Nel 2019, rispetto al 2018, in Sicilia il consumo di suolo è cresciuto di 600 ettari, raggiungendo complessivamente quota 167,123. Siamo al quarto posto nazionale nell’incremento di consumo di suolo nel periodo indicato. Abbiamo un territorio fragile, sempre più disboscato ed esposto alle crisi idrogeologiche, piangiamo le vittime. Si producono disastri, ma si fa in fretta a dimenticare.

Se mettiamo in ordine i dati in valore assoluto per consumo di suolo, prima risulta Palermo con 28.228 ettari di suolo consumato al 2019, seguita da Catania (27.745)  e quindi Siracusa. Guarda caso sono proprio questi i territori nei quali ad ogni emergenza climatica corrisponde una catastrofica inondazione.

A conferma del rischio sopra esposto i numeri ci dicono che sul fronte del suolo consumato in termini percentuali Palermo si conferma prima (39,43%), seguono  Catania (28,19%) e Siracusa (17,03) .

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Catania ha anche il primato di aver fatto registrare la più elevata crescita tra i comuni siciliani: 48 ettari in un anno. Le criticità della Città di Catania vengono aggravate dal fatto che nella sua cinta metropolitana (oramai alcune città sono saldate antropicamente a Catania) alcuni comuni si collocano, in valori assoluti di suolo consumato in Sicilia, in cima alla classifica. Al secondo posto Gravina di Catania (49,90%), al terzo Sant’Agata Li Battiati (44,85%) e al quarto Aci Bonaccorsi (40,89%).

Le problematiche idrogeologiche e i disastri a cui abbiamo assistito negli ultimi anni sono per larga parte imputabili a ciò. Infatti, le aree più colpite in Sicilia orientale, e in particolare le Provincie di Catania e Siracusa, dall’ultima alluvione sono quelle più densamente antropizzate e cementificate. Le superfici edificate sono impermeabili, le poche aree destinate a verde fungono da verde ornamentale e in larga parte impermeabili e il territorio, anche a causa degli incendi, spesso di origine dolosa, è disboscato.

Anche gli interventi per la messa in sicurezza tardano a venire. Tante opere di fondamentale importanza per arginare il rischio idrogeologico, a causa di impedimenti e ritardi burocratici e politici, non sono ancora partite e tante altre sono state completate seguendo logiche irrazionali. Molti dei comuni che dovrebbero collegare (a pettine) il proprio sistema di smaltimento con le acque dei collettori non hanno ancora provveduto a farlo e quindi i collettori, opere non funzionali, e altri strumenti sono inutilizzabili, perché spesso incompleti in quanto è stata realizzata per prima la parte a monte e non quella a valle, creando un effetto tappo.

Ma qualora venissero realizzate le opere programmate e progettate anni fa sarebbero ancora pienamente funzionali alla messa in sicurezza di un territorio che cambia continuamente a causa della cementificazione?

Sarebbe necessario bloccare immediatamente il consumo di suolo, dobbiamo assumere il consumo di suolo zero quale imperativo programmatico. Nello stesso tempo è necessario che ogni Comune oltre che a creare il proprio sistema di convogliamento delle acque nei sistemi principali programmi e realizzi propri micro-impianti di assorbimento e smaltimento delle acque, anche perché ogni estate sempre più saremo soggetti alla siccità (il clima è cambiato). Dobbiamo progettare le nostre città e le nostre comunità urbane in maniera diversa cosìcché, come una spugna, possano essere capaci di assorbire e di riutilizzare fino al 70% dell’acqua piovana. Infine anziché andare alla ricerca di continue sanatorie vanno definitivamente abbattute le opere edili abusive, a partire da quelle che quasi sempre impediscono il decorso delle acque di torrenti e corsi d’acqua. Ma in questo caso serve non solo il coraggio di farlo ma anche quello di dirlo.

Giovanni Pistorio, segretario generale Fillea Cgil Sicilia