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Una giornata lavorativa di 13 ore è difficile da immaginare, figuriamoci da sopportare. Ma il centrodestra che governa la Grecia dal 2019 ci è riuscito e ci ha costruito attorno una legge, che oggi il Parlamento di Atene ha approvato in un clima di assedio e sconcerto (due scioperi generali) ma con numeri comodi in aula, vista la maggioranza di cui godono il premier Kyriakos Mitsotakis e il suo partito Nea Dimokratia.
Cosa prevede la legge
Questa riforma del lavoro a dir poco controversa consente, per la prima volta in un Paese dell’Unione europea, di estendere la giornata lavorativa per i dipendenti del settore privato – quindi nei comparti industriale, agricolo, commerciale e dei servizi. Si potrà lavorare fino a 13 ore al giorno per un singolo datore, per un massimo di 37 giorni all’anno, su base volontaria e con una maggiorazione salariale del 40%. La specifica della monocommittenza è la vera novità, dal momento che nel non lontano 2021 è già stata introdotta la possibilità di cumulare più impieghi fino a 13 ore complessive lavorando per datori diversi.
Le altre misure
La norma fa parte di un pacchetto più ampio col quale il governo di centrodestra punta ad “aumentare la flessibilità” del lavoro. Tra le altre misure previste rientrano la possibilità di suddividere le ferie annuali in più periodi, l’introduzione di contratti lampo di due giorni gestiti tramite una piattaforma digitale e una maggiore “elasticità” nella pianificazione settimanale degli orari. Il provvedimento non si applica ai supermercati né ad alcuni settori specifici, ma riguarda soprattutto le aziende stagionali o con carenza di personale, che nelle intenzioni della maggioranza potranno gestire meglio turni e assunzioni temporanee. Diciamo pure che avranno mano libera.
Le reazioni: la Grecia in piazza
“Ci sono lavoratori che chiedono di poter lavorare più ore”, ha dichiarato in aula la ministra del Lavoro Niki Kerameos, spiegando che la norma “non intacca la giornata standard di otto ore” e interesserà “in media tre giorni al mese”. Per Sokratis Famellos, leader di Syriza, la legge rappresenta “una forma moderna di schiavitù retribuita”, mentre Nikos Androulakis, del Pasok, denuncia “lo smantellamento sistematico dei diritti dei lavoratori”. La Confederazione generale dei lavoratori greci (Gsee) ha proclamato due scioperi generali nelle ultime settimane, accusando il governo di minare “salute, sicurezza e vita familiare dei dipendenti”.
Abolita di fatto la giornata di 8 ore
Queste misure, per i sindacati, di fatto portano all’abolizione della giornata di otto ore. La Gsee sottolinea che la riforma viola la normativa europea sul riposo giornaliero di 11 ore. La confederazione avverte inoltre che il principio della “volontarietà” è in realtà illusorio, vista la disparità di potere tra datori di lavoro e dipendenti. Si tratta di una legge “barbara”, ha commentato il dirigente sindacale Stefanos Chatziliadis, aggiungendo: “Rendere legale lavorare dalla mattina alla sera non è normale. È disumano”.
Una legge lontana dal diritto europeo
In un articolato documento inviato al governo lo scorso 30 settembre, la Gsee ha denunciato che le nuove disposizioni “aggravano la precarietà” e consolidano un modello di “lavoro non tutelato”. Il sindacato sottolinea come, in un contesto di salari bassi e perdita di potere d’acquisto, la legge aumenti la pressione sui lavoratori e li spinga ad accettare turni prolungati.
Nella lettera, la Gsee richiama l’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che garantisce il diritto a limiti di orario, ferie e periodi di riposo, e la direttiva 2003/88/CE, che stabilisce la correlazione tra orari prolungati e danni alla salute. Secondo il sindacato, la Grecia — già oggetto di osservazioni da parte del Comitato europeo dei diritti sociali e dell’Organizzazione internazionale del lavoro — sta violando i livelli minimi di protezione fissati dall’Ue.
Se “lavorare per due datori di lavoro può essere una scelta”, “lavorare 13 ore per uno solo diventa un obbligo”, osserva la Confederazione, bollando la legge come “un grave arretramento per i diritti dei lavoratori in Grecia”.
Il contesto: un Paese povero
L’agenda pro-business portata avanti dal governo, e alcuni indicatori economici in ripresa rispetto alla drammatica crisi degli anni Dieci, coprono con una maschera di apparente benessere l’impoverimento della Grecia. Già la scorsa estate, su Collettiva, avevano ripreso la notizia delle vacanze off limits per il 46% dei greci: quasi un cittadino su due non può permettersi una settimana di ferie. Sulle spiagge della Grecia c’erano solo gli stranieri.
Come ha riassunto Politico, “la Grecia resta lontana dagli standard europei in termini di salari e potere d’acquisto. Gli stipendi rimangono tra i più bassi dell’Unione europea, costringendo molti cittadini al doppio lavoro. Secondo un rapporto del Comitato europeo dei diritti sociali (2024), il Paese è penultimo nell’Ue per potere d’acquisto, e quasi la metà delle famiglie non riesce a permettersi i beni di prima necessità. I dati più recenti di Eurostat (ottobre 2025) mostrano che uno su cinque lavoratori greci supera le 45 ore settimanali, la quota più alta dell’intera Ue. Anche su scala globale la Grecia si colloca ai primi posti per ore lavorate: secondo l’Ocse (2023), il Paese è quinto al mondo per numero medio annuo di ore lavorative, dietro solo a Colombia, Messico, Costa Rica e Cile”.
Il secondo Paese Ue per numero di lavoratori poveri
È utile riproporre un Report della Gsee del quale avevamo già scritto, dove troviamo molte conferme: la Grecia è al secondo posto nell’Unione europea per tasso di lavoratori in condizione di grave deprivazione materiale e sociale. Nel 2024 l’8,8% degli occupati greci risultava in questa situazione, poco sotto la Bulgaria (9,5%) e davanti a Paesi come Romania (7,8%), Ungheria (5,4%) e Slovacchia (3,3%).
Il 29,3% dei lavoratori non riesce a permettersi nemmeno una spesa personale settimanale, dato più alto tra i 27 Stati membri e in crescita rispetto al 27,9% del 2023. La media europea è solo dell’8,3%. La percentuale sale al 31,4% tra i lavoratori non salariati, oltre quattro volte la media Ue. Tra i disoccupati il dato tocca il 61,7%, mentre il 41,3% degli inattivi (esclusi i pensionati) e il 30,4% dei pensionati segnalano la stessa difficoltà, contro un 9% a livello europeo.
La Thailandia d'Europa
Tornando sul tema della povertà e delle vacanze impossibili, il Guardian aveva scelto questo titolo: La Thailandia d’Europa. E certo sarà ancora più difficile ricavare tempo libero lavorando 13 ore al giorno. Si possono usare tutte le metafore e similitudini storiche che si vogliono, evocare un ritorno alla schiavitù o alle fabbriche ottocentesche di Manchester (dove il calcolo del tempo era prerogativa del padrone). Ma, restando ai fatti, la Grecia va in plastica controtendenza anche rispetto alla sperimentazione della settimana corta che molti Paesi europei hanno avviato.
La destra che governa la Grecia vuole illudere i cittadini che, grazie all’equazione “più lavoro = più guadagno”, potranno finalmente risollevarsi. È appunto un’illusione: il superlavoro porta solo alla fine dell’essere umano.