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C’è l’inchiesta, il lavoro della magistratura, le decine di indagati, quello che viene già chiamato “sistema” e che avrebbe inquinato lo sviluppo di Milano in questi ultimi anni. Poi c’è la lotta politica, l’utilizzo strumentale del lavoro della magistratura per colpire e colpevolizzare uno schieramento a beneficio di un altro, il coro dei garantisti, dei colpevolisti, del “tanto si sapeva già tutto”. E infine c’è la realtà di una città che per troppi anni è rimasta sullo sfondo delle gallery e dei reel social nei quali rimbalzavano le foto e i video del mega appartamento dei Ferragnez – quando ancora erano un’anima sola – che da uno dei piani alti del Bosco Verticale guardavano Milano ai loro piedi. Loft, studio, attici di calciatori, modelle e grandi professionisti che proiettavano un’ombra lunga sulle tende degli studenti, accampati fuori dalla Statale per protestare contro il caro affitti.
C’era, c’è, il cancro diffuso della gentrificazione che caccia gli ultimi e i penultimi, la fu classe media strozzata dall’inflazione galoppante che ha dato il colpo di grazia a stipendi fermi da trent’anni. Cittadini che fanno fatica a pagare affitti e mutui, a tenersi stretti il loro normalissimo appartamento ‘due camere e cucina’ in una città che diventa sempre più la San Francisco o la Londra d’Italia. Lo dicono tutti i dati, anche quelli con i quali in questi anni la Cgil ha lanciato allarmi inascoltati: le persone che mandano avanti la grande Milano, gli operai, i rider, i commessi, gli impiegati, i salariati, pompano sangue nelle arterie di una città che ogni sera li espelle, troppo cara per le loro tasche. E al di là delle inchieste oggi ci si chiede come sia possibile che uno sviluppo edilizio che, secondo le cifre ufficiali, negli ultimi anni ha superato le cubature degli edifici costruiti in Toscana ed Emilia-Romagna, sia stato solo al servizio delle grandi società, dei grandi marchi, dei grandi eventi, del lusso, dei ricchi, dimenticandosi di tutto il resto, del 99%.
“Milano – ci ha detto Luca Stanzione, segretario generale della Camera del Lavoro, quando lo abbiamo raggiunto al telefono mentre era su un treno diretto a Roma – ha un’enorme questione da affrontare che riguarda la sua identità, la sua anima produttiva, la sua etica del Lavoro”. Milan l’è un po’ meno gran, per piegare all’attualità quel modo di dire caro all’orgoglio dei milanesi. Si è persa per strada e, soprattutto, ha perso quella identità di cui ci parla il segretario. Un piano inclinato, quello sul quale scivola la città, “iniziato prima dell’inchiesta e che trascende l’inchiesta”.
“Milano – cerca di spiegarci, da giovane segretario della Cgil che ha vissuto soprattutto questa Milano – vive una crisi della sua capacità creativa e generativa. Negli ultimi due anni sono dimezzati i brevetti depositati, segnale di una Milano che cresce ma in maniera distorta”.
Una Milano da bere che ha finito per ubriacarsi. Dove sono cresciuti gli “investimenti speculativi” e dalla quale sono fuggiti quelli che Stanzione chiama, con un’immagine eloquente, i capitali pazienti. Insomma, con una sintesi paradossale, potremmo dire che qui non si costruisce più nulla a parte palazzi. Migliaia di metri quadri di lussuosi condomini che gonfiano a dismisura la bolla immobiliare di una città in cui quelli che un tempo costruivano con pazienza qualcosa, hanno lasciato il posto ai lupi dello skyline, dei “tanti, maledetti e subito”. E così la città, a forza di tendere verso il sole, di svilupparsi in altezza, ha finito per scottarsi.
L’analisi del milanese Stanzione è lucida, non fa sconti, ma va anche oltre e suggerisce un’alternativa, un futuro. Quello che vuole raccontare e che intravede è “una Milano che in pochi vedono: la Milano città della Conoscenza. Poli universitari, oltre duecentomila studenti, case editrici, centri di produzione televisiva, fondazioni, ricerca che rappresenta, tutto insieme, il 25% del Pil dell’economia della conoscenza nazionale”.
“Un ecosistema della Conoscenza – lo disegna Stanzione –: culturale, universitario, della produzione editoriale, televisivo, artistico, di livello internazionale, al centro di trasformazioni che ridisegnano il modello sociale e produttivo del Paese. L’economia della Conoscenza è uno dei motori produttivi di Milano. È necessario diventi un sistema economico supportato dai diversi decisori pubblici che insistono sull’area milanese. Perché vivere e lavorare a Milano torni a essere un’aspirazione realizzabile”.
