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Si alza lo scontro sul tema dell’interruzione volontaria di gravidanza. La Cgil nazionale e la Cgil Sicilia definiscono “incredibile e gravissima” la decisione del Consiglio dei ministri di impugnare la legge regionale siciliana che prevedeva l’assunzione di medici ginecologi non obiettori per garantire l’effettiva applicazione della legge 194. Secondo le organizzazioni sindacali, si tratta dell’ennesima dimostrazione di come l’esecutivo Meloni calpesti il diritto delle donne ad accedere a un aborto sicuro e libero.
In una nota congiunta, la Cgil accusa il governo di ignorare le ripetute condanne inflitte all’Italia dal Comitato europeo dei diritti sociali, che ha rilevato come le donne incontrino “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi di Ivg, soprattutto a causa dell’elevato numero di obiettori di coscienza negli ospedali pubblici. Invece di affrontare il problema, osserva il sindacato, l’esecutivo ha deciso di impugnare una legge regionale nata proprio per garantire l’accesso concreto a questo diritto.
La Sicilia, ricordano ancora, è tra le regioni italiane dove l’attuazione della legge 194 è più compromessa. Secondo i dati riportati nella relazione ministeriale firmata dal ministro Schillaci, in almeno tre strutture ospedaliere dell’isola non c’è alcun medico non obiettore, mentre circa l’85% dei ginecologi siciliani si dichiara obiettore. A Messina, su 36 medici, 35 si rifiutano di praticare Ivg.
Nel mirino dei sindacati anche le motivazioni giuridiche addotte dal Consiglio dei ministri per impugnare la legge: per la Cgil, non reggono. Richiamando ancora il Comitato europeo dei diritti sociali, affermano che garantire l’uguaglianza del personale medico significa anche permettere ai non obiettori di esercitare pienamente la propria professione, compresa la possibilità di praticare l’aborto. Lo stesso Comitato ha riconosciuto che i lavoratori non obiettori subiscono discriminazioni e svantaggi professionali, sia diretti che indiretti.
Secondo la Cgil, invece di rispondere ai rilievi europei e dare piena attuazione alla legge 194 – che pure tutela l’obiezione di coscienza, ma impone alle strutture pubbliche di assicurare l’accesso alle IVG – il governo avrebbe preferito “barattare la salute e i diritti delle donne con il sostegno elettorale di movimenti ultra ideologizzati”, che infatti hanno subito applaudito al provvedimento.