All'inizio sono arrivate le 8 ore lavorative, circa un secolo e mezzo fa, in Gran Bretagna, patria della rivoluzione industriale. Una delle prime grandi conquiste del movimento sindacale. Poi, più recentemente, ben dentro il XX secolo, si è imposto il weekend di due giorni e quindi la settimana lavorativa di 5. Ora, i tempi sono maturi per un nuovo passo in avanti, la “naturale evoluzione” di tutto questo. Ne sono convinti in Gran Bretagna, dove tutto ha avuto inizio, e dove oggi il dibattito sulla 4-day work week, la settimana lavorativa di 4 giorni a parità di salario, è letteralmente infuocato. Da pochi giorni è infatti partita una sperimentazione senza precedenti, che coinvolge oltre 70 aziende e 3300 lavoratrici e lavoratori che vedranno ridotto di 8 ore il loro orario settimanale, senza perdite di salario. Una “rivoluzione possibile” che è ormai discussa e sperimentata in molti paesi (in Spagna ad esempio, ma anche in Belgio, seppure in una forma diversa) o addirittura applicata (come in Islanda). Solo l'Italia sembra ancora non essersi accorta (o quasi) di questo fenomeno globale.

Per capire meglio cosa succede sotto la corona di Sua Maestà abbiamo incontrato Afzal Rahman, funzionario politico della Tuc, la confederazione dei sindacati britannici, che da anni considerano la settimana di 4 giorni come una loro priorità.