“La parola tregua deve essere cancellata dal lessico”. Lo ha dichiarato, citato dalla radio Reshet Bet, il ministro dell’Energia israeliano Eli Cohen, aggiungendo che Israele non rinuncerà a nessuno dei due obiettivi, né alla sconfitta di Hamas né alla restituzione dei prigionieri. Parole che confermano la decisione presa dal gabinetto di sicurezza di Tel Aviv per l'espansione dell’offensiva a Gaza e quindi il controllo totale della Striscia, subito dopo la visita del presidente statunitense, Donald Trump, il prossimo 12 maggio. La popolazione palestinese, considerata alla stregua di un ingombro, sarà completamente sfollata e fatta emigrare. 

Sugli aiuti bloccati, che non possono di nuovo entrare nella Striscia da oltre 50 giorni, il ministro israeliano per la Sicurezza, Ben Gvir, sostiene che la popolazione ha cibo a sufficienza e di non capire perché si debba dare qualcosa ai gazawi, scontrandosi però con il capo di Stato maggiore, Eyal Zamir, il quale afferma invece che non si possano affamare i palestinesi. 

“Nella Striscia di Gaza non entra nulla, la popolazione è stremata e anche le operazioni umanitarie sono messe a dura prova”, fa sapere la ong Emergency, presente a Gaza, inviandoci l’audio di un loro operatore, il medico Andrea Bona, che descrive una situazione insostenibile, che vede quotidianamente decine di vittime dei bombardamenti israeliani. 

Andrea Bona, medico di Emergency a Gaza 

Francia, Gran Bretagna e Commissione europea hanno espresso preoccupazione per le decisioni del premier israeliano Benjamin Netanyahu e Parigi “condanna molto fermamente la nuova campagna militare israeliana nella Striscia di Gaza”, definendola inaccettabile e accusando Tel Aviv di “violare il diritto umanitario”.

Il governo italiano invece sinora ha mantenuto il più completo silenzio: non una parola di preoccupazione, non un cenno di condanna al governo israeliano, dando segno di ignorare una delle peggiori tragedie dei nostri anni.