Un settore strategico da sempre, che rappresenta in Europa 2,6 milioni di posti di lavoro nel manifatturiero, che salgono a 13 milioni considerando anche il vasto indotto. È l'industria dell'automotive, il cui futuro appare a rischio per via della transizione in atto. In prospettiva, infatti, c'è la scadenza del 2035, considerata data spartiacque per la cessazione della produzione di motori endotermici a combustione, vale a dire a benzina, diesel e gpl, a vantaggio di quelli elettrici. Di questo, si è discusso nella conferenza stampa propedeutica alla due giorni (16 e 17 novembre) di riunione straordinaria allargata del Comitato automotive di Industriall Europe, organizzata da Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil a Roma, presso il Centro congressi Frentani.

Una trasformazione senza precedenti

"L'industria automobilistica sta attraversando una trasformazione senza precedenti – ha esordito Luc Triangle, segretario generale di IndustriAll Europe (la federazione sindacale europea che conta oltre sette milioni di iscritti in rappresentanza di 200 organizzazioni, dislocate in 28 Paesi) –. Già sappiamo che non sarà un processo indolore. La perdita di posti di lavoro su larga scala, l'aumento della pressione sui lavoratori rimasti e i danni sociali che ne deriveranno saranno inevitabili, se l'elettrificazione e l'automazione del settore continueranno ad essere lasciate alle sole forze del mercato. Abbiamo bisogno di una strategia industriale europea per mantenere e creare posti di lavoro, avviando nel contempo processi di decarbonizzazione".

Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil

Per fare tutto questo, c'è bisogno innanzitutto di investimenti, ha ricordato ancora il dirigente sindacale europeo: "Le risorse servono per trasformare gli impianti esistenti e sviluppare le catene di fornitura necessarie per produrre i veicoli di cui c'è bisogno in Europa e nel mondo per affrontare l'emergenza climatica. Per garantire una transizione equa e mantenere il più possibile i lavoratori nei processi produttivi dobbiamo avere strategie negoziate in grado di anticipare al meglio i cambiamenti in corso. Attualmente, la politica dell'Ue è troppo debole su questi aspetti cruciali per garantire che il Green deal sia socialmente giusto. Senza giustizia sociale, c'è il rischio che fallisca per noi e per il pianeta".    

Unire i lavoratori europei

Insomma, quella che si prepara è una vera e propria rivoluzione dell'industria automobilistica. Ne sono consapevoli i sindacati italiani dei metalmeccanici, intervenuti alla conferenza. "Con questa due giorni - ha affermato Michele De Palma, segretario generale Fiom -, avviamo un percorso di confronto e condivisione di proposte in tema di transizione ecologica dell'automotive, con l'obiettivo di unire i lavoratori europei in un'iniziativa comune per il salario, l'occupazione e la giusta transizione. Le grandi trasformazioni che stanno avvenendo nel settore necessitano di scelte strategiche, a livello nazionale ed europeo. L'Italia è il Paese che paga più di altri la transizione, perché in questi anni non ci sono state politiche industriali. In particolare, siamo l'unico paese europeo a non avere ancora un piano specifico sull'automotive".

È ora di cambiare, ha esortato il leader dei metalmeccanici Cgil. "Servono investimenti in ricerca e sviluppo, nuove tecnologie, software e infrastrutture, per una transizione giusta, socialmente e ambientalmente sostenibile. Il cambiamento tecnologico deve essere l'opportunità per rilanciare l'industria dell'auto nel nostro Paese, farla tornare protagonista in Europa e rendere le produzioni sostenibili con nuovi modelli e attraverso nuovi produtttori".

