“Io sono in Italia adesso, sono al sicuro, non ho più paura che i talebani possano venire alla mia porta e prendere me, o mia madre, o mia sorella. Ma ci sono ancora tante donne e tante ragazze lì in Afghanistan che sono in pericolo. Io vorrei che anche loro, un giorno, potessero essere libere”. Ha solo 20 anni Faiza (nome di fantasia), ma la vita l’ha già costretta a fuggire dal suo paese per proteggersi, insieme alla sua famiglia. Sua madre, infatti, è da molti anni un’attivista dei diritti, impegnata insieme a Pangea Onlus in progetti di emancipazione e liberazione delle donne afghane. Questo la mette in pericolo ora che i talebani sono tornati al potere. E allora Faiza l’ha seguita in Italia, insieme a sua sorella, poco più grande di lei. E ora girano il Paese, per raccontare la loro storia e quella di molte altre donne e ragazze, rimaste in Afghanistan e private di diritti fondamentali, diritti che avevano cominciato, lentamente, a conquistare nell’ultimo ventennio.

L’occasione di conoscere Faiza e di ascoltare il suo racconto è arrivata grazie ad un'iniziativa promossa lo scorso 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, dallo Spi Cgil dell’Umbria, insieme al suo coordinamento donne, ad Assisi, presso la Domus Pacis. Un’iniziativa costruita in rete con tante realtà impegnate nella solidarietà internazionale, nell’accoglienza e nella lotta per i diritti delle donne, come la stessa Pangea, il Cisda (Coordinamento italiano sostegno donne afghane), l’associazione Omnes oltre i confini, Emergency e la Caritas diocesana di Perugia. 

L’intenzione dello Spi Cgil però, come ha sottolineato nelle sue conclusioni Mina Cilloni, segretaria nazionale e responsabile del coordinamento donne, non è quella di fermarsi a un convegno: “Abbiamo il dovere non solo di informarci e di conoscere quello che accade in Afghanistan ora che i riflettori mediatici si sono abbassati, ma anche di dare un supporto concreto. E il lavoro in rete con le realtà che quotidianamente sono impegnate, sia qui in Italia nell’accoglienza, che in Afghanistan, è la strada che vogliamo continuare a percorrere per non lasciare sole le donne afghane”.