PHOTO
É tempo di agire, le parole non bastano più davanti al genocidio in corso a Gaza. Per questo il 19 settembre il mondo della lavoro sciopera e scende in piazza, in tutta Italia.
La Cgil ha ribadito la necessità di prendere una posizione chiara e ferma per ribadire la solidarietà al popolo palestinese e chiedere ancora al governo italiano di intervenire. I lavoratori e le lavoratrici di tutti i settori si uniscono così al grido della società civile. Ecco le motivazioni.
Borghesi, Nidil: “Lottiamo per Gaza”
"Sciopero perché il mondo del lavoro non può assistere inerme alla strage della popolazione civile in corso a Gaza, alla violazione palese e continua del diritto internazionale da parte del governo israeliano – dichiara Andrea Borghesi, segretario generale Nidil Cgil – Il genocidio in corso in Palestina è anche il simbolo di quanto avviene nelle relazioni internazionali, in quelle interpersonali e in quelle lavorative dove sembra prevalere la legge del più forte. Lottare oggi per Gaza significa anche affermare un’altra logica, quella del confronto, magari anche aspro, tra diversi; in fin dei conti scioperare oggi significa sostenere la democrazia per la pace e nel lavoro”.
Bozzanca, Fp: “Al lavoro con il lutto al braccio”
“Il 19 settembre le lavoratrici e i lavoratori dei servizi pubblici, delle Amministrazioni locali e centrali, della sanità, del sociale, dei servizi di pubblica utilità – dice Federico Bozzanca, segretario generale Fp Cgil – garantiranno la continuità delle prestazioni prevista dalla legge, ma lo faranno con un segno visibile di lutto nei confronti di ciò che sta accadendo a Gaza. Saremo nelle assemblee, nei presidi, ai cortei per condannare l’invasione dei territori palestinesi, per chiedere con forza il cessate il fuoco immediato. I crimini di Gaza, le guerre, la politica di riarmo sono la negazione di ciò che il nostro mondo rappresenta, per questo faremo di tutto per ampliare la mobilitazione”.
De Palma, Fiom: “Scioperiamo per restare umani”
“Il 19 settembre noi scioperiamo per restare umani. Quello che sta accadendo – afferma Michele De Palma, segretario generale Fiom Cgil – in questo momento al popolo palestinese dovrebbe indignare tutte e tutti, a prescindere dalle proprie collocazioni politiche, ideologiche, culturali e religiose. Stiamo parlando dell’umanità. Oggi la bandiera della Palestina non è la bandiera solo di un popolo, ma è la bandiera dell’umanità, che è messa in discussione. Quindi scioperiamo per poter provare a spingere il governo e l’Unione Europea a fare le scelte giuste: riconoscere lo Stato di Palestina e bloccare l’intervento militare”.
Di Franco, Fillea: “Crediamo nella pace possibile”
“I lavoratori e le lavoratrici delle costruzioni vogliono sostenere con forza e determinazione il proprio dissenso nei confronti della spirale di guerre, massacri e repressione, che sta devastando un’intera popolazione – sottolinea Antonio Di Franco, segretario generale Fillea Cgil – Il governo di Israele sta distruggendo il diritto all’esistenza di un popolo, calpestandone principi e diritti sanciti dagli organismi e dal diritto internazionale. Denunciamo con sdegno il progetto di genocidio che lo Stato d'Israele sta realizzando nei territori palestinesi occupati, attraverso l’assedio permanente, con continui bombardamenti sulla Striscia, espulsioni forzate, demolizioni di case in Cisgiordania, uccisioni mirate, incarcerazione di massa e un graduale annientamento della società civile che mira alla cancellazione di un intero popolo. Di fronte al genocidio in corso, preoccupa l’inerzia dei governi europei e dell'intera comunità Ue”.
"Questa giornata di mobilitazione – conclude – deve servire a dimostrare che lavoratrici e lavoratori delle costruzioni non possono tacere di fronte ad un crimine contro l’umanità di tale portata. Dobbiamo lottare affinchè non si smetta mai di credere nella pace, nella giustizia e nella solidarietà tra i popoli. Intere generazioni di uomini e donne, anche con il sacrificio della vita, hanno combattuto l’indifferenza e la normalizzazione dell’orrore. Abbiamo il dovere di onorare e difendere i principi che tutelano l’umanità”.
Falcinelli, Filctem: “Dalla parte giusta”
Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil, definisce lo sciopero “un atto necessario per fermare un’immane tragedia. Denuncia la distanza tra la realtà e il racconto di un governo che, a suo giudizio, non ha il coraggio di assumersi le proprie responsabilità di fronte a quella che considera una codarda invasione militare e alla deportazione di un popolo”.
“Si sciopera – afferma – per i bambini e gli anziani, per le donne e gli uomini che cercano di sopravvivere a quello che descrive come un inferno in terra, e per tutte le vittime di un genocidio ignobile. Ma anche per coinvolgere l’opinione pubblica e provare a fermare Israele”.
Falcinelli conclude che la mobilitazione serve infine “a noi stessi, perché un giorno la storia chiederà conto di tutto questo e sarà doveroso dimostrare di essere stati dalla parte giusta”.
