Il 4 maggio 2023 l’Organizzazione mondiale della sanità ha decretato la fine dell’emergenza pandemica (pur continuando il coronavirus a circolare nel mondo in forma endemica). Una pandemia che ha prodotto effetti catastrofici globali sia sul piano sanitario (oltre 20 milioni di morti) sia su quello economico e sociale.

Una pandemia che poteva essere evitata nelle conseguenze più catastrofiche se andiamo ad analizzare la differente distribuzione della mortalità nelle varie aree del mondo. In Europa e in America i livelli di mortalità da Covid-19 (per milione di abitanti) sono stati dieci volte superiori a quelli di gran parte dei Paesi asiatici e dell’Oceania (vedi www.saluteinternazionale.info/2023/05/covid-19-e-sistemi-sanitari/).

L’eclatante paradosso di questa pandemia è che i livelli più catastrofici di mortalità si sono verificati nelle aree più ricche e sviluppate del pianeta, in sistemi sanitari dotati di enormi risorse e raffinate tecnologie, primo fra tutti gli Stati Uniti d’America. Sistemi che si sono trovati impreparati (come avrebbero potuto e dovuto) ad affrontare una pandemia respiratoria, dato che in precedenza avevano smantellato le strutture di sanità pubblica e di cure primarie necessarie a rappresentare la prima, indispensabile barriera alla diffusione del virus. Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) italiano è tra questi.

Dopo quasi dieci anni di austerity, restrizioni e definanziamento, dettati dalle politiche neoliberali, il Servizio sanitario nazionale è arrivato stremato all’appuntamento con la pandemia. Poteva essere questo shock l’occasione per tornare a potenziare l’assetto sanitario nazionale, sia sotto il profilo delle risorse umane sia rispetto alle strutture edilizie e tecnologiche (e una mano in questo senso ci è stata tesa dall’Europa).

Il Covid-19 poteva offrire l’opportunità – invocata da anni – per innovare profondamente un settore strategico del nostro Ssn, quale quello della medicina di famiglia e delle cure primarie. Ma è mancata la volontà politica di fare tutto ciò: non solo non sono stati rimossi i vincoli che dal 2011 impediscono il turnover e il potenziamento del personale, ma si è scelto di proseguire nel processo di definanziamento del Ssn.

Con il Governo Meloni, che ha ereditato – senza mettervi mano – questa situazione, si addensano ulteriori minacce sul futuro del Servizio sanitario nazionale, derivanti dalle proposte in discussione sull’autonomia differenziata delle Regioni e sulla riforma fiscale che prevede di estendere la flat tax contro il principio della progressività fiscale. È evidente che ci troviamo di fronte a un piano inclinato destinato a produrre l’ulteriore e completa dissoluzione del Ssn, così com’era stato ideato al momento della sua istituzione, come servizio di welfare universalistico, pubblico, gratuito.

In conclusione, a proposito di Covid-19 e pandemie, è evidente che il nostro Servizio sanitario nazionale si trova in una condizione di maggiore vulnerabilità rispetto agli inizi del 2020, quando cominciò a dilagare nel mondo il coronavirus: basta guardare l’aggravata situazione dei pronto soccorso e della medicina di famiglia. La lezione non è proprio servita.

Gavino Maciocco è promotore e coordinatore del sito web Saluteinternazionale.info