La grande emergenza è attesa dal primo gennaio. Scaduto il blocco degli sfratti, prorogato al 31 dicembre di quest’anno, molte famiglie soprattutto quelle più fragili e in difficoltà, rischieranno di finire per strada. Coppie con bambini, anziani, giovani senza lavoro o con lavoretti, persone che non possono permettersi un affitto di mercato. Ovvero, un canone che nella maggior parte dei casi è così elevato da erodere la maggior parte del reddito a disposizione. Secondo la Banca d’Italia, l’80 per cento di chi è in affitto ha un reddito inferiore ai 30mila euro all’anno. Dall’incrocio dei dati delle richieste di affitto a Roma e Milano si scopre che per due famiglie con un reddito medio rispettivamente di 15mila e 22.500 euro non c’è possibilità di accesso al mercato privato, che rappresenta la stragrande maggioranza: le incidenze, anche per alloggi di piccole dimensioni, monolocali e bilocali, variano nel primo caso dal 59 all’80 per cento a Milano, nel secondo dal 45 al 61per cento a Roma. In tasca per le altre spese, bollette, trasporti, istruzione, alimenti, resta pochissimo.

“Questi dati fotografano una situazione di normalità che non tiene conto di quanto accaduto con la pandemia – spiega Stefano Chiappelli, segretario generale del Sunia -. Secondo una recente ricerca realizzata da Nomisma una famiglia su quattro ha avuto difficoltà a pagare l’affitto e oltre il 40 per cento prevede di non riuscire a pagarlo nei prossimi dodici mesi. A soffrire sono state anche quelle con un mutuo le quali, a causa delle difficoltà con le rate, hanno generato un ammontare di crediti deteriorati alle banche di 15,6 miliardi di euro, così che 160mila hanno la casa pignorata”. L’emergenza Coronavirus ha aggravato una situazione già drammatica per molti nuclei familiari a basso reddito: il disagio abitativo in Italia riguarda 1 milione e 475mila famiglie, il 5,6 per cento del totale. Di queste, 783mila hanno un disagio acuto e 692mila un disagio grave. “C’è poi la povertà che è in aumento – riprende Chiappelli -: il numero dei cittadini che vivono in condizioni di povertà assoluta, 1,674 milioni secondo l’Istat  nel 2019, ha un’incidenza sull’insieme delle famiglie italiane che è raddoppiata negli ultimi 15 anni, passando da 3,6 per cento a 6,4. Oggi si stima che il numero sia cresciuto di almeno 10mila unità”.

Si tratta di una situazione che interessa tutta l’Italia, da Nord a Sud. In Toscana quest’anno oltre 18mila famiglie hanno chiesto il contributo affitto per l’emergenza Covid ai Comuni, in testa Firenze, poi Livorno e Prato, mentre nel 2019 questa regione è stata la quarta del Paese per sfratti eseguiti, il 92 per cento dei quali per morosità. E alla fine del blocco, dal 1° gennaio, si prevede un incremento degli sfratti del 30 per cento. A Milano secondo un’indagine condotta dalla Caritas tra i suoi operatori, in cinque mesi 300 persone hanno perso la casa, 600 non riescono più a pagare l’affitto e le utenze, mentre i senzatetto aumentano. A Catania ci sono 10mila famiglie in stato di grave disagio, che non hanno pagato negli ultimi sei mesi o hanno difficoltà a pagare i canoni, anche a causa della crisi acuita dal Covid-19.

“Pensiamo che il 50 per cento delle famiglie che vive in affitto è in difficoltà a pagare i canoni, e lo sarà sempre di più – continua Chiappelli -. È una stima fatta sulla base delle segnalazioni, delle chiamate, delle richieste di intervento che ci arrivano quotidianamente in tutte le nostre sedi. Questo vuol dire che gli sfratti potrebbero raddoppiare o addirittura triplicare se non si mettono in campo provvedimenti seri e duraturi per aiutare le famiglie”. Gli strumenti esistenti sono il fondo nazionale di sostegno per l’accesso alle abitazioni in locazione e il fondo morosità incolpevole. Il primo è una misura di aiuto al reddito per le categorie sociali più deboli, un contributo parziale per il pagamento dell’affitto a favore di chi, pur avendo i requisiti, non riesce ad accedere al sistema di edilizia residenziale pubblica. Il secondo ha l’obiettivo di agevolare la ricerca di una nuova abitazione da parte dei soggetti sottoposti a procedura di sfratto per morosità incolpevole.

Il fondo di sostegno negli anni è stato pesantemente definanziato: se vent’anni fa ammontava a 361 milioni e mezzo di euro, nel 2010 è sceso a 141 milioni, per ridursi a zero nel 2018. Oggi il decreto Rilancio ha stanziato un finanziamento di 140 milioni di euro, più 20 milioni per gli studenti fuori sede. “Avevamo chiesto 250 milioni, questo che è stato fatto è già un primo passo, anche se non è sufficiente – dice Chiappelli -. C’è bisogno di risorse certe e importanti che aiutino gli inquilini e di rivedere i criteri di ripartizione di questi contributi. Le somme vengono erogate sulla base di parametri che risalgono a vent’anni fa, e con procedure e lungaggini incompatibili con le esigenze e le emergenze che le famiglie stanno vivendo in questi mesi”.

L’altro fondo, quello per gli inquilini morosi incolpevoli, istituito nel 2013, è stato caratterizzato da una minore discontinuità nei finanziamenti e ha raggiunto un ammontare complessivo di 231,2 milioni di euro. Ma dato che l’unico principio è quello dello sfratto, non è stato utilizzato appieno: ci sono ancora 55 milioni di euro non distribuiti. Da qui la proposta del Sunia di unificare e coordinare i fondi e di dare risposte mirate alle diverse tipologie di bisogno: dalle famiglie che hanno subito una caduta dei redditi per effetto della crisi, agli inquilini che da tempo pagano un canone con altissima incidenza sul reddito, ai soggetti con sfratto per morosità incolpevole già nella fase esecutiva. “Inoltre, bisognerebbe consentire alle Regioni di stabilire criteri di assegnazione rapida del contributo, e favorire e incentivare con detrazioni e agevolazioni fiscali la rinegoziazione con diminuzione dei canoni – conclude il rappresentante del Sunia -. Infine, occorre premere l’acceleratore sull’edilizia residenziale pubblica: mettere in campo le risorse pluriennali per un piano di forte incremento eviterebbe il consumo di suolo, consentirebbe il recupero e la riqualificazione del patrimonio abitativo, della sua efficienza energetica, delle misure di sua tutela antisismica, sfruttando i bonus al 110 per cento previsti anche per gli istituti case popolari”.