Il 15 luglio 1970, a Reggio Calabria, durante il secondo giorno di sciopero cittadino per rivendicare il capoluogo regionale, vi sono ripetuti violenti scontri tra dimostranti e forze dell'ordine. Nella tarda serata, Bruno Labate, 46 anni, ferroviere iscritto alla Cgil, è rinvenuto esanime in una strada del centro cittadino (morirà durante il trasporto in ospedale). Le circostanze della sua morte non saranno mai chiarite. L’autopsia parlerà di morte per compressione del torace con impedimento del mantice respiratorio. Il bilancio finale dei "Fatti di Reggio" sarà di cinque morti (il ferroviere Bruno Labate, l’autista Angelo Campanella, gli agenti Vincenzo Curigliano e Antonio Bellotti, il barista Angelo Jaconis), circa 2.000 feriti, un migliaio di arresti e denunce, danni per miliardi di lire. Oltre a una scia di eventi dalla matrice dubbia, come il deragliamento del treno del Sole Palermo-Torino all'altezza di Gioia Tauro il 22 luglio 1970.

Per mesi la città sarà barricata, a tratti paralizzata dagli scioperi e devastata dagli scontri con la polizia e dagli attentati dinamitardi. La calma verrà ristabilita solo dopo dieci mesi di assedio con l’inquietante immagine dei carri armati sul lungomare della città. Ciccio Franco - principale ispiratore della rivolta - sarà eletto al Senato nel 1972. Nello stesso anno, in ottobre, i sindacati metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil (insieme ai sindacati degli edili ed alla Federbraccianti Cgil) organizzeranno una grande manifestazione di solidarietà a fianco dei lavoratori calabresi. Come a Genova dodici anni prima, i vecchi militanti, le giovani leve della classe operaia e gli studenti, ritrovatisi nuovamente a fianco in unità d’intenti, non solo non soccomberanno ai fascisti, ma si riprenderanno la città.

"... e alla sera Reggio era trasformata, pareva una giornata di mercato, quanti abbracci e quanta commozione, gli operai hanno dato una dimostrazione" avrebbe cantato Giovanna Marini.