Governare i cambiamenti

Roberto Benaglia, segretario generale Fim, ha posto l'accento sull'importanza della due giorni di seminario europeo sulla transizione energetica ed ecologica dell'automotive e sulle conseguenze sul lavoro. "L'Italia è uno dei paesi più impattati da tale transizione, che non rifiutiamo, ma che vogliamo governare con strumenti molto più forti. Le dichiarazioni del commissario Ue Thierry Breton sulla necessità di un fondo specifico europeo di sostegno industriale e occupazionale al settore devono però tradursi in fatti concreti, ma quello che conta sono le politiche nazionali di accompagnamento su cui il nostro Paese è in ritardo. Quella di oggi è un'occasione di confronto molto elevato, che ci permetterà di socializzare le migliori pratiche e di condividere le strategie sull'automotive sul piano europeo, essendo tutta l'Unione produttiva e lavorativa coinvolta nella stessa direzione". 

Il tema della transizione ecologica e digitale è stato al centro dell'intervento di Rocco Palombella, segretario generale Uilm: "Stiamo attraversando un momento assai complesso, accentuato dalle conseguenze della guerra. In Italia, con la transizione ecologica, sono a rischio 120.000 posti di lavoro (sul totale di 380.000), e il settore è da sempre centrale per la nostra economia, con 93 miliardi di fatturato e il 5,3% del Pil. Tuttavia, se negli ultimi anni abbiamo affrontato questo tema ognuno all'interno del proprio Paese, è giunto il momento per una strategia di azione comune. Servono accordi sovranazionali vincolanti che fissino precisi obiettivi e target intermedi, risorse per raggiungerli, incentivi e sanzioni per chi non li rispetta. Tutto ciò deve servire ad arginare concorrenze sleali fra Stati che hanno scadenze più lontane nel tempo della produzione e commercializzazione di auto endotermiche". 

Quella che è fondamentale, hanno ripetuto tutti i sindacalisti intervenuti, è una strategia d'intervento comune in chiave europea, che si traduca in un piano straordinario sull'automotive, messo a punto dall'Ue e poi anche dai singoli Paesi, evitando che dai cambiamenti in atto vengano penalizzati i lavoratori attraverso processi di dumping, o, peggio ancora, con esuberi e licenziamenti. Solo nel 2020-21, nell'industria dell'auto sono andati persi 200.000 posti di lavoro e ben 2,4 milioni di lavoratori richiederanno una riqualificazione professionale nel prossimo decennio, nell'ambito della transizione in atto.  

Non possono pagare i lavoratori

"Dobbiamo scongiurare in ogni modo l'eventualità che i lavoratori paghino le conseguenze della transizione - ha posto l'accento De Palma -. Per questo, chiediamo all'Unione e al Governo italiano risorse specifiche per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, insieme a garanzie sull'occupazione e sul diritto alla mobilità per le persone, impegnando le imprese a investire su innovazione e creazione di nuovi posti di lavoro. Le istituzioni nazionali ed europee devono dare certezze e far cessare dichiarazioni che generano instabilità in un contesto già reso complesso dalla guerra, dalle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, dal costo dell'energia e dalla contrazione del mercato. Il nostro governo incontri sindacati e imprese e costituisca una task force interministeriale per sostenere e rilanciare l'industria della mobilità e dell'automotive".              

"Come sindacato dei metalmeccanici - ha aggiunto Benaglia -, unitariamente, rilanceremo anche al nuovo Governo l'idea di dare al tavolo sull'automotive più profondità, più strumenti, più politiche, in modo da permettere sia una forte riconversione del settore, ma soprattutto usando lo slogan europeo: 'Nessuna transizione si fa senza di noi', consentire la migliore tutela occupazionale degli oltre 70.000 lavoratori diretti coinvolti, che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro". 

"Il futuro dell'industria dell'auto dovrà essere per forza verde e digitale - ha concluso Triangle -, creando le condizioni per nuove strategie industriali in tale direzione. Questo si deve tradurre non in uno status quo, ma in una politica di trasformazione degli impianti esistenti, avendo come obiettivo la produzione di veicoli elettrici. Sul piano occupazionale, c'è bisogno di una strategia ad hoc per anticipare i cambiamenti strutturali, con ammortizzatori sociali adeguati per tutti quei lavoratori che perderanno il posto di lavoro a causa della transizione. Solo così facendo, potremo governare la rivoluzione in atto".