Michela Piccione, lavoratrice pugliese di 35 anni, “trovata la forza, ha convinto altre 20 colleghe e denunciato alla Slc Cgil tutte le irregolarità riscontrate” nel call center tarantino dove era impiegata. In seguito alla denuncia la struttura è stata chiusa. E’ per questo motivo che la giovane donna è stata insignita dell’onorificenza di Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, per il “coraggioso gesto di denuncia delle condizioni di sfruttamento del lavoro giovanile”. 

“Nel 2017 ho denunciato il call center dove lavoravo come centralinista – ci racconta Michela Piccione -, perché le mie colleghe e io eravamo sottopagate e lavoravamo in un ambiente inadatto: 92 euro al mese è stato il pagamento a 60 giorni (e non a 30 come concordato), 33 centesimi l’ora e non 6,51 lorde come pattuito dal contratto, e in più eravamo in un appartamento piccolo, due stanze, una due metri per due e l’altra cinque per tre. Raccoglievamo i soldi per comprarci la carta igienica, non potevamo andare in bagno perché ci venivano decurtate le ore, avevamo solamente una pausa di quindici minuti a turno e la volta in cui ho chiesto alla responsabile se potevo alzarmi perché avevo un forte mal di testa, mi ha risposto avvisandomi che se lo avessi fatto avrebbero potuto decurtarmi lo stipendio. Una situazione umiliante”. 

Piccione però ha bisogno di lavorare, perché ha una famiglia, ma non è fatta per sopportare umiliazioni e ingiustizie, quindi non esita a denunciare i fatti quando, a ridosso del Natale, vede una sua collega, madre single, piangere e disperarsi dopo avere aperto la busta paga che ammontava a circa 90 euro. “L’ho portata con me al sindacato, da un amico, per fare la denuncia. È stato alzato un gran polverone e il call center è stato subito chiuso, vista anche la denuncia fatta alla procura. Ma io non mi sono fermata - prosegue -, perché bisogna vigilare sul sistema dei call center e anche sulle forme di caporalato in questo settore, motivo per il quale ho scritto mail alla ministra Bellanova e all’assessorato alle Pari opportunità della Regione Puglia. Come nel nostro caso, ci sono call center intestati a un prestanome irreperibile, magari residente all’estero, e ogni responsabilità non viene mai attribuita al vero capo”. 

Non le sono mai state indirizzate delle minacce, ma al sindacalista che ha preso in carico il caso sì. Dopo la chiusura della vicenda Michela Piccione ha iniziato a lavorare in un altro call center, dal marzo 2018, ma sempre con contratti a progetto, a cottimo e a chiusura di contratti, senza però mai smettere di partecipare a concorsi che le avrebbero permesso di accedere a condizioni di maggiore stabilità. Ora infatti è impiegata come ausiliaria all’ospedale Giannuzzi- Manduria, ma sempre con un contratto a termine che, se non venisse riconfermato, la costringerà a tornare a fare la centralinista precaria, a meno di un buon esito dei concorsi cui ha partecipato. 

Grazie Michela”, le dicono unitariamente il segretario generale della Slc Cgil nazionale, Fabrizio Solari, il segretario regionale del sindacato pugliese, Nicola Di Ceglie, e quello della Slc Taranto, Andrea Lumino: “Ci inorgoglisce essere stati lì dove dovevamo quando Michela ha deciso di opporsi alla protervia di quello che si fatica a chiamare datore di lavoro. Un orgoglio che ci dà ancora più responsabilità se pensiamo alle tante, troppe lavoratrici come lei cui non sempre riusciamo a dare le risposte e la vicinanza che si deve a chi chiede solo un lavoro dignitoso e riceve invece illegalità, offese ed insicurezza”. “Il Presidente della Repubblica – concludono - indica con chiarezza la strada dei diritti e della legalità come unica via per ridare valore al lavoro”.