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Il traguardo è il 2030, gli obiettivi sono dettati dalle Nazioni unite e riguardano il benessere di cittadini e cittadine del mondo e dell’Italia. L’Alleanza per lo sviluppo sostenibile monitora ogni anno i progressi e gli eventuali rallentamenti. L’Italia non è messa bene. Ne parliamo con Enrico Giovannini, direttore scientifico di Asvis.
Professore, pochi giorni fa è stato presentato l'ultimo rapporto Asvis sullo sviluppo sostenibile. La situazione dell'Italia pare messa davvero male, c'è un peggioramento rispetto all'anno scorso?
È così, in Italia siamo in una situazione peggiore rispetto al 2010 per ben sei obiettivi: la povertà, le disuguaglianze, la qualità degli ecosistemi, la governance, e la partnership. E anche rispetto all'anno scorso registriamo un peggioramento rispetto ai sei obiettivi. Gli unici miglioramenti riguardano l'istruzione, la parità di genere e la lotta al cambiamento climatico. Il punto è che siamo lontanissimi dagli obiettivi e molti dei target più specifici non potranno essere raggiunti entro il 2030.
Vorrei ci soffermassimo su alcuni degli obiettivi che registrano un arretramento. Partiamo dalla povertà. L'Istat ci dice che in Italia ci sono quasi 6 milioni di poveri assoluti più quelli in povertà relativa. Evidentemente le politiche che si utilizzano in Italia non solo non aiutano a sconfiggere il fenomeno, ma non incidono nemmeno nella sua riduzione.
Purtroppo è proprio così e la Legge di bilancio, a detta dello stesso governo, non cambierà la situazione. Infatti, prima della discussione della nuova legge il ministero dell'Economia e delle finanze ha pubblicato l’Allegato Bes sugli indicatori di benessere equo e sostenibile che valuta l'impatto presunto della legge di bilancio. Secondo quel documento la manovra non porterà effetti significativi sulla povertà, le disuguaglianze, le emissioni di gas serra alteranti e neanche sull'abbandono scolastico che pure è diminuito negli ultimi anni. Anzi, addirittura il documento prevede un aumento dei tempi della giustizia civile, mentre la loro riduzione era uno dei grandi obiettivi del Pnrr. Insomma, la legge di bilancio da questo punto di vista è ininfluente e questo è gravissimo, anche perché non abbiamo un'idea di come sconfiggere la povertà che è particolarmente elevata ed è aumentata tra i bambini. Un dramma, perché sappiamo che l’aumento della povertà in giovane età si trasforma in aumento della povertà degli adulti.
Non solo aumenta la povertà, aumentano anche le diseguaglianze, altra questione dura da accettare, tanto più visto che l'obiettivo del Pnrr era proprio quello di ridurle.
L'aumento delle diseguaglianze è foriero di un ulteriore aumento della povertà. Abbiamo qualche segnale positivo, dobbiamo dirlo, in particolare sulle disuguaglianze di genere, fermo restando il dramma dei femminicidi che non accenna a ridursi, così come su alcune disuguaglianze territoriali. Grazie al Pnrr il Sud ha avuto una dinamica economica migliore del Centro Nord, ma non c'è dubbio che sono miglioramenti marginali. Purtroppo, il sistema economico continua a produrre disuguaglianze e l’intervento della la politica economica per migliorare la condizione del ceto medio – questo almeno l’annuncio che viene fatto e speriamo sia così - non riesce a incidere sulle grandi disuguaglianze. Anzi il rapporto tra il reddito del 20% più ricco e quello del 20% più povero del Paese è cresciuto, contrariamente a quello che l'Agenda 2030 prevedeva.
Qual è l’impatto economico di 6 milioni di poveri assoluti a fronte di una popolazione che non arriva ai 60 milioni di cittadine e cittadini? Insomma, il 10% della popolazione in povertà che effetti ha sull’economia del Paese?
Questa situazione produce una scarsa spinta sui consumi, una scarsa qualità dell'occupazione e quindi l’inadeguatezza della forza lavoro rispetto alle grandi trasformazioni che abbiamo davanti. Sono tutti segnali preoccupanti, che certo non si sono manifestati negli ultimi mesi o negli ultimi anni, ma non c'è dubbio che il continuo cambiamento del modo in cui si affronta il problema della povertà, prima il sostegno per l'inclusione attiva, poi il reddito per l'inclusione, infine il reddito di cittadinanza che, invece di essere migliorato, è stato sostituito da due strumenti che però non incidono più di tanto, è un ulteriore elemento che aggrava la situazione.
Siamo un Paese con un tasso di natalità tra i più bassi e si registra un galoppante invecchiamento della popolazione. Se questa è la fotografia, l’Italia come affronta il futuro?
La questione demografica non è un problema nuovo, ma non sono certo i micro bonus che risolvono il problema. Tra l'altro, ricordiamo che in Europa si contano 300 mila – in Italia 70 mila – morti all'anno per malattie legate all'inquinamento, parliamo cioè di morti premature. Quindi se vogliamo affrontare il problema demografico nella sua complessità, dobbiamo anche cercare di evitare morti di questo tipo che vanno comunque a ridurre la popolazione. In altri termini, aumentare la natalità va bene, ma non è sufficiente affrontare il problema solo chiedendo alle donne di fare più figli.
Infine, in Parlamento è in discussione la manovra finanziaria per il prossimo anno e che traccia i confini dei prossimi 3 anni. Quali sono le correzioni che a suo giudizio occorrerebbe introdurre?
Quella della stabilità è una scelta comprensibile, ma si sarebbe potuto fare molto di più. Ad esempio, abbiamo oltre 20 miliardi di sussidi dannosi per l'ambiente che vengono dati a imprese o famiglie. Questi potrebbero essere trasformati gradualmente in sussidi favorevoli all'ambiente per accompagnare le imprese al cambiamento, o alle famiglie per migliorare l'efficienza energetica delle case e ridurre le bollette. In realtà, più che nella manovra di quest’anno, il problema sta nel Piano strutturale di bilancio approvato l'anno scorso che è veramente molto fumoso. Noi proponiamo di dedicare il 2026 a rivedere in profondità la strategia nazionale di sviluppo sostenibile, definire un piano a medio e lungo termine, come di nuovo l'Italia si è impegnata a fare ma non sta facendo, per arrivare poi nel 2027 dopo le elezioni a una profonda revisione del piano strutturale di bilancio.
Per ridurre povertà e diseguaglianze, quali sono le politiche che, secondo lei, dovrebbero trovare cittadinanza in manovra?
In primo luogo, una politica fiscale di redistribuzione verso il basso e un aumento della progressività fiscale. Invece, purtroppo, si continuano a fare interventi molto mirati su alcune categorie, introducendo una forte asimmetria nel sistema fiscale. A parità di reddito, si pagano ormai imposte molto diverse, per esempio, tra lavoratori dipendenti e gli autonomi. Insomma, la revisione del sistema fiscale che è stata fatta non va nella direzione giusta, la legge di bilancio potrebbe aiutare ad andare proprio verso questo riequilibrio, ma di nuovo c'è bisogno di un ripensamento profondo del sistema fiscale e questo può essere fatto solo in una prospettiva di medio-lungo termine.


























