La “scure dei tagli” torna a colpire la spesa pubblica. Con la nuova legge di bilancio, il governo Meloni ridurrà progressivamente, dal 2026 al 2028, oltre 2,1 miliardi di euro di stanziamenti ai ministeri. Una manovra che, pur giustificata con l’esigenza di “rispettare le nuove regole europee”, finisce per comprimere settori chiave come istruzione, ambiente, sanità, infrastrutture e sicurezza sul lavoro.

Secondo le tabelle allegate al testo, il ministero dell’Economia si accollerà la parte più consistente del sacrificio — oltre 456 milioni nel 2026, fino a 1,3 miliardi nel 2028. Ma subito dietro arrivano i tagli a Infrastrutture e Trasporti (524,9 milioni nel 2026), Ambiente e Sicurezza Energetica (376,7 milioni), Istruzione e Merito (141,4 milioni) e Cultura (78,5 milioni).

A pagare saranno dunque gli investimenti pubblici: dalle nuove metropolitane di Roma, Napoli e Milano, che rischiano ulteriori rallentamenti, fino ai progetti per la gestione sostenibile delle risorse idriche e alla manutenzione del territorio, in un Paese dove le frane e le alluvioni crescono ogni anno.

Il ministero del Lavoro, già da tempo ai margini dell’agenda politica, subisce tagli più contenuti in valore assoluto (6,5 milioni nel 2026), ma il segnale politico è evidente: mentre aumentano gli infortuni e i morti sul lavoro, la prevenzione e l’ispezione restano sottofinanziate.

Intanto, dal 2029 al 2031, il governo prevede una “riassegnazione paritaria” dei fondi in conto capitale: un modo per rinviare nel tempo la spesa senza cancellarla formalmente, ma con il rischio di bloccare i cantieri e frenare l’economia reale. Una scelta che l’esecutivo chiama “efficientamento”, ma che nella sostanza significa riduzione della capacità operativa della pubblica amministrazione.

Le critiche arrivano da più fronti. I sindacati della scuola denunciano un colpo durissimo alla qualità dell’istruzione pubblica e alla stabilizzazione del personale precario. Le associazioni ambientaliste parlano di “scelta miope” che contraddice gli impegni del Pnrr e la necessità di adattamento climatico. E perfino alcune organizzazioni imprenditoriali, come Confapi e Cna, temono che la contrazione della spesa in infrastrutture possa deprimere ulteriormente l’occupazione nei settori della logistica e dell’edilizia.

La manovra, nel suo complesso, conferma una linea già vista: ridurre la spesa pubblica “visibile”, quella che finanzia servizi e investimenti, per rispettare i vincoli europei e garantire il pareggio di bilancio. Ma così facendo, si continua a scaricare sui cittadini il costo della disciplina finanziaria, tagliando proprio i comparti che dovrebbero sostenere la crescita, l’inclusione e la sicurezza.