Quel 25 febbraio 1964 i commentatori sono convinti che il giovane Cassius Clay non abbia alcuna possibilità di sconfiggere il campione del mondo dei pesi massimi. Il ring è quella della Convention Hall di Miami Beach e le voci che si rincorrono danno il giovane pugile per perdente. “Se fossi Cassius, prenderei un taxi e lascerei la città”, diceva qualcuno, “Penso che il match terminerà negli spogliatoi. Penso che Clay sverrà prima di salire sul ring”, aggiungeva qualcun altro. Invece è Sonny a ritirarsi al settimo round (era la prima volta dal 1919 che un titolo mondiale dei pesi massimi si assegnava per ritiro del campione). La rivista Sports Illustrated inserirà il combattimento al quarto posto nella classifica dei più grandi momenti di sport del XX secolo. Grazie alla vittoria su Liston e alla conquista del titolo la carriera di Cassius Clay prenderà definitivamente il volo ed anche la sua vita cambierà radicalmente.

Annuncerà la sua conversione alla fede musulmana e la sua adesione alla Nation of Islam ed inizierà a farsi chiamare Cassius X (i membri dell’organizzazione adottavano come cognome la lettera X non volendo utilizzare ulteriormente quello assegnato alle loro famiglie dagli schiavisti bianchi) trasformando poco dopo definitivamente il suo nome in Muhammad Ali.

Si dice che Muhammad Ali sia stato autore della poesia più breve di sempre. “Me, we”, diceva. Due sole parole separate - o forse più propriamente unite - da una virgola: “Me, noi”. Storicamente non è possibile dimostrare se realmente scrisse lui quei versi, se li pronunciò - come si dice - di fronte agli studenti di un campus americano (secondo alcuni Ali rivelò in un secondo tempo che le parole sussurrate da lui in quell’occasione furono «Me, Whee!», come dire «Io? Evviva»), se quella sia realmente la poesia più breve di sempre. Quel che è e rimane certo è Cassius Clay - Muhammad Ali non fu solo un grande pugile. Fu soprattutto un grande uomo, paladino dei diritti umani, che difenderà sempre. Lo farà assieme all’amico Malcom X, compagno nella lotta per i diritti civili e l’emancipazione dei neri d’America. Lo farà contro la Guerra in Vietnam.

Gli porteranno via il suo titolo mondiale e la licenza di pugile per aver rifiutato di servire l’esercito americano, sarà processato e condannato a cinque anni di carcere (che non scontò). Solo anni dopo la Suprema corte ribalterà la sentenza riconoscendo il suo diritto all’obiezione di coscienza, l’arbitrarietà e l’irragionevolezza della sua sospensione. Muhammad Alì si spegnerà all’età di 74 anni e le ultime foto lo ritrarranno come un uomo pesantemente colpito dal parkinson.

Affermava il pugile, non senza una certa dose di amara ironia, una una nota intervista alla Bbc: “Mi sono sempre chiesto fin da bambino delle cose, ero molto curioso. Chiedevo a mia madre, perché è tutto bianco? Perché Gesù è bianco e ha gli occhi azzurri? Perché sono tutti bianchi nell’Ultima Cena? Perché anche gli angeli lo sono? Babbo Natale è bianco. E tutto il brutto è nero. Il brutto anatroccolo è nero. Se il gatto è nero, è cattivo e porta sfortuna. Se ti minacciano è blackmail, perché non chiamarlo whitemail? Sapevo che qualcosa non andava. Hai visto Tarzan? Era bianco e parlava con gli animali e gli africani che sono cresciuti lì e sono stati lì per secoli, non potevano farlo. Mi chiedevo: perché Tarzan, il re della giungla in Africa, era bianco? (…) Ho dovuto lasciare il ristorante, nella mia città natale. (…) Nella città in cui sono nato e cresciuto. Avevo vinto una medaglia d’oro e non potevo andare mangiare al ristorante della mia città? Qualcosa non andava”.

Già, qualcosa non andava, qualcosa ancora non va, e noi non ci stancheremo mai di dirlo!