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La notte tra il 12 e il 13 giugno 2025 Israele ha attaccato militarmente l’Iran. La guerra è durata 12 giorni e le vittime, moltissime tra i civili, sono state oltre 1.000.
Siyavash Shahabi è un giornalista freelance iraniano rifugiato ad Atene. Ha fondato il blog The Fire Next Time ed è co-fondatore e membro del consiglio di amministrazione della ILC Iran Labor Confederation – Abroad. In questo articolo, scritto con la giornalista freelance Silvia Cegalin, spiega come questa guerra ha influito sulle condizioni e sulla lotta dei lavoratori in Iran.
Durante l’intero 2024 ILC ha riportato che in Iran si sono registrate almeno 2.396 proteste dei lavoratori e 169 scioperi. Questi dati mostrano che durante il 2024 in Iran si sono svolti regolari raduni settimanali di pensionati, sit-in degli insegnanti, raccolta di petizioni nelle fabbriche, mentre nei Comuni i servizi sono stati rallentati: azioni silenziose che raramente fanno notizia a livello nazionale.
Le proteste sono continuate anche nel 2025. Sono emblematici i raduni dei pensionati che quasi ogni giorno manifestano con striscioni che denunciano fondi pensione saccheggiati e sussidi non pagati.
Come è cambiata la lotta sindacale
La guerra non ha posto fine alla rivolta sindacale, ne ha cambiato però il ritmo. Dopo la guerra dei 12 giorni dello scorso giugno le azioni di protesta non hanno più coinciso con grandi e lunghi scioperi, ma si sono trasformate in azioni più brevi come, ad esempio, scioperi di un giorno o assemblee pubbliche settimanali indette dai pensionati o dagli insegnanti. L’aumento della repressione e i prezzi che sono tornati a salire hanno riportato nelle strade i lavoratori e le lavoratrici.
L'austerità sotto le sanzioni
Nel 2025 tre forze stanno influenzando la condizione lavorativa iraniana. La prima è l’austerità. A fine settembre le Nazioni Unite hanno ripristinato le sanzioni del Consiglio di Sicurezza precedenti al 2015, e la pressione economica è passata da acuta a cronica. Il divario valutario si è allargato: il dollaro di libero mercato è aumentato, mentre il tasso di cambio ufficiale è rimasto invariato, alimentando così un sistema di doppio cambio che penalizza i salari. Le famiglie lo hanno percepito immediatamente nell'elevato costo del cibo, degli affitti e delle medicine. Le richieste principali dei lavoratori sono l'indicizzazione salariale all’inflazione, il pagamento degli arretrati e la sicurezza del posto di lavoro.
La militarizzazione dei rapporti di lavoro
Un’altra aggravante emerge dal fatto che in tempo di guerra gli agenti di sicurezza arrestano preventivamente gli organizzatori degli scioperi e delle proteste, impongono ritmi di lavoro forzati e militarizzano siti strategici: petrolio, petrolchimica, ferrovie ed energia. I processi si svolgono più rapidamente, le cauzioni sono più alte e le liste nere sono tornate. Questa pressione ha spinto i lavoratori verso tattiche decentralizzate: comitati interaziendali, linee di sciopero a rotazione e ad attuare una disciplina mediatica più severa.
La società civile dice "no alla guerra e no alla dittatura"
A giugno i consigli degli insegnanti, il sindacato dei lavoratori degli autobus, Haft-Tappeh, i pensionati, le prigioniere femministe e l'Associazione degli scrittori, hanno rilasciato dichiarazioni contro la guerra, condannando però anche la repressione interna. Questo è un terzo elemento importante della fase attuale, perché offre alle lotte sul posto di lavoro un terreno politico – rivendicazioni essenziali legate alla libertà di associazione, di parola e di sicurezza.
A livello settoriale si registra ancora tensione nelle fasce petrolifere/petrolchimiche (appaltatori e logistica), nei servizi comunali (rifiuti, trasporti, acqua), nella sanità (infermieri, personale ospedaliero), nell'istruzione (insegnanti) e tra i pensionati. Va riscontrato che i sit-in di protesta sono aumentati dopo svariati incidenti mortali sul lavoro, riportando così al centro del dibattito la questione sicurezza, così come anche le richieste di risarcimento assicurativo e degli arretrati. Attualmente le manifestazioni domenicali dei pensionati rimangono l’appuntamento più regolare a livello nazionale.