In occasione dell’80esimo anniversario dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, un’ampia alleanza di organizzazioni internazionali ha lanciato un appello ai governi di tutto il mondo: è il momento di “riaffermare il loro impegno per un mondo libero dalle armi nucleari, onorando la richiesta degli hibakusha e del Premio Nobel per la pace 2024 Nihon Hidankyo, e di dare priorità allo sviluppo sostenibile rispetto al militarismo”.

Una chiamata all’azione urgente che arriva mentre la crisi democratica globale si intreccia con la crescita delle spese militari, l’avanzare dell’autoritarismo e l’aggravarsi della crisi climatica.

Un golpe invisibile

“Ci troviamo di fronte a una crescente minaccia alla nostra sicurezza collettiva”, si legge nell’appello, “derivante dalla concentrazione di potere e ricchezza nelle mani di un’alleanza scellerata tra miliardari e forze politiche di estrema destra”.

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Gli estensori denunciano “un colpo di Stato dei miliardari contro la democrazia”, che starebbe “sovvertendo le istituzioni multilaterali” e ridisegnando politiche ed economie “a proprio vantaggio, minando il bene comune”. Il risultato è la crescita di regimi autoritari, “il rafforzamento delle strutture militari e il cambiamento climatico”, mentre “le risorse vengono sottratte allo sviluppo umano e alla costruzione della pace”.

Una spirale pericolosa

L’impatto sociale ed economico è devastante. “Nel 2024, l’1% più ricco della popolazione mondiale possedeva più ricchezza del 95% più povero messo insieme”. Le disuguaglianze estreme alimentano povertà, instabilità e un’autorità statale sempre più repressiva.

A fare da collante, il militarismo. “Con l’affermarsi del militarismo, le risorse che potrebbero essere utilizzate per affrontare le sfide urgenti del cambiamento climatico, della povertà e della disuguaglianza vengono dirottate verso i sistemi d’arma”. Nel 2024, le spese militari globali hanno toccato i 2.718 miliardi di dollari, con un incremento del 9,4% rispetto all’anno precedente.

Gli eserciti, denuncia l’appello, hanno oggi “la quarta impronta di carbonio più grande dopo Cina, Stati Uniti e India”, senza contare le conseguenze dei test nucleari, delle deforestazioni causate da operazioni militari e dell’inquinamento bellico.

Un cambio di paradigma

Le organizzazioni promotrici, tra cui Ituc, Greenpeace, Ican, Oxfam e Rete Italiana Pace Disarmo, chiedono “una sicurezza comune e una solidarietà globale in cui lo sviluppo umano, la sostenibilità ambientale, la democrazia e il multilateralismo abbiano la precedenza sul dispiegamento di potenza militare”.

Tra le richieste concrete:

  • la ratifica universale del Trattato per la proibizione delle armi nucleari;
  • politiche fiscali progressive per riequilibrare i sistemi economici;
  • salari dignitosi e rafforzamento della contrattazione collettiva;
  • un programma globale di “Conversione Equa” per riconvertire le economie militarizzate;
  • l’integrazione di disarmo e sostenibilità nei piani d’azione per il clima;
  • la costruzione di sistemi universali di protezione sociale.

Ogni individuo ha diritto all’accesso ai servizi di base, alla protezione sociale e a una vita dignitosa”, scrivono, con un’attenzione speciale a donne, lavoratori migranti ed economia informale.

Le occasioni del 2025

Il documento richiama le tappe internazionali dei prossimi mesi: l’Assemblea Generale dell’Onu, il Vertice sociale mondiale a Doha, il G20 in Sudafrica, la Cop30 in Amazzonia. Tutti appuntamenti da trasformare in svolte politiche concrete.

“Chiediamo ai governi di adottare un nuovo contratto sociale che garantisca la giustizia economica e lo sviluppo umano”. Il G20, in particolare, è invitato a “impegnarsi a ridurre le spese militari e a investire in politiche che favoriscano la prosperità condivisa”.

Il messaggio conclusivo è netto: “Li esortiamo a imparare dal passato, a non ripeterlo, e a costruire un mondo migliore in cui la minaccia delle armi nucleari sia sradicata, in cui la democrazia garantisca pace e prosperità per tutti e in cui la sicurezza comune sia assicurata attraverso la solidarietà e lo sviluppo sostenibile”.