Da un po’ di tempo il termine “smart” è entrato nel nostro vocabolario: smart city, smart working; persino smart tv. Tutto con il digitale sembra poter diventare intelligente e moderno, quasi fosse una bacchetta magica: basta una connessione, una qualche condivisione e un po’ di giga. In realtà la tecnologia, se può essere un fattore di crescita, non è però mai neutra. Bisogna insomma capire gli obiettivi che si prefigge. Proprio per questo il sindacato, soggetto sociale che contratta e negozia, sul tema delle smart city vuole avere voce in capitolo, fare proposte.

Da questa esigenza nasce, già dal luglio scorso, l’idea di un convegno che coinvolgesse esperti e soggetti istituzionali. Di qui l’appuntamento di questa mattina (27 maggio) dal titolo emblematico: “Reti in comune: contrattare l’innovazione, disegnare la città partecipata”, che si può seguire in diretta su Collettiva dalle ore 10.

“Il nostro obiettivo – spiega Cinzia Maiolini, responsabile Ufficio lavoro 4.0 della Cgil –, è quello di ragionare su come utilizzare le tecnologie digitali per dare risposta ai bisogni di partecipazione, socialità, mobilità, assistenza, cura, conoscenza che emergono nella nostra società e che in questa fase, in piena emergenza Covid, assumono un ruolo assai importante. Non si parte da zero, in Europa ci sono esperienze interessanti, penso a Londra, Barcellona e Copenaghen”. La domanda, sottolinea la sindacalista, è semplice: “Quali sono quegli elementi che rendono ‘smart’ una città? Per esempio, Torino si definisce tale perché l’amministrazione mette informazioni e avvisi sui social, ma è evidente che questo non basta”.

Per la Cgil, “è evidente che la tecnologia digitale debba essere fattore abilitante di democrazia partecipata, cooperazione tra pubblico e privato, implementazione di nuove competenze diffuse, vettore di sviluppo sostenibile. Inoltre, come ha detto Maurizio Landini, serve un piano di formazione nazionale che non sia solo addestramento tecnico, ma anche all’uso consapevole della tecnologia”.

Insomma: il sindacato vuole dire la sua e contrattare. Le proposte ci sono. Maiolini: “Per noi le reti digitali devono diventare una nuova categoria di opere di interesse pubblico e i dati che transitano sulla rete vanno considerati beni comuni. Quindi, prima di negoziare concessioni e autorizzazioni di uso delle reti devono essere inserite delle clausole specifiche: se i dati sono di interesse pubblico, è il pubblico che deve regolarne l’utilizzo”.

L’idea è quella di costruire una piattaforma pubblica con i dati generati dai cittadini e grazie alla quale costruire una governance pubblica delle città. Sembra astratto, ma in realtà è molto concreto, soprattutto in questa fase di pandemia: “Per l’emergenza attuale – argomenta la sindacalista – i dati su mobilità, affollamento, saturazione dei parcheggi, reti territoriali, tele-assistenza sarebbero essenziali, ma l’assunto è che devono essere pubblici”. Il che sarebbe una garanzia per i cittadini, una sorta di scambio, utile anche per vincere una certa (giustificata) diffidenza delle persone a cedere informazioni che li riguardano: io cittadino ti do i miei dati, ma a patto che siano utilizzati per finalità che rispondano ai miei bisogni, sanitari, sociali e così via.

L'incontro sarà aperto dalla relazione di Cinzia Maiolini, Ufficio lavoro 4.0 Cgil. Sono previsti gli interventi di Massimo Bonini, segretario generale Cgil Milano; Michele Mezza, Università di Napoli Federico II; Ruggero Caravita, Cern - Università di Trento; Giuseppe Sala, sindaco di Milano; Virginio Merola, sindaco di Bologna; Antonio Decaro, presidente Anci; Piero De Chiara, Forum delle diseguaglianze - Crs; Fiorella De Cindio, Università statale di Milano - Frcm; Gianna Fracassi, vicesegretaria generale Cgil; Luigi De Magistris, sindaco di Napoli; Anna Ascani, viceministra Istruzione; e dei segretari generali delle Camere del lavoro metropolitane.

Le conclusioni dei lavori, coordinati da Sandro Del Fattore (coordinatore delle deleghe del segretario generale della Cgil) saranno affidate a Maurizio Landini.