Il sottosegretario al ministero del Lavoro, Claudio Cominardi, ha confermato alla Camera dei Deputati che, in seguito alle verifiche ispettive del ministero dello Sviluppo Economico sul caso dei  900 lavoratori in appalto presso i macelli dell’Inalca nel 2015, sono pendenti due procedimenti presso il Tribunale di Lodi: uno di tipo penale, concernente l’ipotesi di truffa ai danni dello Stato, con udienza fissata per il prossimo 9 luglio, e un altro di tipo civile riguardante gli sgravi contributivi, che è già in fase di appello e la cui prossima udienza è fissata per il 16 ottobre. 

All’epoca dei fatti la Flai-Cgil contestò l’operazione in quanto i 900 lavoratori, per molti anni dipendenti di false cooperative succedute negli appalti di Inalca, avrebbero dovuto essere dipendenti di Inalca. Furono invece tenuti prima in appalto presso la cooperativa di manodopera “Consorzio Euro 2000” che collassò finanziariamente a maggio 2015, poi da giugno 2015, i lavoratori, vennero fatti transitare per sei mesi nell’Agenzia per il lavoro “Trenkwalder” e infine passati, alla fine del 2015, presso una società di manodopera, la “Ges.Car srl”, controllata al 100% da Inalca stessa. 

In una lettera all’allora Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, la Flai/Cgil Emilia Romagna denunciava che, mentre i lavoratori continuavano a fare le medesime attività, questo complesso passaggio societario da una parte poteva evitare a Inalca la loro assunzione diretta e dall’altra le consentiva di beneficiare di uno sgravio di circa 14 milioni di euro previsto dalla legge di Stabilità 2016 per chi assumeva lavoratori precari da almeno 6 mesi. 

“Al di là dei futuri esiti processuali, l’operazione di Inalca è stata spregiudicata – dichiarano Umberto Franciosi e Marco Bottura della Flai Cgil Emilia Romagna e Modena - Il fine dello sgravio contributivo introdotto dalle leggi di stabilità del 2015 e 2016 era quello di favorire la buona occupazione a tempo indeterminato. In questo caso, invece, lo si è utilizzato per abbassare il costo del lavoro, trasferendo semplicemente delle posizioni lavorative. Il 28,4% delle quote di Inalca Spa sono di un azionista partecipato dal Fondo Strategico Italiano, e quindi dalla Cassa Depositi e Prestiti, - continuano i sindacalisti Flai Cgil Franciosi e Bottura - ma neanche questa partecipazione pubblica sembra aver indirizzato Inalca su una diversa etica imprenditoriale. Inalca non è un caso isolato nel distretto agroalimentare nell’utilizzo improprio degli appalti. Si preferisce investire in operazioni di ingegneria finanziaria e controllo diretto degli appalti invece che in ricerca, innovazione e qualità del lavoro".