Nei comuni della provincia bolognese, nonostante il distanziamento sociale imposto dal governo durante la prima fase della pandemia da Coronavirus, in un periodo in cui molte certezze sono venute meno, la Cgil ha messo in campo iniziative per rimanere al fianco di lavoratori e pensionati. Per gli anziani, gli effetti della crisi sono stati senza dubbio più pesanti sotto tutti i punti di vista: le istituzioni hanno il fiato corto e sono le realtà dell’associazionismo a supplire alle mancanze con raccolte di beni di prima necessità, recapito di spesa o medicine o, come in questo caso, con una telefonata.

Qui Zola Predosa. “Prima di chiudere la nostra sede – racconta ai microfoni di Collettiva Marco Di Leta, segretario della locale lega dello Spi Cgil – ci siamo portati a casa gli elenchi dei nostri iscritti. Abbiamo scorso quei tabulati per chiamare tutti i pensionati, uomini e donne nati in un arco di tempo tra il 1916 e il 1944. Telefonate per chiedere quali fossero i loro bisogni e segnalarli alle strutture comunali designate. Siamo abituati ad avere rapporti molto più diretti con i nostri iscritti, questo ci è sembrato il migliore per rimanere loro accanto durante la pandemia”. L’infezione non deve fermare la contrattazione sociale: al centro della nostra azione deve esserci il miglioramento degli ambienti in cui gli anziani vivono: il nostro obiettivo è rimuovere dalle case barriere architettoniche, promuovere più servizi sanitari e sociosanitari e incrementare la micromobilità.

Da Granarolo interviene Katia Bolognesi, segretaria della Lega del locale sindacato pensionati: “I problemi dei nostri anziani sono alimentati da solitudine, privazione della libertà, nostalgia dei nipotini. Dal divieto assoluto di qualsiasi contatto umano. Abbiamo parlato anche con badanti o figli e si è rinsaldato un rapporto: sanno dove trovarci. Anche se non siamo noi il punto di riferimento principale. Intorno a loro ci sono per fortuna figli e nipoti".