Dal palco della Festa nazionale dell’Unità a Modena e a dieci giorni dal voto per le elezioni regionali,  Maurizio Landini lancia un messaggio senza appello alla sinistra italiana: torni a rappresentare il lavoro. L’alternativa non c’è perché senza quella rappresentanza si perde. Si lascia il campo ai partiti populisti, ci si allontana dai bisogni delle persone. Una direzione diametralmente opposta a quella percorsa negli ultimi anni in tutta Europa dove – ricorda Landini – “chi pensava di rappresentare il lavoro ha invece rotto il rapporto con quel mondo attraverso le politiche che ha messo in campo”. Un esempio tra tutti è la riforma voluta proprio dal Pd, padrone di casa, allora guidato da Matteo Renzi. Non è una polemica – prosegue il dirigente sindacale – ma “se uno dichiara che le cose più di sinistra che ha fatto sono stati il Jobs Act e il cambiamento e la cancellazione dello Statuto dei lavoratori, trovo normale che una parte delle persone dica: ‘se la sinistra è quella roba lì allora non avevo capito cos’era, ho sbagliato”. La piazza applaude. Oggi Renzi milita in un altro partito e il Pd incassa il rimprovero.

Dietro le parole di Maurizio Landini, però, c’è molto altro, c’è il bisogno di ricostruire un rapporto e un’idea di sinistra socialista proprio a partire dal lavoro: “non semplicemente perché devo tutelare chi lavora - che già è cosa importante – ma perché bisogna farlo intendendo la rappresentanza del lavoro come la rappresentanza del diritto delle persone di potersi realizzare nel lavoro e di poter partecipare e discutere delle scelte che si fanno. Questo è l’elemento decisivo”. Dal punto di vista sindacale significa che non basta limitarsi alla rivendicazione ma occorre esplorare una nuova frontiera: quella della partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese, ai processi e alle decisioni che vengono prese.


Perché ciò avvenga serve che la politica ne determini le condizioni: un sistema di tutele e di diritti da un lato e dall’altro un nuovo ruolo dello Stato nell’economia. Landini parla di un ruolo “imprenditoriale” intendendo non che lo Stato si sostituisca all’impresa ma che eserciti la sua presenza in termini di indirizzo, di vincoli sociali, di idee di sviluppo, di linee di cambiamento. “Assumere la ricostruzione della rappresentanza del lavoro oggi vuol dire avere in testa un progetto di trasformazione sociale che affronti questi temi”. E se è vero che abbiamo di fronte emergenze come quella sanitaria, a maggior ragione anche lo stato sociale va compreso per quello che è: “non una spesa ma un investimento per creare lavoro e per estendere diritti”.

Tanti di noi – ricorda Maurizio Landini alla platea modenese – sono cresciuti convinti che la parola ‘sinistra’ avesse un certo significato, ma per una persona che è nata precaria e che pur cambiando il colore dei governi restava precaria quale significato può ancora avere quella parola? La precarietà è uno dei nodi centrali, se non il nodo da sciogliere. Il sindacato è chiamato a ragionare di come ricomporre la frantumazione del lavoro, ma quella stessa frantumazione diventa un problema politico di rappresentanza che – secondo il numero uno di Corso d’Italia – si può affrontare attraverso un nuovo modello di sviluppo che assuma come elemento centrale la qualità del lavoro.

Il ragionamento di Landini si articola con l’Europa sullo sfondo: dall’Europa dell’austerità d’altro canto era venuta la spinta a liberalizzazioni, tagli, austerità e riduzione dei diritti. Dall’Europa post pandemia arriva oggi un’occasione economica irripetibile da sfruttare proprio per finanziare e alimentare non una serie di piccoli e dispersivi progetti ma un’idea di Paese e di sviluppo.

Intanto e prima di tutto il lavoro – ripete Landini e sollecita i suoi interlocutori politici su più fronti: l’equità fiscale, serve una riforma, serve una lotta vera all’evasione; l’approvazione di un nuovo Statuto dei diritti dei lavoratori “ non per tornare allo Statuto del 1970 ma per superare la precarietà” stabilendo un principio semplice: i diritti sono in capo alla persona-lavoratore a prescindere dal lavoro e dal contratto che ha. Infine una legge sulla rappresentanza “che dia valore erga omnes ai contratti nazionali di lavoro, che misuri la rappresentanza dei sindacati come delle imprese. Una legge che permetta di regolare non solo i rapporti di lavoro e la democrazia sindacale ma che arrivi a regolare anche la partecipazione. Badate – conclude Landini - non sto chiedendo cose stratosferiche: chiedo semplicemente che venga applicata la nostra Costituzione. Chiedo cose che danno il senso di rimettere in pista e di ridare parola alle persone”.

Insomma, se è vero che il nostro Paese e l’Europa sono a un bivio, che la sinistra ha un ruolo da recuperare, il messaggio del segretario generale della Cgil non poteva essere più chiaro: “Oggi è il momento del coraggio, di non aver paura e di fare anche scelte radicali. La gente deve capire in quale direzione vogliamo andare”