Lavoro, pace, giustizia sociale, ambiente. Non sono parole d’ordine ma i pilastri di una piattaforma politica stilata dal basso, da centinaia di organizzazioni piccole e grandi della società civile che da mesi lavorano ad “un’Agenda per il Paese” che risponda ai bisogni reali. Il fondamento è la Carta “la Costituzione è la Via Maestra: la Costituzione si applica, non si cambia”, al suo interno ci sono le risposte che servono.

A cominciare dall’Articolo 1 che afferma: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Proprio il lavoro è stato individuato come una delle chiavi fondamentali per affrontare il dramma delle diseguaglianze che aumentano, da quanti si sono trovati a Roma nel salone Walter Tobagi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana per presentare piattaforma e ragioni della mobilitazione che porterà in piazza, sempre nella capitale, il prossimo 5 novembre.

A illustrare la piattaforma ci ha pensato Giuseppe De Marzo della Rete dei numeri pari che ha ricordato: “13 anni di politiche neoliberiste e di austerità, sommate a due anni di pandemia e alla guerra hanno fatto esplodere diseguaglianze e aumentare la povertà. Servono politiche coerenti”. E allora: reddito di cittadinanza, servizi sociali, riforma del welfare e diritto all’abitare così come prevedono i pilastri sociali europei. E poi, salario minimo, riconversione equa e ad alta intensità di lavoro, stop all’autonomia differenziata, istituzione delle consulte dei beni confiscati, immigrazione accoglienza e solidarietà. Questo il programma illustrato insieme al metodo della co-programmazione e co-progettazione per realizzarlo.

Il lavoro, dicevamo, quello dignitoso come previsto dalla Costituzione, come vero argine alle diseguaglianze e strumento per ridurle. “La mancanza di lavoro – ha sottolineato Michele Azzola, segretario generale della Cgil Roma e Lazio – è la principale causa di diseguaglianza, aggravata dalla precarietà. La precarietà è causa della denatalità, è concausa delle morti sul lavoro. La precarietà priva i giovani dei diritti di cittadinanza e del futuro”. Due sono le proposte concrete lanciate dal dirigente sindacale, innanzitutto che uno degli obiettivi delle politiche industriali debba essere la ricomposizione delle filiere. Un esempio? Occorre certamente incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabile, e allora bisogna produrre pannelli fotovoltaici in Italia. In secondo luogo, è da mettere sul tappeto l’idea dello stato come creatore diretto di lavoro soprattutto in due settori, la riqualificazione ambientale e i servizi alle persone più fragili.

Nello spiegare le ragioni per le quali la Fiom è tra i promotori di questa mobilitazione, il segretario generale della categoria dei metalmeccanici della Cgil, Michele De Palma ha affermato: “La situazione di crisi economica, l'aumento dell'inflazione e la guerra in corso rischiano di provocare danni irreparabili nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori. Nella lotta contro le disuguaglianze e le povertà è necessario coalizzare le forze sociali. Nessuno si salva da solo, abbiamo bisogno di costruire alleanze. Serve un intervento straordinario subito, come è avvenuto durante la pandemia, altrimenti si andrà verso il fermo delle piccole e medie imprese e di interi settori come la siderurgia e l'automotive, oltre alle crisi industriali come ad esempio Whirlpool, GKN e Wartsila”.  La conseguenza di questo ragionamento è che “occorre aprire un confronto nel nostro Paese tra imprese, governo e sindacati sugli asset strategici dell’industria, e negoziare in Europa una politica energetica e industriale comune con l’obiettivo di salvaguardare il clima e l’occupazione. La Rete Pace e Disarmo ha lanciato le manifestazioni di pace programmate per il 21, 22, 23 ottobre nelle città italiane, ma è indispensabile costruire una mobilitazione ampia di carattere europeo”.

“Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare allo sviluppo, ma la conseguenza di scelte sbagliate”. È da questa affermazione che è partito il ragionamento di Andrea Mormiroli, co-coordinatore del Forum Diseguaglianze e diversità, che ha voluto spiegare il significato della definizione “buonsenso” attribuita alla piattaforma alla base della mobilitazione del 5 novembre: “è consapevolmente radicale perché fondata su speri forti” che si fondano sull’esperienza della quotidianità. E tra le diverse proposte ha scelto di porre l’attenzione alla necessità dell’introduzione del salario minimo, quello legato ai minimi contrattuali e alla contrattazione, “perché viviamo in un paese dove per un ragazzino napoletano è una tragedia perdere un lavoro in nero che gli frutta 350 euro al mese”.

Ed è nella Costituzione che sono scritte le politiche che dovrebbero costituire la base per governi e forze politiche. Lo ha ricordato il presidente dell’associazione Salviamo la Costituzione, Gaetano Azzariti, dal lavoro dignitoso che ricorre in moltissimi articoli della Carta, alla pace, dall’accoglienza dei migranti per i principi di “universalità dei diritti, solidarietà e dignità della persona”, alla sanità e all’istruzione per tutti e tutte. “Le costituzioni – ha concluso – sono scritte in tempi di sobrietà e saggezza. Oggi il Paese è allo sbando, abbiamo necessità di quella sobrietà e di quella saggezza. Il nuovo governo giurerà fedeltà alla Costituzione, sarebbe il caso che l’applicasse, altrimenti lo farà la società civile che – come esortava Pietro Calamandrei nel messaggio ai giovani – sarà il carburante per far vivere la Carta”.