Firenze ai tempi del coronavirus assomiglia a tutte le altre città italiane. Le strade sono deserte, il traffico è ridotto al minimo, la maggior parte delle fabbriche sono ferme. In città ci sono oltre 6.000 operai in cassa integrazione, e altre migliaia di lavoratori sono in smart working. La Fiom, insieme agli altri sindacati metalmeccanici, ha firmato ben 336 accordi in sole due settimane. L’obiettivo è noto: permettere al maggior numero possibile di dipendenti, sia delle aziende più grandi che di quelle più piccole, di difendersi al meglio dal contagio.

“Ma, nel pieno di un’emergenza come quella che stiamo vivendo tutti insieme, io non potevo certo restare chiuso in casa, con le mani in mano”, dice Pietro Contardo, operaio alla Ciesse di Rignano sull’Arno, azienda attiva nel campo della produzione ferroviaria. Tra i 106 colleghi di Pietro, solo pochi tecnici e amministrativi stanno lavorando da casa, “tutti gli altri sono in cig dal 23 marzo scorso”. “Allora – continua – ho cercato il modo per dare una mano”. Pietro l’ha trovato, rispondendo come molti altri a un appello della Fiom Firenze. Il sindacato ha infatti chiamato a raccolta iscritti e delegati per contribuire alla distribuzione di beni di prima necessità ad anziani e persone vulnerabili, un’iniziativa portata avanti dalla rete sociale Fòrimercato.

“In piena emergenza, non potevo certo restare chiuso in casa, con le mani in mano”

L’associazione da circa 5 anni svolge attività di sportello su disabilità, disagio abitativo, aiuto ai genitori e ai lavoratori stranieri, ma si produce anche in sostegno scolastico, laboratori per bambini, fisioterapia sociale e screening medico per i più deboli. “La nostra sede, però, ora è chiusa e ci siamo dovuti fermare – racconta Lorenzo Bicchi, presidente di Fòrimercato –. Quindi, vista l’emergenza in corso, abbiamo deciso di attivarci per creare squadre solidali che svolgessero consegne a domicilio per chi non può uscire”. Per ora sono attivi nei quartieri di Gavinana e Campo di Marte, e in 10 giorni hanno già eseguito circa 100 consegne ad anziani e altre persone vulnerabili, grazie alla collaborazione di una trentina di volontari.

“Ci arrivano in continuazione nuove richieste, ma dalla prossima settimana, in attesa degli aiuti del governo, inizieremo anche a recapitare pacchi alimentari gratuiti alle famiglie maggiormente in difficoltà. Tutto questo sta succedendo anche grazie alla “risposta sorprendente” di molti operai in cassa integrazione: “È importante che chi ha la fortuna di avere accesso a un sostegno al reddito si dia da fare per chi quella fortuna non ce l’ha”.

UN SOSTEGNO CONCRETO
L’appoggio dei metalmeccanici alla rete sociale fiorentina, in realtà, non è cosa di questi giorni. “Sosteniamo le attività di Fòrimercato sin dalla sua nascita – ci spiega Daniele Calosi, segretario della Fiom cittadina -. Siamo in un territorio in cui fortunatamente l’associazionismo è da sempre una risorsa preziosa. Già prima dell’epidemia molti nostri iscritti svolgevano volontariato alla fine del loro turno di lavoro”. Adesso che l’attività si è concentrata sull’assistenza a domicilio, però, “abbiamo chiesto di dare una mano in questo campo, garantendo sempre la sicurezza di tutti. E la risposta dei lavoratori delle fabbriche ferme è stata davvero eccezionale”.

“La risposta dei lavoratori delle fabbriche ferme è stata davvero eccezionale”

“La Fiom ci è sempre stata vicina - conferma Roberto Rossellini, volontario ed ex metalmeccanico in pensione da 8 anni -, e ci sta dando una grossa mano anche oggi”. Appena uscito dal suo stabilimento, Roberto voleva ancora essere attivo nel sociale: “Ho provato a fare un po’ di politica ma mi sono demoralizzato in fretta. Poi mi sono ritrovato in pieno nelle attività di Fòrimercato. Questo progetto di consegne a domicilio, tra l’altro, si sta rivelando davvero importante. All’inizio eravamo solo in 6, poi s’è aggregato un altro gruppo. Ora siamo pieni di giovani e di operai in cassa che si sono dimostrati molto disponibili”.

