloro che ricevono una pensione di 1.300 euro mensili”.

“Nell’attuale crisi economica – infine - la misura per la detassazione dello straordinario non è più urgente, al contrario sarebbe invece ragionevole usare quelle risorse stanziate per chi, senza tutele e senza ammortizzatori sociali, rischia nella crisi di restare senza reddito”.

Allarme per l’occupazione femminile
“Non devono essere le donne a pagare il prezzo più alto per la crisi in corso. Bisogna evitare quell’ulteriore regressione sociale e devitalizzazione del sistema economico che si produrrebbe trascurando l’impatto sull’occupazione femminile che la crisi può generare. Nei momenti di difficoltà, quando una crisi ci colpisce tanto da farci sbandare, occorre mantenere ben saldi i principi di coesione e progresso civile del paese, con misure adeguate e attente”. A dirlo è la segretaria generale della Filtea Cgil Valeria Fedeli, lanciando un allarme sull’occupazione femminile in seguito alla crisi finanziaria: “La moda italiana ha dimostrato di essere un settore rilevante per il paese, per l’immagine del made in Italy, per le capacità di innovazione, per le competenze dei lavoratori e per l’occupazione femminile. Ecco perché richiede attenzione e interventi mirati. Ecco perché occorre tutelare il lavoro femminile”.

Spiega Fedeli: “Il settore tessile ha avviato, in questi ultimi anni, un coraggioso cambiamento di pelle: ha spostato il suo posizionamento competitivo su prodotti a più alto valore aggiunto, ha cambiato le strategie aziendali, si è internazionalizzato. Oggi la sua composizione è lungo una filiera che intreccia industria e servizi – dal marketing e comunicazione alla logistica, dal design al retail – e impiega quasi un milione di addetti. La moda è il primo acquirente del settore chimico e della gomma plastica; richiede ricerca e innovazione dei materiali; vive di internazionalizzazione verso mercati differenziati e lontani”. Lavora nel tessile il 14 per cento dell’occupazione manifatturiera in Italia (il 48 per cento del quale in imprese con meno di 19 addetti), con una quota che sale al 34 se valutata sull’occupazione femminile (è donna il 72 per cento dei lavoratori del settore). Rappresenta inoltre il 25 per cento della bilancia commerciale manifatturiera e il 7 del valore aggiunto. Il sistema moda italiano, ancora, ha il 21 per cento di occupazione moda sul totale dell’Europa a 27, con una quota di fatturato europeo pari al 38 per cento. “Pochi e significativi dati – riprende Fedeli – che mostrano, nella crisi, che il nostro grido di allarme è più che giustificato. Il rapporto con le banche si fa preoccupante, con istituti che non solo non hanno saputo accompagnare le scelte imprenditoriali positive, ma oggi chiudono i “sostegni” agli investimenti, rendendo drammatica la situazione di piccole e medie imprese, in particolare quelle contoterziste a monocommittenza”. Ma il versante più esposto cui dare certezza e velocità di risposta, spiega la segretaria dei tessili Cgil, “riguarda la tutela dell’occupazione in essere, quella femminile in particolare. Servono da subito ammortizzatori sociali in deroga per tutte quelle situazioni dove i lavoratori non hanno tutele.

Fiat, dopo Termini Imerese e Mirafiori cassa integrazione anche a Pomigliano
'Il ricorso alla cassa integrazione, data la crisi economica in atto, e' diventato massiccio, con ripercussioni gravi sul reddito dei lavoratori, moltissimi dei quali monoreddito. E' difficile per una famiglia di lavoratori Fiat vivere con un reddito di circa 800 euro mensili'. A dirlo è una lettera della Rsu della Fiat di Pomigliano d'Arco (Napoli), che oggi è stata consegnata ai presidenti del Consiglio dei Ministri, della Confindustria, dell'Unione industriali di Napoli, al Prefetto di Napoli e all'amministratore delegato della Fiat, nella quale i lavoratori chiedono la costituzione di un tavolo di confronto nazionale per 'dare risposte produttive e occupazionali' e un 'sostegno salariale diretto ai lavoratori'. Agli operai della Fiat di Pomigliano, infatti, e' stata comunicata la cassa integrazione di tre settimane per il solo mese di novembre, che si aggiungono alle quattro di settembre e ottobre.

Anche i lavoratori di Termini Imerese e Mirafiori incomincino ad usufruire massicciamente degli ammortizzatori sociali. A novembre lo stabilimento di Mirafiori si fermerà due settimane, anziché una sola come era stato annunciato a luglio: resteranno a casa dal 3 al 16 novembre 3.500 lavoratori di tutte le linee, ad eccezione di quella dell'Alfa Mito, mentre si contano altre due settimane di cassa integrazione per i lavoratori dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Gli operai hanno già effettuato due settimane di cig all'inizio di ottobre, e sono rientrati al lavoro solo tre giorni fa. Si lavorerà fino alla fine della prossima settimana, poi scatteranno le due settimane di "cassa". Insomma, la crisi non sta sconvolgendo solamente i mercati finanziari, ma comincia ad incidere direttamente sulle vite dei lavoratori, a cominciare da quelli della Fiat.