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Se non hai litigato mai con Zuccherini non sei nessuno.
Per trent’anni nella politica regionale umbra è valsa questa regola non scritta.
Stefano era uno diretto, uno schietto, si direbbe nella sua lingua. Eppure, tutti noi sappiamo che quella scorza così dura nascondeva la gran voglia di stare insieme ai compagni.
Alla fine degli anni Settanta dal suo posto di lavoro, la Tatry di Ellera di Corciano, in provincia di Perugia, inizia il suo percorso sindacale e politico. In quegli anni fare distinzione tra le due cose significava non aver capito nulla del percorso e degli obiettivi.
Poi diventa segretario della Fiom di Bruno Trentin e Pio Galli, prima nella zona di Foligno e poi a Perugia. In quegli anni la Fiom, la Cgil, sono protagoniste delle tante conquiste sindacali dei diritti e contemporaneamente sono l’argine indispensabile per difendere la democrazia in Italia.
Dalla Fiom, da quelle battaglie, inizia il suo percorso sindacale che lo porterà in segreteria regionale della Cgil e a fare il segretario aggiunto della Camera del lavoro di Perugia.
Negli anni Novanta, dopo le lotte per la difesa della scala mobile e dopo Tangentopoli e la caduta del Muro, si aprono scontri politici molto importanti nel Paese, e Stefano non si tira certo indietro. Mette, come sempre, tutta la sua determinazione e la sua convinzione nel rivendicare un’azione sindacale e politica più radicale di quella che la maggioranza della Cgil aveva intrapreso.
Dopo l’accordo del 31 luglio '92 e quelli del '93 sulla politica dei redditi, è tra i principali esponenti della cosiddetta minoranza Cgil, guidata da Fausto Bertinotti, con il quale stringerà un rapporto profondo di amicizia.
Tenendo fede al principio che non si fa sindacato senza politica, Stefano è tra i promotori e tra i protagonisti della nascita di Rifondazione Comunista.
Credo che quella fase, quella della scissione, della differenza netta tra un pensiero riformista e l’altro radicale, sia stato il periodo che lo ha entusiasmato di più.
Per il suo carattere, per la sua idea di politica, lo scontro frontale diretto senza mezzi termini – per quanto sempre sincero e leale - era il terreno ideale.
Sarebbe sbagliato però ridurre Stefano Zuccherini a uno che voleva solo lo scontro.
Non avrebbe fatto quello che ha fatto se si fosse limitato a questo.
Non sarebbe stato segretario regionale di rifondazione comunista, consigliere regionale e poi senatore della Repubblica.
Gli piaceva fare le mediazioni, decideva lui quando erano giuste, non si fidava molto di quelle degli altri e te lo diceva. Che poi questo difetto ce l’abbiamo un pò tutti noi sindacalisti, solo che Stefano te lo diceva diretto senza mezzi termini.
Ho avuto la fortuna di lavorare insieme a suo fratello, di esser amico di Gianluca, questo ha sempre condizionato il suo giudizio politico nei miei confronti.
Apparentemente erano persone diverse, ma conoscendoli capivi che la matrice era la stessa: Stefano e Gianluca Zuccherini sono stati due “freghi” di Perugia che digerivano le ingiustizie le prepotenze, i paraculi e i ruffiani. E questa loro natura veniva fuori tutte le volte che riconoscevano un torto perpetrato, sia che fosse a piazza Grimana o a Palazzo Madama.
Per questo Stefano non potevi che rispettarlo e stimarlo. Lo hanno stimato e rispettato i tanti compagni del sindacato e del partito, gli avversari politici e anche i padroni onesti, come li avrebbe definiti lui.
Oggi piangiamo un compagno leale, un comunista convinto, uno che sapeva con chi stare e uno su cui sapevi di poterci contare, ogni volta che la situazione lo richiedeva.
C'è un proverbio cinese che dice: “Chi prende l’acqua da un pozzo, non dovrebbe dimenticare chi l’ha scavato”. Ecco, il nostro impegno, l'impegno della Cgil, è di non dimenticare.
Vincenzo Sgalla, segretario generale della Cgil Umbria