Un’altra lezione dalla pandemia: l’Europa, e non solo, ha scoperto che le braccia sono importanti. Quelle che servono a raccogliere il cibo che arriva nelle piccole e grandi città, nei piccoli e grandi supermercati. Le braccia sottopagate degli stranieri ora fermi alle frontiere, bloccati dal virus e dal ritorno dei confini. Sono cercati da tutti, tanto che la Commissione europea, in una serie di linee guida per gli Stati membri diffuse il 30 marzo, li ha inseriti tra le categorie indispensabili e con facoltà di movimento. I lavoratori stagionali dell’agricoltura, gli europei comunitari che arrivano in Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna dall’Europa Orientale, devono essere considerati “cruciali” e deve essere loro consentita la libera circolazione nell’Unione anche in tempi di Coronavirus. Questo raccomandano le linee guida.

 

Come i medici e gli scienziati

Manodopera a basso costo eppure indispensabile, come altre categorie elencate dalla Commissione. Come medici e infermieri, come scienziati, come gli addetti ai trasporti o al settore farmaceutico. Sono i romeni, polacchi, bulgari che all’apertura della stagione, con la primavera, garantiscono la forza lavoro che occorre al raccolto. Anche a loro, in quest’epoca pandemica che rovescia un po’ tutto, tocca in sorte il dovere, più che il diritto, alla mobilità, al rendersi disponibili, ma si somma a uno stato di necessità che era già della vita prima del virus, e lo complica e lo rende più ingiusto. Necessità di lavoro, naturalmente. Dall’altra parte delle frontiere, adesso, sono attesi e invocati. I governi europei hanno dichiarato che l'approvvigionamento alimentare è una questione di sicurezza nazionale. Milioni di persone affollano i supermercati per affrontare il confinamento domestico. Nel raccomandare la circolazione degli stagionali, però, si rischia di sottovalutare i pericoli sanitari e le condizioni di sopruso, caporalato, illegalità in cui spesso si trovano a dover lavorare.

La Commissione si è mossa velocemente per rispondere all’appello lanciato dalle imprese dell’agricoltura europea. Le linee guida “identificano una serie di lavoratori che esercitano professioni critiche e per i quali la libera circolazione continua nell'Unione è considerata essenziale. Per quanto riguarda i lavoratori stagionali - si legge nelle linee guida -, in particolare nel settore agricolo, gli Stati membri sono invitati a scambiarsi informazioni sulle loro diverse esigenze a livello tecnico e a stabilire procedure specifiche per garantire un passaggio agevole, al fine di rispondere alle carenze di manodopera a seguito della crisi. I lavoratori stagionali in agricoltura svolgono in determinate circostanze funzioni critiche di raccolta, piantagione e cura. In tale situazione, gli Stati membri dovrebbero trattare tali persone come lavoratori critici e comunicare ai datori di lavoro la necessità di prevedere un'adeguata protezione della salute e della sicurezza”.

La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha lanciato un appello video su Twitter, per consentire la circolazione di tutti i lavoratori frontalieri europei, circa un milione e mezzo di persone.

E la salute? La Commissione osserva che “il controllo sanitario può essere effettuato prima o dopo la frontiera, a seconda delle infrastrutture disponibili, per garantire la fluidità del traffico. I controlli e l'esame sanitario non dovrebbero richiedere l'abbandono dei veicoli da parte dei lavoratori e dovrebbero basarsi, in linea di principio, sulla misurazione elettronica della temperatura corporea. Nel caso in cui il lavoratore abbia la febbre e le autorità di frontiera ritengano che non gli sia consentito di continuare il viaggio, il lavoratore dovrebbe avere accesso a un'adeguata assistenza sanitaria alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro in cui lavora”. “E’ una visione un po’ nordeuropea, diciamo così - commenta con Rassegna Davide Fiatti, segretario nazionale della Flai Cgil -. Insomma molto ottimista. Bisogna però capire come questi controlli possano avvenire nell’emergenza attuale, nell'ambito di un sistema che garantisca la sicurezza sanitaria. Questi lavoratori devono essere messi in condizione di non essere fonte di rischio per sé e per gli altri, riguardo al Covid-19”.

Eboli (Salerno), braccianti est-europee impiegate nella raccolta di carciofi, foto di © Livio Senigalliesi, Sintesi, 2010.

La Commissione ha incamerato il plauso della Coldiretti, che nei giorni scorsi aveva lanciato l’allarme sulla necessità di manodopera stagionale, e si era appellata alla Ue perché intervenisse rapidamente sui transfrontalieri, così da garantire la raccolta nelle campagne e le forniture alimentari, insomma perché non vadano in malora verdure, fragole, fagioli e altri prodotti. Nessun accenno alle questioni sanitarie. Ma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini insiste sul ritorno ai voucher: "A livello nazionale è ora necessaria una radicale semplificazione del voucher 'agricolo' che possa consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne", sostiene. Insomma per la Coldiretti gli stranieri non bastano.

