Oltre 800 milioni di aumento delle spese militari è la stima preliminare, effettuata dall’Osservatorio Mil€x a fronte delle tabelle presentate dal Governo con la nuova legge di bilancio. Il ministro della Difesa del governo Meloni, Guido Crosetto, ce lo aveva già detto che tali spese sarebbero state incrementate sino ad arrivare al 2% del pil, confermando la politica intrapresa dal precedente esecutivo, ma vedere le cifre della legge di Bilancio ha un suo impatto, soprattutto a fronte dei tagli invece disposti per settori cruciali quali scuola, sanità, carceri e pensioni.

Nel 2023 26 miliardi e mezzo 

I dati dell’Osservatorio Mil€x sulle spese militari italiane rivelano che si passerà dai 25,7 miliardi del 2022 ai 26,5 miliardi per il prossimo anno. In un comunicato viene spiegato che a fare da traino è il bilancio ordinario della Difesa a causa dei maggiori costi del personale di Esercito, Marina e Aeronautica e delle maggiori risorse dirette destinate all’acquisto di nuovi armamenti. Va sottolineato che, se una parte consiste in fondi previsti “a legislazione vigente” (stabiliti quindi da governi precedenti), la spesa di 700 milioni circa viene da decisioni direttamente ascrivibili alla manovra di bilancio del governo Meloni.

Rilevanti sono anche i costi per le missioni militari all’estero: “nel 2023 la dotazione sarà di oltre 1,5 miliardi di euro (in crescita di 150 milioni rispetto all’anno precedente) di cui il 90% (cioè quasi 1,4 miliardi) possono essere ascritti a funzioni militari dirette”. Alti i livelli, anche se senza particolari variazioni rispetto alle precedenti leggi di Bilancio, per gli investimenti in nuovi armamenti, confermando un budget annuale complessivo di 8 miliardi di euro destinato al riarmo nazionale.

Da precisare che i dati sopra esposti non comprendono le spese per la proroga fino al 31 dicembre 2023 del ‘decreto Nato’ per l’invio di armi all’Ucraina.

I timori del sindacato 

A preoccupare la Cgil sono le poste che riguardano la spesa per la dotazione di armamenti: “Si tratta di un piano di rafforzamento – sostiene Giuseppe Massafra, segretario nazionale del sindacato di Corso d’Italia – che non va quindi nel senso della riduzione delle politiche offensive e di difesa da noi auspicato e non ci fa stare tranquilli rispetto alla riduzione del carattere conflittuale di quella parte d’Europa al momento interessata dalla guerra in Ucraina”.

Discorso diverso, invece, per la posta dell’incremento di spesa per la dotazione e il miglioramento delle infrastrutture del settore e, soprattutto, del personale. Massafra spiega che si tratta “di una spesa utile se collegata all’effettivo miglioramento delle condizioni lavoro dei militari ed è quindi necessario capire se è una previsione legata agli aumenti contrattuali”. “Noi dovremo monitorare l’utilizzo del denaro in fase di contrattazione – conclude -, alla luce di una debolezza della contrattazione stessa nel settore e di uno scarso riconoscimento del valore sindacale”.

La legge di bilancio non è ancora stata approvata dalle Camere, quindi è ancora passibile di modifiche e sarà solamente dopo l’ok definitivo che l’Osservatorio Mil€x pubblicherà un report più approfondito sulle spese militari italiane 2023 con la stima del cosiddetto “bilancio integrato in chiave Nato” e quindi del suo percentuale sul prodotto interno lordo nazionale.