"Luoghi di vera a propria detenzione in cui le persone sono detenute senza aver commesso alcun reato e con l'unico scopo, per lo più irrealizzabile, di fatto e di diritto, e irrealizzato, di essere rimpatriate, mentre non vedono garantiti i diritti previsti per i detenuti nelle carceri italiane”. Così vengono definiti i Centri di permanenza per il rimpatrio nel report del Tavolo asilo e immigrazione dopo le visite del 15 aprile 2024, organizzate in collaborazione con numerosi parlamentari e consiglieri/e regionali dei principali gruppi di opposizione, e la raccolta di informazioni negli 8 Cpr attivi in Italia. Un’iniziativa alla quale ha partecipato anche la Cgil. 

Ne emerge l’immagine di luoghi in cui “i diritti fondamentali delle persone vengono calpestati quotidianamente”: i migranti “sono abbandonati a sé stessi, poco o per niente informati sui loro diritti e sul loro futuro. Si è riscontrato un abuso intollerabile di psicofarmaci, un accesso alla difesa negato o garantito solo formalmente e rapporti con l'esterno nulli o scarsi e gestiti in modo disomogeneo e arbitrario”. 

Nel rapporto si sottolinea che “nessuna direttiva o altro atto normativo europeo prevede l’istituzione di queste strutture disumane, che da più di 25 anni mostrano di essere inutili e inefficaci anche per gli scopi per i quali sono state introdotte nel Testo Unico sull’Immigrazione del 1998”.

Le organizzazioni del Tavolo esprimono quindi “grande preoccupazione per le pratiche detentive, discriminanti e criminalizzanti, che si stanno estendendo sempre più, come previsto dal D.L. 124/2023 (convertito con L. 162/2023) e dal nuovo Patto Europeo Migrazione e Asilo, a tutti gli stranieri che arrivano alle frontiere italiane. Questo creerà ulteriori divisioni nella società, alimentando campagne contro l'immigrazione a fini elettorali, senza affrontare il complesso fenomeno della mobilità delle persone”.

Nel podcast la testimonianza di Sabrina del Pozzo, della Cgil Molise, che è riuscita a entrare nel Cpr di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, nonostante le disposizioni del ministro dell’Interno Piantedosi che escludevano sindacato e associazioni.