E’ finalmente finita la grande paura. Gli italiani non si sentono più così insicuri e in balia di una criminalità dilagante. Insomma, nel giro di qualche mese l’emergenza sicurezza, tanto sbandierata durante l’ultima campagna elettorale e nella “luna di miele” del governo Berlusconi, pare definitivamente rientrata nella percezione degli italiani. Non certo grazie alla manciata di militari inviati dall’esecutivo nelle strade italiane. E’ questo il quadro che emerge dal secondo “Rapporto sulla sicurezza in Italia”, realizzato da Demos e dall’Osservatorio di Pavia e curato da Ilvo Diamanti per la Fondazione Unipolis.


VIDEO INCHIESTA: 'La paura nasce sui media'

Ritorno alla normalità.
Sfogliando il rapporto, si nota come il 2008 segni un riassestamento di tutti gli indicatori riguardanti l’allarme criminalità e, sebbene nell’opinione pubblica persista una certa convinzione di una progressione dei fenomeni criminali, il dato si ridimensioni decisamente. Quanti percepiscono un aumento della criminalità nella propria zona di residenza sono dunque tornati ampiamente sotto la maggioranza assoluta (40%), mentre il timore più diffuso negli intervistati riguarda ancora il rischio di veder violata la propria abitazione (il 21%). A seguire troviamo poi il timore di subire una truffa legata ai sistemi di pagamento elettronico e del furto del mezzo di trasporto (19%), mentre la possibilità di subire scippi o borseggi inquieta solamente il 15% della popolazione. Lo scorso anno, di questi tempi, i dati sulla criminalità avvertita erano sensibilmente più consistenti. Tra l’altro si è oggi indebolito anche il legame “percepito” tra immigrazione e criminalità: l’immigrazione è un’insidia per l’ordine pubblico per circa una persona su tre (36%), mentre il 42% considera il fenomeno migratorio come sorgente di arricchimento e di apertura culturale.

La crisi economica.  Nonostante la crisi finanziaria in corso, invece, le ansie riferite alla dimensione economica rimangono pressoché stabili rispetto al 2007. Solo la paura della disoccupazione segna un significativo aumento (34%), mentre la paura di perdere i propri risparmi continua a coinvolgere solo un quarto dell’opinione pubblica italiana. A preoccupare maggiormente, in realtà, è il rischio di non avere la pensione (33%) e, soprattutto, la possibilità di non avere abbastanza denaro per sopravvivere (38%). Guardando alle “altre” minacce, invece, la preoccupazione di essere vittima di un infortunio sul lavoro coinvolge solamente il 10% della popolazione (oltre il 20% tra gli operai). E, soprattutto, si abbina alla percezione generale che la sicurezza nelle fabbriche e nei cantieri sia diminuita, nel corso degli ultimi anni (47%).

Il peso dell'informazione. I dati offerti, dunque, suggeriscono un cambiamento profondo rispetto ad un anno fa: leggendo il rapporto parrebbe addirittura di trovarsi di fronte ad un altro paese. L’indagine della Fondazione Unipolis, però, osserva il tema anche da una seconda prospettiva, mettendo a confronto la percezione della realtà con la sua rappresentazione televisiva. I dati raccolti da Demos mediante un sondaggio, infatti, sono stati affiancati da un’analisi realizzata dall’Osservatorio di Pavia sulla presenza del tema nei Tg delle reti televisive. Ebbene, dal confronto emerge chiaramente il peso decisivo dell’informazione nella percezione della (in)sicurezza degli italiani. Nell’ultimo periodo la Tv ha di fatto ridotto spazio ed enfasi sui crimini. Nei primi 10 mesi del 2008 la presenza della criminalità, pur mantenendosi mediamente elevata, sembra comunque tornare nella norma, mentre nel 2007 le notizie sugli omicidi avevano avuto un clamoroso picco. Sono state infatti 1442 notizie nel secondo semestre e 958 nel primo relative ad “altri omicidi”. Un dato notevole se sommato a quello, 134, degli “omicidi per rapine” nel secondo semestre 2007.

La Tv della paura. Come disse qualche tempo fa in un intervista a Rassegna.it Mario Morcellini, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione di Roma e uno dei massimi esperti di televisione, “quello che è successo in Italia in quel periodo ha dell’inquietante: abbiamo assistito ad un paese che non è certo alla guerra civile, descritto dai media in modo caricaturale. L’informazione italiana ha prodotto l’immagine di un stato in preda alle invasioni barbariche, pieno di immigrati, unici responsabili del male che ci affligge. Questa è stata una delle prove più lampanti dell’inadeguatezza culturale del sistema informativo italiano”.  Non è un caso, dunque, se secondo i dati Demos “l’insicurezza per l’incolumità fisica” investa soprattutto alcuni specifici segmenti della popolazione: donne (43%), con un livello d’istruzione medio-basso (37-38%), residenti in comuni medio grandi e in particolare nel Mezzogiorno (41%). Si tratta esattamente dell’identikit del telespettatore medio della televisione generalista italiana. E non è un caso se, secondo il rapporto, a modificare la percezione dell’insicurezza sono anche la densità di reticoli sociali e le ore di esposizione televisiva: chi vede la tv per più ore al giorno è più preoccupato per la sua sicurezza.

Clima politico e clima mediatico. Insomma, l’indagine della Fondazione Unipolis conferma, se ce ne fosse stato ancora il bisogno, come al contemporaneo crescere delle notizie sulla criminalità la percezione dell’opinione pubblica segua il dato mediatico e non quello reale. Quando poi le notizie sulla criminalità diminuiscono e i reati diminuiscono anche la percezione diminuisce, e di molto (53,1% primo semestre 2008 contro 39,8% secondo semestre 2008). Come dice nella premessa il curatore del rapporto Ilvo Diamanti, “il cambiamento del clima d’opinione dipende, in misura significativa, dal cambiamento del clima politico e mediatico. … La campagna elettorale lunga che ha caratterizzato l’Italia nei mesi precedenti il voto di aprile, ha certamente avuto forti riflessi sulla comunicazione mediatica. I temi relativi alla sicurezza e alla criminalità, in particolare, hanno ottenuto grande visibilità, perché prioritari nell’agenda degli attori politici in vista del voto. Così, l’insicurezza è divenuta un tema di prima serata, un titolo da posizionare in testa ai notiziari. … Nel futuro è probabile che si accentuino ulteriormente le preoccupazioni legate all’economia, al reddito, al lavoro. Fino ad oggi non hanno prodotto “traumi” nel sentimento sociale, ma l’orientamento potrebbe mutare se la recessione, avviata, proseguisse a lungo, colpendo l’occupazione. I cittadini appaiono, al proposito, già molto reattivi, come emerge da questo rapporto. I loro timori potrebbero drammatizzarsi. Con la conseguenza, fra le altre, di restituire all’insicurezza (e alla sicurezza) il significato tradizionale. Legato al lavoro, alla previdenza, alla tutela”.