Tredici migranti sopravvissuti a un drammatico salvataggio nel bel mezzo del Mediterraneo sono bloccati sulla Ocean Viking, a Porto Empedocle. Alla nave di Sos Mediterranee è stato infatti assegnato il porto di Livorno, a 1150 km. L'appello della ong è essenziale: “Fateli sbarcare in un porto più vicino, perché hanno bisogno di un accesso immediato alle cure”

I fatti

Tra sabato notte e lunedì, nel Mediterraneo centrale è scattata un'operazione di soccorso per 113 migranti, durata 48 ore, e che ha visto impegnate tre navi, tra cui proprio la Ocean Viking. Quando sono partite le operazioni i migranti erano a bordo di una barca di legno stracarica segnalata da Alarm Phone nella sar libica. Secondo i sopravvissuti 3 persone sono cadute in mare e sono tuttora disperse, mentre i migranti tratti in salvo sono stati suddivisi in tre gruppi con altrettante diverse destinazioni.

La sera di sabato 24 maggio un mercantile ha soccorso 35 persone ma non ha potuto completare il salvataggio a causa del maltempo e del buio. "Nonostante le preoccupazioni del capitano per le implicazioni legali - spiega Sos Mediterranee - al mercantile è stato dato l'ordine illegale di sbarcare i sopravvissuti in Libia”.

Una delle navi (il rimorchiatore Eco One) ha soccorso altre 26 persone, ma non ha potuto recuperare le altre sempre a causa del peggioramento delle condizioni. Le autorità italiane hanno assegnato loro Lampedusa come “porto sicuro”. La Ocean Viking è arrivata poco dopo, e ha soccorso le 53 persone rimaste, tra cui 6 bambini, 19 donne e 28 minori non accompagnati.

Il caos nei soccorsi

“È stato un weekend assolutamente caotico – ci racconta Valeria Taurino di Sos Mediterranee -. Come al solito, c'è stata una totale mancanza di coordinamento e di responsabilità da parte delle istituzioni. Quell'imbarcazione era alla deriva ormai da tra 4 giorni, e poi, a quanto pare anche in coordinamento con le autorità italiane, alla prima barca arrivata sul posto è stato ordinato di riportare le persone che aveva soccorso in Libia. Nonostante sia illegale per il diritto marittimo internazionale”.

“Nel barcone c'erano donne e bambini, anche sotto l'anno di età. I minori non accompagnati erano moltissimi - continua Taurino- .Quando li abbiamo finalmente trovati e salvati erano in condizioni fisiche e psicologiche veramente difficili. Nonostante tutto questo ci è stato assegnato il porto di Livorno, che dista 2 giorni e mezzo di viaggio. Quando abbiamo chiesto che ci venisse attribuito un approdo più vicino, la richiesta è stata respinta”.

Valeria Taurino, Sos Mediterranee

Sbarcano solo i minori

A bordo della Ocean Viking, però, c'erano anche 5 persone in condizioni di salute difficilissime. “Ci siamo quindi avvicinati a Lampedusa. E abbiamo effettuato un'evacuazione medica tramite barca. Tra loro c'era anche un neonato di otto mesi”. Visto l'altro numero di minori non accompagnati, poi, Sos Mediterranee ha attivato una procedura presso il Tribunale dei minori. “Stamattina, verso le 11:30, siamo quindi riusciti ad ottenere il via libera a sbarcare i bambini a Porto Empedocle”.

Sulla Ocean Viking, e presto a poche centinaia di metri dalla banchina, a questo punto resteranno 13 migranti, tra i quali ci sono 4 donne. Sos Mediterranee sta cercando in tutti i modi, anche attraverso l'Unità sanitaria marittima, di avere il permesso di sbarcare anche loro. Ma finora senza esito. Il “porto sicuro” resta Livorno, 1150 km più a nord. “La richiesta è che ci venga riassegnato un porto più vicino - conclude Taurino -, queste persone sono comunque in una condizione di estrema vulnerabilità. Non solo perché sono naufraghi, ma anche per la situazione che hanno vissuto durante un soccorso molto complicato, durato più giorni. Non si può certo dire che stiano bene. Eppure non ci permettono di farli scendere. È una follia”.

Una norma per punire 

"Si conferma quanto le disposizioni, come quella che riguarda i porti di destinazione dell’attracco, non tengano conto delle difficili condizioni e del carico di sofferenza delle persone”. Lo dice Maria Grazia Gabrielli, segretaria confederale della Cgil –. Prevale infatti la rigidità di una norma voluta per ‘punire’ e ostacolare le operazioni di soccorso, e quindi le partenze e gli arrivi”.

Per Gabrielli, “nei fatti cambiano, rispetto al furore della politica dei porti chiusi, solo i mezzi -destinare le navi di soccorso a porti più lontani - non il fine”. “Ma le persone arrivano, come in questo caso, salvate in mare  - conclude – e allora dovrebbero prevalere l’umanità e il buon senso e non scelte illogiche che è necessario cambiare. Iniziando da ora”.