Il governo russo non ha perso tempo nell’organizzare a diversi livelli la campagna di propaganda a favore della guerra, senza risparmiare, naturalmente, il terreno più delicato, quello della scuola. Fin dall’inizio dell’invasione, le amministrazioni delle scuole russe di ogni ordine e grado hanno trasmesso agli insegnanti le istruzioni, elaborate centralmente dal ministero competente, circa l’interpretazione da fornire, parola per parola, sugli “eventi in Ucraina”, con le risposte da dare alle eventuali domande poste dagli studenti.

Tale materiale doveva preparare le classi a una lezione speciale, dal titolo “I difensori della pace”, che il 3 marzo si è tenuta contemporaneamente in tutto il paese, con lo scopo di mostrare a cinque milioni di scolari e studenti “perché è necessaria la missione di liberazione in Ucraina”.  Un filmato di propaganda, condotto da una popolare cantante dodicenne con la compiaciuta partecipazione e consulenza di un militare e di uno storico, è stato al centro di questa lezione, ove il punto di vista ufficiale è stato presentato senza, naturalmente, alcun contraddittorio.

Nei giorni seguenti, le pagine ufficiali delle istituzioni scolastiche comparse sui canali social si sono riempite di entusiastici resoconti su come “i ragazzi hanno appreso ciò che lega indissolubilmente i popoli di Russia, Ucraina e Bielorussia, qual è la vera ragione degli eventi di oggi” o su come “gli insegnanti hanno spiegato che non si trattava di una guerra o di un conflitto, ma di un'operazione speciale e di mantenimento della pace dell'esercito russo per proteggere gli stati sovrani della Dpr e della Lpr (Dombass e Luhansk, ndr) dall'aggressione non autorizzata del regime di Kiev”. 

Tuttavia, non tutte le scuole né tutti i docenti hanno aderito all’iniziativa. C’è stato chi a Mosca ha confessato ai suoi studenti di essere stato costretto a tenere tale lezione e chi a San Pietroburgo, in nome del principio di neutralità politica dell’insegnamento, ha tout court ignorato la direttiva, arrivata in modo informale sui canali social, incontrando in questo un atteggiamento “neutrale” da parte dell’amministrazione. Qualcuno ha semplicemente registrato sul proprio cellulare il filmato ministeriale, senza renderlo oggetto di discussione, mentre una scuola intera di Volgograd, nella persona del suo dirigente, si è dichiarata contraria allo svolgimento della lezione.  Diversi insegnanti, specie nei piccoli centri, dove è più facile essere licenziati senza poi trovare un altro lavoro, hanno lamentato di aver subito forti pressioni; altri docenti, la cui posizione contraria alla guerra era nota alla dirigenza, sono stati tollerati ma costretti a tenere altre lezioni parimenti “edificanti”.

Anche se la maggioranza degli insegnanti è probabilmente favorevole alle posizioni governative, apprese per lo più attraverso programmi televisivi rigorosamente unidirezionali, esiste un dissenso che attraversa tutto il paese e che si è espresso in una petizione contro la guerra e a favore di un cessate il fuoco, lanciata da un insegnante di matematica di Mosca già il giorno dopo l'inizio della guerra e firmata in pochi giorni da almeno 5.000 docenti di ogni regione del paese. Nelle parole dello stesso insegnante, in un’intervista contenuta in un articolo del quotidiano online Meduza, la petizione è andata incontro all’urgente bisogno dei tanti colleghi di far sentire la propria voce. Dal canto loro gli studenti pongono domande sulla guerra ma in molti non capiscono cosa stia succedendo e trasmettono fondamentalmente la posizione dei loro genitori.

Un altro firmatario di Mosca afferma che è importante spiegare agli studenti che la guerra è un male e trasmetterlo nel modo più chiaro e coraggioso possibile. Egli riferisce che i suoi studenti hanno parlato molto, esprimendo paura e desiderio di studiare all'estero, alcuni perché hanno famiglie in altre regioni o anche in Ucraina, altri semplicemente perché capiscono che li aspetta un futuro cupo e incerto. Si tratta di studenti delle superiori, mentre i più piccoli sentono semplicemente che qualcosa non va.

Un terzo docente della regione di Nizhny Novgorod, insegnante di storia, professatosi marxista e internazionalista, dichiara di aver firmato la petizione proprio in virtù della sua posizione antimperialista, ma anche perché ritiene che la professione d'insegnante implichi la promozione della pace, della gentilezza, della comprensione reciproca e della ricerca di compromessi. La guerra è insomma contraria al lavoro pedagogico. È imbarazzante tacere, per un’insegnante di letteratura di Izhevsk, e ciò supera la paura che comprensibilmente molti di loro provano, sfidando tuttavia con coraggio il rischio di essere condannati fino a quindici anni di prigione, come previsto dalle più recenti determinazioni di Putin, o perlomeno di subire un procedimento penale che implicherebbe automaticamente la perdita del lavoro d'insegnante.