Il 90% dei candidati e delle candidate non avrebbe superato le tre prove del “semestre filtro” nelle due sessioni, condizione per entrare in graduatoria e poter continuare a studiare Medicina. In un Paese normale, di fronte a un errore così marchiano – che lascia scoperti gran parte dei posti (insufficienti) messi a disposizione –, il responsabile si sarebbe dimesso. E invece, come è noto, durante la festa di Atreju la ministra dell’Università e della ricerca Bernini, ha definito i studenti che la contestavano “poveri comunisti”.

In queste ore Bernini annuncia che si correrà ai ripari, tra le ipotesi quella di ammettere chi ha avuto la sufficienza in due delle tre prove (chimica, fisica e biologia) e la promessa, fatta al Cnsu, di rivedere il meccanismo, ma con l’avviso che non si tornerà ai test.

Nel frattempo, studenti e studentesse vivono nella totale incertezza: i risultati definitivi si avranno solo il 12 gennaio. E come al solito una grande fardello verrà scaricato sulle università, che dovranno far “recuperare” quegli studenti che, secondo le ipotesi, verranno ammessi senza aver ottenuto tutte le sufficienze necessarie. Per non parlare del sistema sanitario nazionale che di medici ha un grandissimo bisogno.

Proprio la scorsa settimana in Corea del sud il responsabile dei test per l’ammissione all’università si è dimesso per la difficoltà delle prove che ha visto promossi pochi studenti. Ma i nostri sono “poveri comunisti” e, dunque, non possono protestare.

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