 

Salute, clandestinità, sfruttamento

“Se viene garantita la tutela della salute, il giudizio sulle linee guida Ue è ovviamente positivo - osserva ancora Fiatti -, la libera circolazione dei lavoratori è fondamentale, ma poi devono lavorare con applicazione dei contratti, delle regole. E comunque in Italia rimane il problema di una grande forza lavoro di extracomunitari che restano sul territorio in stato di clandestinità e sfruttamento. L’ha detto anche la ministra Bellanova: sarebbe il caso di fare una sanatoria”. In Italia i lavoratori a tempo determinato in agricoltura sono circa 900mila, compresi gli italiani. “Gli stranieri regolari sono circa 200mila - ricostruisce Fiatti -. Gli stranieri comunitari ed extracomunitari irregolari sono, invece, altri 200mila, una cifra che non risulta da alcuna statistica, ma si può solo dedurre”. Comunitari ed extracomunitari si dividono in quote quasi uguali (53% e 47%) il lavoro nei campi (fonte: Osservatorio Placido Rizzotto). Duecentomila è un numero ricorrente: sono più o meno le braccia che mancano adesso in Italia, secondo le stime di Confagricoltura. Tornando agli stagionali “promossi” dalla Ue, “il nodo di fondo è sempre quello - commenta ancora Fiatti -, ossia che l’incontro tra domanda e offerta di lavoro sia sempre in chiaro. I lavoratori possono anche entrare regolarmente, ma quando arrivano e svolgono la mansione, in questa fase di controlli ancor meno potenziati, con gli ispettori del lavoro che non possono uscire, e carabinieri e finanzieri impegnati in altri compiti, il rischio è che la regolarità sia assicurata meno di prima”.

Eppure “entro meno di un mese la richiesta di manodopera stagionale sarà elevata. Soluzioni si potrebbero anche ipotizzare, ma l’allargamento dei voucher in agricoltura non c’entra nulla - chiarisce il dirigente sindacale -. I lavoratori non li attrai coi voucher, ma se gli dai quello che spetta normalmente. La flessibilità nel settore è già altissima, puoi assumere un lavoratore anche per un giorno. Il voucher è uno strumento che serve solo ad allargare l’area del ‘grigio’, per eludere possibili controlli. La proposta fatta in varie Regioni di far ‘scivolare’ nell’agricoltura gli stagionali di altri settori, come turismo e ristorazione, è invece percorribile, basta mettere in chiaro il bisogno effettivo di manodopera delle imprese, ad esempio attraverso un sito, osservando le regole e applicando il contratto”, conclude il segretario Flai.

Foto di © Damiano Cristini/Sintesi

 

Non sono più invisibili?

Improvvisamente le braccia sono salite sul piedistallo del bisogno altrui. In realtà ci sono sempre state, senza di loro il mondo non va avanti. Ma almeno adesso lo ammette, lo dice. È questa la novità. Il virus, mandando in tilt i sistemi sociali ed economici, ne ha smascherato l’architettura e l’ossatura, ha reso visibili gli invisibili. L’allarme sulla raccolta stagionale, come si diceva, non è solo italiano. Un articolo del New York Times ricostruisce la “preoccupazione diffusa” in tutta Europa, ed elenca il caso della Gran Bretagna, dove “si lotta per trovare persone che raccolgano lamponi e patate”. Oppure il “pregiato raccolto di asparagi bianchi della Germania, che rischia di marcire nel terreno”. In Germania mancano all’appello 300mila stagionali. In Francia 200mila, come in Italia.

Ai bisogni degli invisibili, però, nessun accenno. A ricordarli ci pensa la Iuf (la Federazione internazionale dei lavoratori agricoli) con un ragionamento globale che vale la pena di riassumere qui in chiusura. Le persone impegnate nell’agricoltura, in tutto il mondo, sono più di un miliardo. Circa il 40% sono lavoratori salariati: “Le donne e gli uomini che lavorano nelle fattorie, nelle piantagioni, nei frutteti e nelle serre, nella produzione di latte e di bestiame”. Vivono in condizioni di povertà estrema e solo il 5% di loro ha accesso a un sistema di ispezione del lavoro o “alla protezione legale dei loro diritti alla salute e alla sicurezza”. Molti di loro sono migranti - prosegue la Iuf - e vivono in condizioni “malsane e indecenti”, “una gigantesca capsula di Petri per la propagazione di malattie infettive”.

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La domanda che si pone l’organizzazione è: “Chi garantirà la salute e la sicurezza dei lavoratori agricoli il cui apporto è necessario ora, anche se il virus si diffonde?”. Citando un appello lanciato il 19 marzo dal commissario Ue per l'Agricoltura Janusz Wojciechowski a sostegno delle aziende del settore, la Iuf ricorda che bisognerebbe pensare anche agli addetti, e dunque a “misure mirate” a difenderli, azioni che includano “la garanzia di forniture di sapone, acqua potabile, disinfettante, attrezzature protettive e servizi medici”. E ancora: “Sostegno al reddito, pasti e alloggi che consentano il distanziamento sociale e la quarantena, indennità di malattia, difesa dalle bande di criminali”.

Sono del resto le richieste avanzate da subito dalla Effat, la Federazione sindacale europea del settore, all'indirizzo di istituzioni Ue e governi europei: protezione sanitaria e sociale dei lavoratori. Il 30 marzo la Effat ha inviato alla von der Leyen e ai Commissari Ue una lettera in cui riassume le criticità da affrontare e risolvere con urgenza nell'agricoltura europea e per le condizioni di lavoratori stagionali e braccianti.

“I migranti sono una risorsa. Ora è il momento di attingere alle conoscenze e all'esperienza di lavoratori considerati per troppo tempo ‘non qualificati’ e usa e getta”, conclude la Iuf ricordando che esiste una Convenzione Ilo dalla quale partire, la 184 sulla sicurezza e la salute in agricoltura adottata nel 2001, che prevede tutele anche per i lavoratori temporanei e stagionali.

La libera circolazione non basta, se tutto il resto manca. Bisognerebbe costruire tutto il resto, a maggior ragione nel tempo della pandemia. Ma sembra impossibile, se è anche il tempo dei caporali e dei ghetti.

(Aggiornato il 2 aprile 2020, 11.10)

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