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La prima legge italiana sull’intelligenza artificiale, la 132/2025 entrata in vigore il 10 ottobre, individua la cornice e i princìpi di riferimento, soprattutto rispetto ad alcuni ambiti produttivi specifici. Tra questi, ci sono le professioni intellettuali, che stanno già nel concreto sperimentando l’ingresso massivo dell’IA. Si pensi al settore editoriale e della traduzione. Il coordinamento Strade Slc Cgil, che rappresenta i traduttori, ha manifestato alcune perplessità sulla legge.
Lia Bruna, coordinamento Strade Slc, quali sono secondo voi le principali criticità?
Il problema principale è che si tratta di una legge delega, dunque lascia molto spazio all'iniziativa del governo. Per esempio affida i compiti di indirizzo e vigilanza ad un’autorità alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio, con un limitato coinvolgimento del Parlamento e delle parti sociali. In più sull’attuazione delle raccomandazioni europee stabilisce tempi molto lunghi, quindi siamo già in ritardo.
Come valutate la legge dal punto di vista degli interventi sul diritto d’autore?
L’aspetto positivo riguarda la definizione di opera dell'ingegno tutelata come il risultato del “lavoro intellettuale” dell’autore umano, seppur con l’ausilio dell’IA di cui, tuttavia, non definisce i limiti. L’elemento piuttosto controverso riguarda una questione già problematica al tempo della direttiva sul copyright del 2019: il Text and data mining, ovvero l’addestramento dell’intelligenza artificiale per finalità di ricerca. Nè la direttiva europea, infatti, nè la nuova legge italiana chiariscono la posizione rispetto alla tutela del diritto d’autore. Noi, al contrario, chiediamo di uscire dall’ambiguità della norma: se le nostre opere sono usate per addestrare l'intelligenza artificiale deve essere obbligatorio il nostro esplicito consenso, a prescindere dalle finalità.
Il problema è che diventa sempre più complesso discernere gli usi con finalità commerciali da quelli con finalità di ricerca.
Per funzionare l'intelligenza artificiale ha bisogno di testi e di dati. Li reperisce online e fino ad ora ha pescato dove poteva, sia materiale libero che materiale protetto. D’ora in poi, però, per noi diventa importante essere remunerati e riconosciuti come categoria, anche a titolo compensativo, per l’uso che è stato fatto delle nostre opere fino a oggi. E contestualmente instaurare un sistema di remunerazioni e autorizzazioni per il futuro.
Si dovrebbe fare di più, sia al livello europeo che italiano?
La legge interviene provando a fare ordine sul dato della proprietà intellettuale, ma si ferma al livello dei princìpi etici generali e di ciò che succede a monte del processo produttivo: l’estrazione di valore attraverso l’addestramento delle macchine. Ciò che manca è, però, un’adeguata regolamentazione di ciò che avviene a valle, in altre parole: la tutela del lavoro. L’IA sta rivoluzionando i processi produttivi nell’industria culturale: le prestazioni autoriali tradizionali vedono un calo della domanda, a fronte di una crescita della richiesta di nuove mansioni di revisione e rielaborazione del materiale generato dalle macchine. Il nostro timore è che le parti sociali non verranno coinvolte adeguatamente, mentre è proprio attraverso lo strumento della contrattazione collettiva che si può e si deve agire per definire e tutelare nuove professionalità e mansioni.
Le imprese editoriali stanno già ricorrendo all’IA per risparmiare sul costo del lavoro?
Attualmente il loro obiettivo principale è automatizzare i processi per essere più produttivi e competitivi. Ciò però può rivelarsi problematico, perché il settore è già in crisi di sovrapproduzione. I traduttori dovrebbero essere coinvolti come parte attiva dell’implementazione delle tecnologie. Gli editori pensano di schiacciare un bottone e avere la traduzione pronta da sottoporre solo a revisione. Invece il fattore umano è ancora molto forte e sarebbe fondamentale coinvolgere i traduttori anche nello sviluppo dei software, se si vuole mantenere un livello elevato di qualità e affidabilità del risultato.
L’IA può avere degli elementi positivi se usata nel vostro lavoro?
Relativamente. Quando traduciamo un saggio, di solito dobbiamo andare a cercarci tutte le citazioni che sono già state tradotte nei vari libri dalla lingua in cui traduciamo. Questo è, per esempio, un processo che potrebbe essere automatizzato per velocizzare il nostro lavoro. Ma ad oggi l’IA non è per noi uno strumento utilizzabile su testi molto lunghi e articolati. Segnalo che tra gli iscritti di Strade Slc è in corso un esperimento molto interessante: un pool di professionisti si sta cimentando nella traduzione di una pagina prima in maniera tradizionale e poi con l’IA, per verificare tempi e attendibilità del risultato.






















