Razzismo, xenofobia, russofobia. E poi, nazionalismi, discriminazioni, pericolosi distinguo. Sono gli effetti collaterali della guerra in Ucraina, analizzati nell’ultimo dossier di Lunaria, associazione che lavora per promuovere per la pace, la giustizia sociale ed economica, l'uguaglianza. Un racconto che parte da una premessa, doverosa: non c’è nessuna intenzione di assecondare la logica che contrappone i diritti dei profughi ucraini a quelli degli altri profughi, dei richiedenti asilo e dei rifugiati provenienti da diverse aree del mondo. Al contrario, c’è la volontà di chiedere che l’accoglienza e la solidarietà riservate agli ucraini siano estese a tutte le persone che hanno bisogno di protezione, indipendentemente dalla loro origine.

Una riflessione difficile da proporre, insidiosa appunto, proprio per via di quella polarizzazione che domina il dibattito pubblico, assecondato dall’uso massiccio dei social. “Ma non potevamo esimerci dal farla, anche se è complicato fare circolare voci alternative – spiega Grazia Naletto di Lunaria, tra le autrici del dossier -. È la prima volta che abbiamo potuto assistere a una guerra in diretta, sui social ma anche sui media mainstream, grazie al lavoro degli inviati. Questo ha significato metterla al centro del dibattito e quindi polarizzare l’opinione pubblica”.

Su che cosa esattamente accende i riflettori il focus di Lunaria? Sul fatto che le istituzioni europee e nazionali, i media, il mondo della politica e quello della cultura riservano trattamenti, attenzione, solidarietà, comprensione e accoglienza diversi e per alcuni versi inaspettati alla guerra e ai profughi ucraini rispetto a tutti gli altri. Che questo atteggiamento sta facendo proliferare xenofobia e razzismo.

Partiamo dall’Europa, che applicando per gli ucraini la direttiva 55/2001 sulla protezione temporanea e mobilitando risorse straordinarie per la loro accoglienza, ha introdotto di fatto una nuova gerarchia del diritto di asilo: persone che hanno subito allo stesso modo l’orrore delle bombe sono trattate in modo diverso a seconda del Paese da cui provengono. “Il ruolo dell’Europa è stato fondamentale, esplicito, immediato, veloce: se non ci fosse stato, anche gli Stati nazionali avrebbero avuto un altro tipo di approccio, non necessariamente univoco e così pronto a mobilitare risorse – prosegue Naletto -. Questa crisi, se confrontata con quella siriana del 2015-2016 e quella afghana dell’anno scorso evidenzia molto bene come ci sia una scelta politica precisa nella decisione di intervenire o meno”.

Mentre i cittadini fuggiti dall’Ucraina sono circa 5,1 milioni (al 22 aprile 2022), accolti soprattutto nei Paesi confinanti, i profughi provenienti da Afghanistan, Algeria, Bangladesh, Camerun, Etiopia, Gambia, Ghana, India, Nigeria, Pakistan e Siria continuano a essere rinchiusi nel centro di detenzione Zhuravychi, vicino a Lutsk, nell’area nord-occidentale dell’Ucraina, uno dei tre che, secondo Der Spiegel, hanno ottenuto finanziamenti dall’Unione Europea. Senza contare le difficoltà a ottenere protezione che stanno incontrando studenti e lavoratori stranieri di breve termine che si trovavano in Ucraina.

“Anche i mass media hanno un ruolo importantissimo, perché riservano un’attenzione eccezionale a questa guerra: non accade lo stesso con i conflitti che affliggono molti altri Paesi del mondo – prosegue Naletto -. Forniscono un racconto in diretta mostrandoci ogni giorno gli orrori della guerra, e nel racconto affiorano pregiudizi e stereotipi che strutturano un radicato eurocentrismo bianco. Si asseconda l’idea che questa guerra sia tanto più grave e sorprendente perché è in Europa, quasi a dire che è normale che ci sia un conflitto in Afghanistan o in Siria”. Come nel caso di Charlie D’Agata, giornalista di CBS News, che ha proposto una distinzione tra popoli “civilized” e non (“Non è un luogo, con tutto il rispetto, come l’Iraq o l’Afghanistan, questa è una città relativamente civilizzata”).

“La solidarietà unanime del mondo politico lascia trapelare furbe e opportunistiche distinzioni tra ‘profughi veri’ e ‘profughi falsi’ - si legge nel dossier di Lunaria -. Segno che, anche da questo punto di vista, il dramma del popolo ucraino difficilmente contribuirà a fare un passo in avanti nel consolidamento di una cultura politica di garanzia universalistica dei diritti umani”. Per Grazia Naletto il messaggio di accoglienza dei nostri rappresentanti istituzionali nasconde poi un retropensiero. “Senza calcare la mano, il dubbio sembra legittimo – dice -: siccome si tratta di profughi caucasici, europei, è più facile accettarli, accoglierli”. Anche il mondo della cultura e dello sport replica la logica dello scontro con il nemico, escludendo cantanti e scrittori da festival e rassegne, rinominando opere, bandendo atleti russi da competizioni.

“C’è però un aspetto positivo – conclude Naletto -: la molteplicità di strumenti adottati a livello europeo e nazionale, che riguardano il sistema di accoglienza, apre la finestra a un modello diverso rispetto a quello proposto finora, più diffuso e capillare, che potrà lasciare tracce per il futuro. Se invece la risposta data all’esodo dei profughi ucraini, straordinaria e condivisibile, possa essere un punto di svolta per le politiche dell’immigrazione, questo lo possiamo solo sperare”.