Luca Stanzione, Cgil: “Una città che cresce a due velocità non è una città giusta”
Una città che cresce a due velocità non è una città giusta – ribadisce il segretario della Cgil –. Per questo riteniamo necessario e urgente aprire una nuova fase politica e sociale, costruendo una visione collettiva del futuro di Milano. La nostra città ha diverse sfide davanti a sé ma ha la necessità di affrontare delle priorità. Abitare a Milano deve tornare a essere una possibilità e non un ostacolo nel trattenere lavoratori e studenti. Su questo c’era un confronto con le forze sociali aperto che crediamo necessario riprenda il suo cammino. Serve un’iniziativa che lasci a Milano uno strumento di contrasto alla speculazione sulla casa privata. Abbiamo proposto nei mesi scorsi un fondo di garanzia pubblico a sostegno delle linee di credito per edificare a canone calmierato che potrebbe immettere in pochi anni migliaia di alloggi a Milano che potrebbero contrastare una speculazione asfissiante. Sì può fare. Ripartiamo da lì affinché il piano casa non si esaurisca con questa giunta.
Ma cosa succederà adesso?
Quel che succederà a Milano nel prossimo futuro sarà determinante per la qualità della vita di chi la abita e di chi la attraversa per lavorare e studiare. È in gioco la fiducia delle cittadine e dei cittadini nelle istituzioni, in tutte le istituzioni, presupposto di una democrazia sostanziale compiuta. Si può aprire un’occasione per una grande riflessione collettiva che dovrà riguardare i soggetti istituzionali, politici, sociali, le forze produttive. È necessario aprire una fase nuova dentro un mondo che cambia velocemente, se tutto il sistema milanese vorrà crederci.
Che tipo di crescita ha prodotto quello che è successo negli ultimi anni?
Milano è cresciuta ma è stata oggetto dell’interesse speculativo in diversi settori. Una speculazione che ha creato ricchezza e nuove disuguaglianze, fratture sociali, marginalità. In questo scenario Milano non ha redistribuito, trattenuto, orientato le risorse generate da questi processi. Noi ci auguriamo che la magistratura sia in grado di fare chiarezza su quanto è oggetto di indagine, i tempi saranno decisivi anche per la capacità amministrativa e il governo della città. Milano è una città che genera da sola il 25% del PIL industriale italiano, ma sta velocemente cambiando il suo sistema industriale, meno creativo, più debole nello scenario dei dazi e del suo posizionamento europeo.
Milano capitale morale. Oggi come si può declinare questa immagine della città?
Costruire reti di protezione sociale deve fare di Milano una pratica dell’esempio. La consistente spesa sociale che Milano mette in campo può essere contraddistinta da alleanze rinnovate con tutti quei soggetti che operano, progettano, pensano ed entrano quotidianamente a contatto con i nuovi bisogni della città metropolitana: nuova formazione, riqualificazione, sostegno alle famiglie, a partire da chi affronta la non autosufficienza, accompagnamento individuale, emancipazione. Si può fare. Una fase di ascolto e riprogettazione che valorizzi, dia riconoscibilità e dignità al lavoro negli appalti sul quale abbiamo aperto la strada con i diversi accordi su appalti e sicurezza.
Quello che sta succedendo e che si intravede dalle inchieste può dare una scossa al Paese?
Guardare a Milano come un’alleata del cambiamento di cui ha bisogno il Paese, pratiche che parlino oltre a Milano. I processi che investono Milano riguardano molte città. È necessaria una legislazione nazionale ed europea che tuteli il ruolo degli enti locali dagli interessi speculativi. Servirebbe una legislazione nuova sulle piattaforme digitali, una legislazione nuova sulla capacità impositiva dei comuni, una legislazione nuova sulla capacità di governo del territorio. Negli scorsi mesi si è aperto un confronto sul Nuovo Piano di Governo del Territorio, abbiamo l’urgenza di riprenderlo. Si può fare. Sì possono ripensare nuovi rapporti tra compensazioni e volumetrie edificate, un nuovo rapporto con i municipi e i soggetti che innervano il territorio per l’utilizzo degli oneri urbanistici.
Come si riparte e per giocare quale ruolo?
Il sistema delle forze sociali, politiche, produttive del terzo settore può farcela se torniamo a pensare a Milano non limitata ai confini amministrativi nè del Comune nè della sua area Metropolitana. Milano è diventata tante cose ma anche una grande megalopoli incastonata nel nord del Paese e nel sud dell’Europa. Una visione politica strategica può essere il migliore anticorpo perché Milano, ripensata come un sistema grande, accogliente, rispettosa delle dinamiche produttive, politiche e sociali che le stanno attorno torni a giocare un ruolo nazionale ed europeo.