Tra le molte Direttive europee che il nostro governo è di volta in volta chiamato a recepire vi è anche la Direttiva (Ue) 2018/1972 che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, il cui termine per il recepimento nelle legislazioni degli Stati membri risultava scaduto il 21 dicembre 2020. Seppur oltre il termine di scadenza previsto, pochi giorni fa è stato abbozzato il decreto legislativo, arrivato in Consiglio dei ministri, che deve recepire questa importante direttiva Ue. Per capire di cosa stiamo parlando è opportuno indicare i principi base da rispettarsi nel recepimento, nel rispetto di quanto previsto dalla legge n.53 del 2021 recante Delega al governo per il recepimento delle direttive europee, che all’art 4 ha previsto Principi e criteri direttivi per l’attuazione della direttiva europea in oggetto.

Dunque si prevede:

  1. “ladozione di un nuovo codice delle comunicazioni elettroniche per larmonizzazione della normativa di settore, assicurando il necessario coordinamento tra le disposizioni oggetto di modifica o integrazione”;
  2. l’assegnazione e l’aggiornamento delle nuove competenze affidate allAgcom (l'Autorità di garanzia cui la legge istitutiva affida il compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali degli utenti; svolge  funzioni di regolamentazione e vigilanza nei settori delle telecomunicazioni, dell'audiovisivo, dell'editoria, delle poste)
  3. la previsione di “misure di semplificazione per lo sviluppo della connettività e per potenziare gli investimenti in reti a banda ultralarga, sia fisse che mobili, garantendo altresì laccesso generalizzato alle reti ad altissima velocità e la loro ampia diffusione per tutti i cittadini, evitando zone bianche in assenza di copertura sul territorio nazionale, a prezzi accessibili e con possibilità di scelta adeguata”; 
  4. Una nuova definizione di Servizio Universale, che sia al passo con “il progresso tecnologico, levoluzione del mercato e la domanda degli utenti”;
  5. La semplificazione dei meccanismi autorizzativi per le infrastrutture per assicurare certezza nei tempi delle assegnazioni dei diritti di uso delle frequenze radiomobili ed i principi della concorrenza.

Di fatto siamo dinanzi a un ulteriore necessario provvedimento che punta a inserire a pieno titolo l’Italia nel progetto di costruzione di uno spazio regolatorio europeo in materia digitale. Come abbiamo sempre detto, nella valutazione degli effetti delle implementazioni digitali, lo sguardo della nostra confederazione è da sempre di ordine generale e considera i cittadini e le cittadine nell’esercizio di ogni loro attività. Dunque una norma di questa natura rientra perfettamente nel solco di un riconoscimento di tutela dei singoli fruitori della rete e della necessità di rivedere i criteri di definizione del servizio universale, attualizzandolo al nuovo millennio.

La crisi pandemica ha dimostrato, infatti, che anche in tema di connettività e di accesso ai servizi, il digital divide, se non affrontato, è un fattore di un ampliamento delle diseguaglianze. Dunque il miglioramento della copertura infrastrutturale, necessario e indispensabile, deve essere accompagnato da un sostegno, a nostro avviso non solo economico, ma anche educativo alla domanda. In questo senso il Codice delle comunicazioni elettroniche europeo prevede “un accesso adeguato e a prezzi accessibili a internet a banda larga “prevedendo anche la possibilità che gli Stati membri intervengano con sostegni economici alla domanda”.

Ma qual è lo strumento principe in ambito di telecomunicazioni per garantire anche agli utenti svantaggiati, sia per questioni economiche che per locazione geografica, accessibilità ai servizi di qualità? È appunto il servizio universale che in Italia è regolato dal Codice delle Comunicazioni elettroniche del 2003. Sino al recepimento della Direttiva europea in realtà l’elenco dei servizi ricompreso nel Codice italiano non era affatto congruente con il cambio di paradigma tecnologico. Potremmo dire che, in assenza di attualizzazione del codice delle comunicazioni, l’unica novità di rilievo in materia è stato il  “Piano voucher per la connettività in banda ultra larga”, approvato nel maggio 2020 dal Comitato per la Banda Ultralarga (Cobul) che ha messo a disposizione più di un miliardo di euro per l’erogazione di voucher destinati a famiglie ed imprese per la connessione a banda ultralarga.

Ma la politica dei voucher non è sufficiente perché il superamento del digital divide, come abbiamo detto, non passa solo da misure di agevolazione all’accesso “fisico” ai servizi, ma da un più complesso piano di alfabetizzazione critica al digitale. Dunque, riservandoci di leggere il testo del decreto nel dettaglio e di verificarne le eventuali modifiche, guardiamo con molto interesse al recepimento della Direttiva europea, sia laddove attualizza il perimetro del servizio universale fissando un pacchetto di servizi minimi che ricomprendono il diritto all’utilizzo dei servizi di amministrazione digitale tanto quanto la possibilità di svolgere ordini o acquisti online, sia dove prevede l’obbligo della continuità della fornitura per i servizi internet nel passaggio da un operatore ad un altro.

Parimenti ci sembra importante il previsto rafforzamento dei compiti dell’Agcom in tema di vigilanza e di regolazione delle controversie tra utenti finali ed operatori. E proprio in questo complesso scenario crediamo vadano complessivamente strutturate soluzioni che consentano l’esercizio di una vera e propria cittadinanza digitale, basata su una educazione critica all’utilizzo del digitale, che sappia promuovere un uso consapevole del web ed una vera e propria educazione civica digitale.

Di sicuro il tentativo europeo di costruire una via di regolamentazione del digitale che tuteli i singoli cittadini e contrasti complessivamente il potere delle “big tech” è una straordinaria occasione per rilanciare complessivamente, anche nel nostro Paese, il ruolo del pubblico come strumento di riduzione delle diseguaglianze e creazione di opportunità diffuse, tanto più dinanzi ai massivi investimenti che l’Europa stessa ha previsto con il piano “Next generation Eu” che si dovranno tradurre nella realizzazione concreta di progetti di complessivo ridisegno del Paese.