“Nei primi anni di vita il dottore diceva che non avrei potuto fare sport agonistici. Evidentemente ha acceso l’agonismo che era in me”. Marco Cicchetti, 24 anni, è nato con una malformazione al piede. Oggi è un atleta Fispes (Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali), specializzato in salto in lungo e velocità (categoria T44), si allena a Roma, la sua città, sulla pista dello stadio “Paolo Rosi”. Prima c'è stata la ginnastica artistica, poi, grazie a sua sorella, la scoperta dell’atletica. “Ho iniziato da piccolissimo a fare sport - racconta -. Già dall’inizio, ma ancor di più da quando sono diventato atleta paralimpico, con il gruppo ho iniziato a percepire diversamente la mia disabilità, non vedendola più come un difetto. Mi sono reso conto che gli ostacoli sono sempre stati nella testa più che nel fisico”.

Il problema al piede non gli impedisce di allenarsi e concorrere con atleti normodotati e di distinguersi, in particolare nel salto in lungo. La decisione di privilegiare questa specialità arriva anche a causa di un infortunio al polso durante una sessione di ostacoli. Nel 2018 Marco sigla il suo primato: 7.01m, e un mese più tardi raggiunge il 9° posto ai Campionati Italiani Indoor Under 20, suo miglior piazzamento in una rassegna nazionale.

Bracciata dopo bracciata

Chiara Andidero, invece, si allena nella piscina di Bastia Umbra (Pg). Classe 2003, con un disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento, è una nuotatrice Fisdir (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali). Inizia a nuotare da piccola, semplicemente per imparare. “Mi è piaciuto sin da subito, quindi non ho più smesso di andare in piscina”. Il suo non è stato un cammino facile: fino ai 6 anni non riesce a parlare, quindi l’inizio di un percorso di logopedia a spese della famiglia, che prosegue ancora oggi. Il prezioso lavoro sulla parola e sul contatto oculare la porta a sviluppare una coinvolgente forza espressiva che si sprigiona nel raccontarsi.

L’esperienza iniziale presso la società Amatori Nuoto di Perugia, prima all’interno di un programma per disabili fisici e psichici poi presso la scuola di nuoto, è contrassegnata anche da una difficoltà motoria alla gamba destra. Nonostante ciò, la sua predisposizione all’acqua è evidente. Ma mentre l’atleta cresce, l’essere umano desidera di più delle ore passate in vasca da sola, a contatto soltanto coi suoi allenatori. “Grazie alla mia società di appartenenza, la Virtus Buonconvento di Fermo, ho iniziato gradualmente a essere più indipendente. Sì, ho la mia disabilità, ma sono riuscita a poco a poco ad integrarmi con molte persone: l’acqua mi ha aiutata molto”, afferma a bordo piscina.

Anni di svolta

Nel 2018 Marco passa in Fispes, ed è un momento decisivo per la sua carriera. “Mi è servito a capire di più me stesso”. Il 2021 è l’anno della consacrazione: prima la medaglia di bronzo agli Europei di Bydgoszcz nel salto in lungo. Marco salta 6 metri e 72 centimetri, poi i Giochi Paralimpici di Tokyo, dove si classifica 6°. Un’edizione strana per via della pandemia, ma che Marco ricorda come “un’esperienza fantastica, sia per il villaggio olimpico, che per gli allenamenti e il campo gara. Peccato per l’assenza del pubblico”. Per sua fortuna potrà rifarsi presto, visto che sarà anche a Parigi, già qualificato per i 100 m. L’obiettivo è ”fare del mio meglio e affermarmi. Cerco di arrivare lì senza farmi prendere dall’ansia, deciso e concentrato al massimo”.

Anche per Chiara il 2021 è un anno particolarmente significativo. La sua nuova società, la Virtus, può dedicarle maggiori attenzioni e offrirle l’opportunità di confrontarsi con altri nuotatori. Cambiamento, questo, tanto umano quanto sportivo: “Mi sono dovuta abituare, quando mi allenavo da sola ero sempre davanti, qui invece loro andavano più veloci. È stato uno stimolo in positivo. Mi sono detta: questa persona va più veloce di me, devo cercare di starle dietro”. Nel 2023 partecipa ai Global Games di Vichy, la competizione più importante per chi, come lei, appartiene alla categoria II3 (autistici ad alto funzionamento ndr) e non può prendere parte alle Paralimpiadi. La medaglia d’oro nei 200 farfalla, miglior risultato della sua carriera nonostante la tensione (“sono sempre molto ansiosa, prima di una gara cerco di non pensare”), è stata per lei la ciliegina sulla torta.

