Da sempre, è un settore produttivo fondamentale e strategico per la nostra economia, con circa 80.000 lavoratori (incluse le piccole realtà private) che resistono e continuano ad operare attivamente, malgrado la pandemia e la crisi economica. Questa, la fotografia più recente della cantieristica navale italiana, scattata all'inizio del 2021. Come può confermare Roberto D’Andrea, coordinatore nazionale Fiom Cgil per il settore, che Collettiva ha intervistato.

“All’inizio dell’emergenza sanitaria, vale a dire quasi un anno fa - afferma il dirigente sindacale -, abbiamo temuto il peggio. Fincantieri - il maggiore player del settore, una multinazionale che opera in diversi paesi del mondo, a partecipazione pubblica, ma con gestione di natura privatistica, il cui fatturato si poggia per il 30% sul comparto militare, ma che vede una larga fetta di produzione impegnata nella progettazione e costruzione di navi da crociera, traghetti, mega yacht, attività di trasformazione, manutenzione e riparazione, disseminata sul territorio, con cantieri a Monfalcone (la sede più grande con 9.000 addetti), Trieste, Porto Marghera, Sestri Ponente, Muggiano, Riva Trigoso, Genova, Ancona,  Castellammare di Stabia e Palermo, con un organico di 8.200 unità dirette, cui vanno aggiunti 25.000 lavoratori negli appalti –, dopo uno sbandamento iniziale durante il primo lockdown, superato grazie al ricorso alla cassa integrazione per l'emergenza Covid e dovuto soprattutto al blocco del comparto crocieristico, è stata in grado di organizzarsi, grazie al prestito agevolato Sace, società creditizia di proprietà della Cassa Depositi e Prestiti, riprogrammando con gli armatori le consegne previste a fine anno e mettendo in programma nuove lavorazioni entro dicembre 2021.

La riprogrammazione degli ordini ha salvato la quantità di lavoro prevista in futuro: ma che cosa succederà nel caso di una terza ondata del Coronavirus?

Fincantieri ha fatto una politica anticiclica, salvando gli ordinativi acquisiti. Certo, se il mercato del cruise non dovesse ripartire, ci sarebbe una crisi di liquidità, visto che, secondo la prassi, i pagamenti vengono erogati all’atto della consegna delle navi, con il rischio di una disdetta delle commesse in caso contrario. In sostanza, Fincantieri non si ferma e continua a lavorare, indotto compreso, vivendo di ‘rendita’, grazie alle commesse accumulate prima della pandemia, che garantivano lavoro per almeno dieci-dodici anni. Ma queste scorte sono destinate ad esaurirsi in breve tempo, se la produzione dovesse bloccarsi di nuovo.

Fincantieri è impegnata anche in una serie di attività di ingegneria civile, come lo è stata la costruzione del nuovo ponte di Genova, realizzato in tempi record.

Certo, e noi abbiamo già chiesto che si continui a svolgere attività del genere a carattere strutturale. Non solo navi da crociera, dunque, ma anche altre lavorazioni, come potrebbero essere, ad esempio, la riparazione e messa in sicurezza dei circa quattromila ponti considerati pericolanti su tutta la penisola. Non solo. Visto poi che nel Mediterraneo circolano molte ‘carrette dei mari’, si potrebbe dare lavoro alla cantieristica navale, con l’ausilio di armatori, responsabili di far circolare imbarcazioni in regola, indirizzando tali ‘bagnarole’ ad attività di manutenzione per la loro sistemazione e messa in sicurezza. Inoltre, con l’ausilio di autorità portuali e istituzioni locali, si potrebbero riqualificare molti porti e bacini italiani, attualmente fermi e inoperosi.

Pensiamo alla situazione dei cantieri navali di Trapani, inattivi da un decennio, dove negli ‘anni d’oro’, fra lavoratori fissi e indotto, vi operavano oltre 400 persone.

Sì. In quel caso, sono stati fatti una serie di errori, che hanno portato direttamente al fallimento. Ci sono stati danni al bacino galleggiante, e poi, come se non bastasse, la struttura ha subìto nel corso del tempo una serie di furti al sistema elettrico di alimentazione del bacino, con il conseguente depredamento e danneggiamento delle attrezzature. Ora, dopo enormi ritardi da parte della Regione, è stata finalmente avviata la gara d’appalto per il completamento della manutenzione del bacino di carenaggio del porto siciliano.   

Quella dei piccoli cantieri navali abbandonati a se stessi è una costante che si riscontra in una decina di casi, quasi tutti riscontrabili nel Centro-Sud.

Sicuramente, anche se devo premettere che la gran parte dei piccoli cantieri navali stanno continuando a lavorare e fanno parte del polo del lusso, impegnati nella realizzazione e manutenzione dell’offshore e nella costruzione di yacht. Viceversa, in senso negativo, oltre al caso di Trapani, penso a Taranto, a Gioia Tauro, all’intera Calabria, che malgrado sia interamente bagnata dal mare non ha siti produttivi della navalmeccanica degni questo nome. Stessa cosa per quanto concerne Abruzzo e Molise, regioni entrambe prive di attività rilevanti della cantieristica, ma il discorso riguarda anche lo scalo di Civitavecchia, quelli di Piombino e Trieste: tutti esempi in cui manca una programmazione da parte delle istituzioni e dove si dovrebbe investire nella reindustrializzazione dei siti.

Una vicenda positiva, invece, di cui la Fiom va particolarmente fiera, è quella dell’imminente rilancio del cantiere navale di Brindisi.

Esattamente. In quel caso si può parlare di esperienza largamente positiva, attraverso una vertenza gestita in prima persona dalla Fiom e dalla Cgil di Brindisi. Laggiù, proprio il 2 febbraio prossimo, verrà inaugurato il nuovo cantiere navale, grazie a una società privata, la Consorzio Cantieri riuniti del Mediterraneo, che svolgerà attività di manutenzione e revamping. Verranno impegnati anche una ventina di lavoratori espulsi a suo tempo dall'indotto dell'aerospazio, tramite il bacino delle competenze varato dalla task force dell'Assessorato al lavoro della Regione Puglia, per un totale di una sessantina di persone in organico. Brindisi è la riprova che la crisi non è irreversibile, a patto che si faccia sistema e ci sia, come in quel contesto, il coinvolgimento dell'autorità portuale, della capitaneria di porto e delle istituzioni a tutti i livelli, beninteso con la partecipazione attiva del sindacato e dei lavoratori.