Il 21 maggio la Cgil ha promosso un incontro online della Rete internazionale dei sindacati antifascisti sul rischio della crescita dell’estrema destra, in vista delle prossime elezioni europee, e sull’impatto che questo potrebbe avere sui diritti di lavoratrici e lavoratori.

Come dimostrato statisticamente da più fonti (anche dalla stessa Commissione Europea), in tutta Europa c’è una netta coincidenza tra aree di maggiore disagio e crescita elettorale della destra.

Bisogna dunque affrontare le cause di malessere, disagio, precarietà: questa è la priorità per i sindacati. Spesso spingendo le forze politiche progressiste e democratiche a seguirli, imponendo un’agenda che tratti proprio i temi legati al mondo del lavoro, del welfare e dei diritti.

Partendo dall’evidenziare il caso italiano, dove la destra è già al governo da quasi due anni, appaiono evidenti le contraddizioni tra ciò che la destra promette – alimentando e cavalcando il malessere sociale – e ciò che invece la destra fa una volta al governo.

Anche con il contributo di Magdalena Chojnowska, (OPZZ, Polonia), Pekka Ristelä (SAK, Finlandia) e Thomas Shannon (ETUC), nonché di interventi della FGTB (Belgio) e FNV (Olanda), nel corso del webinar è emerso chiaramente che la destra agisce in modo uniforme in Europa e nel mondo.

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La destra, una volta al governo, realizza le più feroci politiche neoliberiste e di austerità. Applica tagli sistematici ai servizi pubblici (scuola, sanità, trasporti), riduce o elimina misure a sostegno della popolazione più povera, introduce riforme del lavoro che aumentano la precarietà e diminuiscono i diritti, promuove le privatizzazioni, stravolge il principio di “progressività” del fisco e asseconda l’evasione fiscale (con continui “condoni” o “amnistie”).

Al tempo stesso, la destra sfodera i peggiori tratti della propria cultura discriminatoria, nazionalista e intollerante rispetto ai diritti sociali e civili, nonché i propri tratti autoritari rispetto alla concezione della democrazia e dello Stato. Attacca il diritto di sciopero e il valore della rappresentanza sindacale. Impone modelli tradizionali di famiglia negando diritti al mondo LGBTQA+; occupa l’informazione pubblica. Impone riforme della “cosa pubblica” che stravolgono il bilanciamento dei poteri costituzionali, riducono il ruolo del Parlamento e accentrano il potere nelle mani di un’unica figura.

Questa destra rischia, con le prossime elezioni di giugno, di diventare parte predominante nel governo dell’Europa.

E invece, concordano i sindacati europei, c’è bisogno che l’Europa vada nella direzione opposta. Riscoprendo la centralità del proprio modello sociale e del mondo del lavoro, l’Europa deve promuovere lavoro stabile, sicuro e tutelato; deve spingere per l’aumento di salari e pensioni; deve favorire investimenti pubblici per lo sviluppo, l’occupazione, la sanità e la scuola pubbliche; deve realizzare una politica fiscale equa e redistributiva; deve applicare principi di crescita inclusiva e armonica tra tutte le sue aree.

Il sindacato, dal canto suo, è e deve essere sempre più a contatto diretto con le lavoratrici e i lavoratori, con i cittadini: a livello europeo e a livello nazionale, certo, ma soprattutto a livello territoriale. Per rappresentarne bisogni e diritti, per dare voce ai conflitti sociali, per lottare verso una diversa prospettiva. Verso un altro modello.

Per impedire che chi alimenta e sfrutta il malessere sociale abbia poi la possibilità di governare: continuando soltanto ad accrescerlo.

Andrea Malpassi, Area politiche internazionali Cgil