In queste settimane è iniziata la discussione in Commissione Affari costituzionali della Camera sulla proposta di legge che riguarda l'acquisizione della cittadinanza denominata ius scholae. Le associazioni componenti il Tavolo cittadinanza, pur apprezzando lo sforzo della Commissione per l’adozione del testo base riguardo allo ius scholae, evidenziano con forza la necessità di approvare una nuova legge organica sulla cittadinanza, che disciplini in maniera significativamente più inclusiva non soltanto la condizione dei minori, ma anche la condizione degli adulti. Le misure del testo unificato delle proposte di modifica della legge 5 febbraio 1992, n.91, adottato dalla Commissione Affari costituzionali, con i due soli articoli previsti non sono esaustive ai fini della riforma strutturale della normativa che attendiamo da tempo e il cui percorso, con le numerose proposte presentate negli anni, è stato più volte interrotto e ostacolato.

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Il 5 febbraio la disciplina sulla cittadinanza italiana ha compiuto trent'anni. Ma si tratta di una legge nata già vecchia, che manifesta forti profili di inadeguatezza e appare totalmente scollata dalla realtà e dalle profonde trasformazioni culturali, sociali e demografiche che sono intervenute nel nostro Paese. Tuttavia l'abrogazione di questa legge, ingiusta e discriminatoria nei confronti di molti dei cittadini migranti che vivono stabilmente nel nostro Paese, non è la soluzione ma è parte dei problemi che attanagliano le condizioni di vita degli stranieri. In Italia l’immigrazione rappresenta un dato strutturale, una dinamica e una parte integrante della società; se partiamo da questo approccio, possiamo affermare che in uno Stato di diritto come l’Italia i diritti di cittadinanza devono essere universali, come prevedono le norme contenute nella nostra Carta costituzionale.

Ora, a distanza di oltre trent'anni, il fenomeno migratorio e le norme che hanno disciplinato, e continuano a disciplinare, lo status giuridico dei migranti sono caratterizzati attraverso un approccio securitario, emergenziale, sorretto da politiche sbagliate alimentate dalle paure  dei partiti di perdere il consenso. Sono diversi anni che numerose organizzazioni laiche e religiose portano avanti una battaglia per modificare la legge e consentire alle ragazze e ai ragazzi di poter acquisire la cittadinanza italiana fin dalla nascita, o dopo aver frequentato un ciclo scolastico se arrivati in Italia da piccoli.

Le realtà associative impegnate su questo fronte puntano sullo ius soli, così come le oltre 18 organizzazioni promotrici della campagna “L’Italia sono anch’io”, una grande iniziativa volta a presentare due proposte di legge di iniziativa popolare: una con l’obiettivo di riformare la normativa sulla cittadinanza e l’altra con la finalità di conferire agli stranieri il diritto di voto amministrativo.

Le conseguenze della mancata modifica della legge sull’acquisizione della cittadinanza da un lato, il perpetuarsi di normative e politiche discriminatorie nei confronti dei migranti dall’altro, hanno non solo impedito una vera inclusione, ma anche favorito un’idea di società dove i diritti di cittadinanza sono differenziati, facendo passare l’idea “prima gli italiani”, in piena violazione dei dettami e dei principi della nostra Costituzione, come l’uguaglianza.

Nel mondo del lavoro continuiamo a registrare un forte dumping, una concorrenza al ribasso tra le lavoratrici e i lavoratori italiani e quelli migranti, questi ultimi sempre più sfruttati, ricattati, sottopagati per le norme in vigore che condizionano la loro permanenza regolare all'avere un lavoro; una specie di spada di Damocle, poiché il rischio di essere espulsi dal territorio nazionale è sempre presente.

In questi anni la Cgil e il movimento sindacale confederale si sono impegnati a fare rispettare i diritti contrattuali, ad aprire vertenze sulle discriminazioni dentro e fuori i luoghi di lavoro, oltre a favorire la partecipazione di tutti i lavoratori attraverso il voto per l’elezione dei rappresentanti sindacali nelle aziende, esempio di democrazia e partecipazione.

La mobilità delle persone nel mondo rappresenta un dato di fatto, occorre che tutti gli Stati favoriscano la libertà di circolazione garantendo diritti di cittadinanza universali, per costruire società e comunità più coese. Di fronte a una regressione culturale in Italia come in Europa, surrogata da una narrazione tossica e fuorviante del fenomeno migratorio, occorre mettere in campo politiche di pedagogia culturale, capace di fornire la giusta prospettiva alle cittadine e ai cittadini, riaffermando i valori fondamentali della nostra Costituzione, l’unica bussola per raggiungere una vera inclusione.

Ora che la politica è tornata a parlare di una tema centrale come la cittadinanza, a trent’anni di distanza dall’approvazione della legge 91/1992, il legislatore deve prendere atto delle profonde trasformazioni avvenute nella società italiana e aggiornare le norme in materia di cittadinanza.

Nelle ultime legislature abbiamo assistito a diversi tentativi di riforma, tutti rimasti incompiuti. Per raggiungere l’obiettivo bisogna dunque rovesciare il paradigma, evitando inganni, strumentalizzazioni ideologiche, paura di perdere consensi. L’auspicio ora è che le proposte di emendamenti migliorativi avanzate dal Tavolo cittadinanza vengano recepite, e che si arrivi a una approvazione della legge prima della fine della legislatura.

Selly Kane, responsabile delle Politiche dell'immigrazione Cgil