Aveva appena ricevuto la telefonata del suo datore di lavoro, proprietario di un negozio di alimentari in zona Navigli, che gli comunicava di averlo licenziato per via del calo delle vendite dovuto all'emergenza Coronavirus. Poco dopo il giovane, 26 anni, origini senegalesi, ha aperto la finestra e si è gettato di sotto, togliendosi la vita. È successo ieri sera, a Milano, in uno degli epicentri del focolaio, uno dei territori più colpiti dall’emergenza.

“Questa tragica vicenda ci colpisce molto – dicono dalla Cgil Milano -. In questi giorni ci arrivano segnalazioni di persone che purtroppo non rientrano in nessun ammortizzatore sociale o aiuto economico, che non sanno cosa fare, come andare avanti, e preoccupati dalla situazione minacciano gesti eclatanti se non riceveranno assistenza adeguata dallo Stato”. Le situazioni più frequenti nelle quali il sindacato si imbatte sono da ricondursi a chi lavora nel sommerso o con contratti di lavoro intermittente, quanti hanno cambiato lavoro dopo il 23 febbraio e non rientrano negli ammortizzatori sociali richiesti dall’azienda, chi non ha diritto alla Naspi e non riesce chiedere il Reddito di cittadinanza.

“Una cosa deve essere chiara: la normativa approvata dal governo vieta i licenziamenti, questo è il primo punto da ribadire con forza – ricorda la Cgil Milano -. È bene però che chi ha il potere di legiferare sia il più tempestivo e chiaro possibile, ma soprattutto è tempo che entri nell’agenda anche la sofferenza delle persone che per diversi motivi sono esclusi dalle tutele. Le risposte vanno date ora, domani potrebbe essere troppo tardi”.