Esposito, Fisac: “Alziamo la voce per la pace”
“Sciopero perché c’è l’urgenza di alzare la voce, di farlo in maniera chiara e forte perché cessi la guerra in Palestina, insieme a tutte le guerre in atto, come quella in Ucraina – dice Susy Esposito, segretaria generale Fisac Cgil – La guerra non può e non deve essere lo strumento di regolazione dei rapporti tra gli Stati e tra i popoli, ma può e deve esserlo la pace attraverso la diplomazia, la libertà e l’autodeterminazione. Come Cgil vogliamo scuotere le coscienze attraverso la partecipazione attiva di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati. Come la storia dimostra vogliamo che ancora una volta l’impegno delle lavoratrici e dei lavoratori sia seme di pace, di giustizia e di dignità per tutti i popoli”.
Fracassi, Flc: “Indossiamo un fiocco nero”
“La Flc Cgil continua le azioni di protesta contro il genocidio in corso a Gaza, in difesa del diritto internazionale. Sin dall’inizio del conflitto –evidenza Gianna Fracassi, segretaria generale Flc Cgil - la nostra
organizzazione si è schierata al fianco degli insegnanti, del personale scolastico e universitario e degli studenti palestinesi; ha sostenuto il sindacato palestinese dell'istruzione, Gupt, con iniziative e con un progetto di solidarietà internazionale. Ogni scuola e università bombardata, ogni aula distrutta, è un colpo inferto al futuro di un popolo. Tacere significherebbe essere complici. La scuola e l’università devono restare presidio di libertà, di pace e di conoscenza: per questo la FLC CGIL chiama alla mobilitazione del 19 ottobre 2025, affinché i bambini e le bambine i ragazzi e le ragazze di Gaza possano tornare a studiare e a sperare in un futuro di giustizia, fondato sulla pace fra i popoli e sul rispetto dei diritti universali. Chiediamo a tutto il personale di scuola, università, ricerca e Afam di indossare, nella giornata del 19 settembre, un fiocco nero in segno di solidarietà con il popolo palestinese”.
Malorgio, Filt: “La guerra non è mai la soluzione”
Per Stefano Malorgio, segretario generale Filt Cgil “ci sono due motivazioni forti” per scioperare il 19 settembre: “La prima è che con questa mobilitazione vogliamo chiedere al governo italiano che intervenga sui fatti gravissimi che stanno avvenendo a Gaza, in Palestina, e vogliamo in questo modo coinvolgere anche i lavoratori in questa forma di protesta. La seconda, che ci dice che la mobilitazione non si fermerà, è che i lavoratori italiani sono contro la guerra contro tutte le guerre, perché la guerra non è mai una soluzione. Questo vale per ciò che accade a Gaza, ma vale anche per ciò che sta cadendo in Ucraina. Vogliamo invece avere una un'Europa che, unita, metta in campo tutti gli strumenti per porre fine alle guerre in corso”.
Saccone, Slc: “Solidarietà al popolo palestinese”
“Dalla finestra della nostra sede – ricorda Riccardo Saccone, segretario generale Slc Cgil – sventola la bandiera palestinese: è il simbolo della solidarietà delle lavoratrici e dei lavoratori di Slc a un popolo a cui Israele sta negando il diritto di esistere. Ed è il simbolo della nostra ferma condanna di un governo che occupa, uccide, infligge sofferenze non più sopportabili a centinaia di migliaia di civili in aperto contrasto con il diritto internazionale e umanitario. Non solo: questa insensata guerra sta uccidendo, anche fisicamente, il diritto all'informazione e alla cultura. Cessi l'invasione militare, il governo italiano si adoperi per l'apertura di corridoi umanitari e per il ripristino del diritto internazionale. Non possiamo restare indifferenti, per questo scioperiamo e chiamiamo tutti alla mobilitazione”.
Scacchetti, Spi: “La piazza unica scelta possibile”
Tania Scacchetti, segretaria generale Spi Cgil parla a nome di tutti i pensionati che hanno scelto di mobilitarsi “perché stare in silenzio rispetto a quanto sta accadendo a Gaza significa essere complici di un genocidio e perché l’invasione e l’occupazione illegale di Gaza da parte dell’esercito israeliano vanno fermate subito. La gravità di quanto sta accadendo, con il progetto di annientamento e deportazione del popolo gazawi ha bisogno di una risposta forte da parte di governi e istituzioni: che dia voce alle istanze di pace; che fermi il massacro e aiuti la popolazione civile, aprendo corridoi umanitari e garantendo l’arrivo degli aiuti; che ripristini il diritto internazionale. Chi si è sempre battuto per la pace e per i diritti sa che la voce dei lavoratori e dei cittadini è importante per cambiare le cose. Scendere in piazza è per noi una scelta necessaria e doverosa. L’unica possibile.
Mininni, Flai: il governo italiani rinunci a silenzi e complicità
Aderiamo con convinzione allo sciopero, mentre i raid su Gaza City proseguono nel massacro dei civili. È il momento di intensificare ancora di più il nostro sforzo per fermare il genocidio in corso in Palestina. Lo sciopero, in questo senso, può essere lo strumento con cui lavoratrici e lavoratori obbligano il governo italiano a rinunciare a silenzi e complicità con l’esecutivo criminale israeliano e a invertire la rotta rispetto alle politiche di riarmo che ci avvicinano ogni giorno di più ad un nuovo conflitto mondiale. Lavoratrici e lavoratori non sono più disposti a voltarsi dall’altra parte e il sostegno popolare alla Global Sumud Flotilla lo dimostra