“È un po’ come portare fuori dai cancelli la solidarietà che si crea tra gli operai dentro i capannoni - spiega ancora Pietro Contardo -. Anzi, oggi la solidarietà serve ancora di più. La definirei una grande voglia di fare qualcosa insieme. Per certi versi, in questa situazione, con le fabbriche ferme, l’attività sindacale e l’impegno in azioni sociali si assomigliano davvero molto. Perché ti permettono in entrambi i casi di essere parte di qualcosa”.

L’UNIONS FA LA FORZA
Questo stretto legame tra la solidarietà dei lavoratori dentro e fuori dalle fabbriche ricorda molto ai metalmeccanici fiorentini la manifestazione “Unions”, andata in scena esattamente 5 anni fa: il 28 marzo 2015, a Roma. Allora, migliaia di persone ritrovarono insieme per chiedere “diritti, lavoro e reddito”, ma anche “democrazia, giustizia sociale, legalità ed Europa”. “Dicevamo che l’Unions fa la forza”, si legge in un recente post sulla pagina Facebook della Fiom Firenze. Oggi in piena pandemia, le “situazioni sono diverse”, ma ci sono “la stessa soluzione e lo stesso principio: la solidarietà”.



“Sì, è vero: l’unione fa la forza - commenta Michele De Palma, della segreteria nazionale Fiom - anche in questi giorni in cui stiamo facendo sindacato senza poter tenere assemblee fisiche con i lavoratori, magari con call conference che coinvolgono sessanta delegati in contemporanea, o pubblicando pillole video online”. Ma “l’innovazione in provetta” non può funzionare. Le innovazioni rappresentano infatti “una dinamica collettiva, che serve comunque a confrontarsi con i problemi delle persone”. E l’obiettivo è lo stesso: “Rimanere un soggetto collettivo” e “non cedere alla individualizzazione e all’egoismo”.

“Le innovazioni sono una dinamica collettiva per confrontarsi con i problemi delle persone”

Il ruolo dei delegati, in questa fase, resta dunque “centrale” per De Palma, ma è necessario che “quell’intelligenza collettiva e quella forza organizzata si dispieghi anche per tenere insieme chi per vivere deve lavorare, ma un lavoro non ce l’ha o lo ha perso”. Questo, per la Fiom, significa anche “realizzare solidarietà, per includere e non lasciare indietro nessuno”. Altrimenti chi può usufruire della cassa a zero ore “potrebbe anche venir visto come un privilegiato rispetto a chi ha la Naspi, o il reddito di cittadinanza, o ancora rispetto a chi non ha nulla”. In questa prospettiva, la Fiom sta cercando di mettere in piedi pratiche condivise proprio come quella di Firenze: “È un lavoro comune, che coinvolge i nostri delegati e gli iscritti, ma che non sostituisce quello di chi già lo fa con professionalità e competenza”.

Il sindacato, insomma, cerca “nuove forme di mutualismo”, magari proprio “coinvolgendo i delegati in cassa”, oppure “raccogliendo risorse”. “Bisogna costruire una nuova idea di solidarietà che parta dal basso – conclude -, e che inevitabilmente segnerà il nostro futuro”. Un futuro che deve necessariamente riscoprire “il ruolo centrale dei lavoratori”, perché “il vuoto della politica può esser riempito solo da chi sta insieme, con giustizia e per l’uguaglianza”.

“Serve una nuova idea di solidarietà che parta dal basso”

È appunto quello che stanno facendo gli operai di Firenze, che vanno a consegnare la spesa a chi oggi ne ha davvero più bisogno. “Io credo che ora più che mai sia chiaro a tutti che nessuno si salva da solo – commenta infine Daniele Calosi -. Questo è il momento in cui chi può deve provare a fare qualcosa. È questa la solidarietà che serve davvero alle persone, ed è anche lo spirito alla base del sindacato. La risposta dei nostri iscritti ci inorgoglisce. Per ora siamo fuori dalle fabbriche, ma di sicuro rimaniamo quelli che siamo”.