Il 7 ottobre del 2023 eravamo in piazza San Giovanni a Roma con la Via Maestra per difendere la nostra Costituzione e per chiedere una politica di pace e il ripudio della guerra, quando le notizie che arrivavano da Israele piombarono come macigni tra tutte e tutti noi. Incredulità, orrore e poi dolore per le vittime civili israeliane dell’attacco terroristico pianificato e realizzato da Hamas.

Un atto ed una strategia che criminale che ha aperto la strada ad un susseguirsi di crimini di guerra e di una escalation di violenza e di distruzione ingiustificabile, insopportabile, tale da produrre mandati di cattura da parte della Corte Penale Internazionale contro i leader di Hamas e lo stesso Netanyahu e l’accusa della Corte Internazionale di Giustizia di violazione della Convenzione contro il genocidio da parte di Israele.

La popolazione civile palestinese di Gaza è stata bombardata, assediata, affamata, lasciata senza acqua, viveri, assistenza sanitaria, deportata e minacciata di espulsione coatta o di morire sotto le macerie delle proprie case e sotto gli occhi del mondo intero. Gli stessi ostaggi catturati da Hamas il 7 ottobre del 2023 sono stati abbandonati e sacrificati in nome della vendetta e della distruzione di Hamas.

Da quel giorno, abbiamo assistito alle più gravi violazioni del diritto internazionale e del diritto umanitario dalla Seconda guerra mondiale ad oggi. Si è fatta carta straccia delle decisioni della Corte di giustizia internazionale, delle Risoluzioni dell’Onu e delle Convenzioni internazionali in materia dei diritti umani. La comunità internazionale, occidente compreso, non è riuscita a fermare questa ondata di terrore, di violenza, di morti e di distruzione.

Mentre, alla Federazione russa si applicano ogni sorta di sanzioni per le evidenti e continue violazioni del diritto internazionale, schierandosi politicamente ed anche militarmente a favore dell’Ucraina, per Israele non si va oltre inutili dichiarazioni di facciata e per i palestinesi vittime di occupazione dal 1967, non si riconosce ancora il legittimo diritto di autodeterminazione, di essere una nazione e uno Stato.

Ha dovuto metterci la faccia ed i corpi la società civile, via mare, per rompere l’embargo umanitario e sula terraferma, invadendo le piazze e le strade italiane e di tante altre parti del mondo per dire basta, per mettere a nudo le responsabilità di Stati e governi democratici e per svergognare il governo israeliano, colpevole, nuovamente di violare il diritto internazionale nelle acque internazionali fermando una missione umanitaria e nonviolenta diretta ad assistere la popolazione affamate di Gaza.

L’indignazione, l’attacco ai principi ed ai valori della nostra Costituzione e la necessità di mostrare solidarietà e vicinanza con le vittime hanno creato le condizioni per indire uno sciopero generale e per riempire giorno dopo giorno le piazze d’Italia. Ripudio della guerra, rispetto del diritto internazionale, riduzione e riconversione della spesa militare, cooperazione e solidarietà debbono essere alla base delle politiche italiane ed europee se vogliamo costruire pace, convivenza e sicurezza comune globale.

Mentre, invece, assistiamo alla diffusione delle guerre, le spese per riarmo e difesa conquistano partite sempre più consistenti dei bilanci degli Stati occidentali, a danno della spesa sociale e per il welfare. Si approfondiscono le fratture e le distanze tra l’Occidente ed il “Sud globale”, aumentano i colpi di stato, le dittature militari, le autarchie e le cosiddette “democrature”, le elezioni farsa, la democrazia, nuove forme e progetti di colonialismo e lo stato di diritto non hanno mai conosciuto una crisi così profonda e attacchi così violenti.

L’Unione europea, senza il completamento del suo progetto politico, fa sempre più fatica non solo a difendere il proprio modello sociale, ma anche a misurarsi nel teatro globale, e ad essere una “parte terza”, protagonista e costruttrice di pace e di sicurezza globale comune. Il sindacato libero, autonomo e indipendente è uno dei principali bersagli della politica e dell’economia di guerra, per la sua forza di rappresentanza sociale e per essere storicamente fondato sul rispetto dei diritti umani, delle libertà e della solidarietà e cooperazione tra i popoli.

Non ci stancheremo mai di denunciare le ingiustizie, le violenze e le oppressioni su uomini e donne, e le persecuzioni su intere popolazioni. Saremo sempre al fianco di chi lotta in modo nonviolento per rivendicare i propri diritti e libertà. Il 7 ottobre è una pagina nera della nostra storia, non è l’inizio e non è la fine, è il prodotto di errori e di ritardi, ai quali dobbiamo rispondere con gli strumenti della politica e della responsabilità collettiva, mettendo in campo le regole condivise, il diritto internazionale ed il sistema multilaterale delle Nazioni Unite. Vale per ciò che sta accadendo in Medio Oriente, in Palestina, in Israele, in Russia, in Ucraina ed in ogni altra parte del mondo dove sono in corso guerre e ingiustizie. Senza più ritardi e doppi standard.

Salvatore Marra, responsabile delle politiche internazionali Cgil