Collettiva Academy reportage 4
Collettiva Academy reportage 4

Lo sport è un grimaldello

Fondamentali, in queste storie, sono le federazioni. Secondo Orazio Scarpa, direttore tecnico Fispes, “ora le famiglie partecipano di più per insistenza degli stessi ragazzi”. Simone Corbetta, addetto stampa Fisdir, insiste invece sulla necessità di capillarizzare l’area tecnica perché “spesso le famiglie scoprono solo casualmente le possibilità che le federazioni offrono”. La Fispes, stando al suo Bilancio sociale del 2022, comprende 948 atleti (751 uomini e 197 donne). Al contrario di quanto accade con la variabile di genere, la diffusione geografica è più equilibrata: la quarta regione per numero di tesserati è la Sicilia, con 93 atleti (+21% rispetto al 2021), e delle 104 società affiliate 24 sono del Sud, 31 del Centro e 46 del Nord. La Fisdir, invece, conta oggi 11.040 tesserati, come riportato sul sito ufficiale. I numeri, insomma, sono in crescita, ma secondo le ultime rilevazioni Istat (2019) in Italia ci sono 3,1 milioni di persone con disabilità, mentre non esistono dati certi per quanto riguarda la disabilità intellettivo-relazionale. Il Ministero della Salute stima che 1 bambino su 77 tra i 7 e i 9 anni abbia un disturbo dello spettro autistico.

Le federazioni sono quindi realtà che hanno idee e protocolli ben definiti. Secondo Marco, in generale “lo sport è un po’ lo specchio della società, ma forse è un passo avanti. È come se fosse una scuola del rispetto, oltreché della tecnica”. Lo sport paralimpico svolge infatti un profondo lavoro socio-culturale sull’immagine della disabilità, contribuendo a modificarne una percezione appiattita su stereotipi ed etichette di cui Fabiana Battisti – ricercatrice in Comunicazione, ricerca sociale e marketing presso l’Università La Sapienza – spiega la provenienza: “L’etichetta si crea a partire da uno sguardo che non ha sperimentato la condizione di un presupposto ‘altro’”. E quando le etichette vengono ripetute dai media, alimentano un immaginario banalizzante. Infatti, quando si chiede a Marco se abbia mai vissuto episodi discriminatori, ci riporta una frase che gli è stata rivolta di recente: “Raccontando ad una persona appena conosciuta che sono atleta paralimpico, mi ha detto 'vuoi vincere facile!'”, con chiaro riferimento alla sua condizione, non immediatamente visibile.

Un futuro da disegnare

Quanto successo a Marco è esempio di una discriminazione forse più sottile, ma non per questo meno significativa. Mentre lo racconta, nella sua voce risuonano contemporaneamente delusione e sorpresa. Nel caso di Chiara, la stessa delusione è legata all’ambito scolastico, incapace di regalarle amicizie reali e durature. Il nuoto le ha fatto scoprire invece nuove possibilità nelle relazioni umane.

Il percorso nello sport paralimpico è orientato non solo a coltivare l’eccellenza sportiva, ma anche a rendere gli atleti indipendenti e consapevoli della propria identità. Nel parlare della sua esperienza a Vichy, Chiara cita soltanto di sfuggita il suo straordinario risultato: “Ho visitato la Francia, dove non ero mai stata, conosciuto tanti ragazzi di diversa nazionalità, e visto l’intera struttura. È stato molto bello”, dice. E mentre lo fa, le brillano gli occhi.

Anche quando messi davanti all’idea di un futuro lontano da piste e piscine, Marco e Chiara non si scompongono. Alla domanda “come vi immaginate da grandi?” la risposta è sorprendentemente la stessa: tra 15 anni, o magari 20, ci saranno due fumettisti in più. E probabilmente anche in quel campo l’atteggiamento e gli obiettivi saranno gli stessi. Fare del proprio meglio, e farlo divertendosi.