Il Governo Meloni non si smentisce mai. Continua a strizzare l’occhiolino alle imprese a scapito dell’occupazione e del lavoro. Lo scorso 13 febbraio Cgil, Cisl, Uil e Ugl sono state convocate a un incontro tecnico dall’Unità di missione Pnrr a Palazzo Chigi. 

Scopo della riunione? Informare i sindacati che nel prossimo decreto legge sul Piano europeo ci sarà la deroga al vincolo di occupazione femminile e giovanile e ulteriori fondi per crediti di imposta e incentivi automatici per le aziende. La Cgil ha ovviamente detto no.

Le intenzioni del governo

Come al solito nessun confronto ma solo la comunicazione di quanto l’esecutivo vuole fare. È davvero bizzarro il modo di intendere i rapporti con le parti sociali dell’esecutivo Meloni, parti sociali che dovrebbero pure esser grate di essere state informate. Non solo: è stato detto persino che l’incontro del 13 sarebbe stato il primo esempio del rafforzamento del confronto con il partenariato economico e sociale che Fitto e gli altri ministri hanno intenzione di mettere nel decreto in via di scrittura. La Confederazione di corso d’Italia, invece, chiede “un vero coinvolgimento delle parti sociali”.

Il Decreto in preparazione

Arriverà presto in Consiglio dei ministri e conterrà, tra le altre cose, la nuova versione del Pnrr e le conseguenti misure attuative. Ma ciò che davvero si stenta a credere è la decisione di eliminare il vincolo di riservare il 30% dei posti di lavoro che si creano con i vari progetti del Piano europeo alle donne e ai giovani. Incredibile perché uno degli obiettivi di Nex Generation Eu è proprio quello di ridurre i divari di genere e tra le generazioni. Obiettivo, quindi, che il governo dà per fallito?

Fitto, poi, ha annunciato che nei prossimi giorni emanerà il documento di indirizzo sulla Zes unica ed è in preparazione il Testo unico che raccoglie, unisce e consolida tutte le norme che disciplinano la realizzazione di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili e che sostituirà tutta la legislazione precedente in materia.

La contrarietà della Cgil

In una nota il sindacato guidato da Maurizio Landini è netto: “Il tema più rilevante che abbiamo posto è il rafforzamento della clausola di condizionalità occupazionale, ossia il vincolo per gli operatori economici aggiudicatari di bandi Pnrr di destinare ai giovani under 36 e alle donne senza limiti di età almeno il 30% per cento dell'occupazione aggiuntiva, creata in esecuzione del contratto per le attività connesse o strumentali. Tale clausola è disattesa in circa 70% dei bandi. Pertanto, non condividiamo in alcun modo la deroga all’applicazione di tale disposizione per i progetti in essere”.

Il rischio di perdere l’occasione

Le vecchie abitudini sono davvero dure a morire, e così nella nuova versione del Piano si tornano ad ampliare le risorse per incentivi alle imprese invece che rafforzare gli investimenti pubblici. Dice a tal proposito la Cgil: “Abbiamo ribadito come questa impostazione, basata sulla sostituzione di investimenti pubblici diretti con incentivi, rischi di compromettere il ruolo trasformativo che il Pnrr dovrebbe avere, a partire dalla transizione energetica, e di ridurre l’impatto finale sul Pil”.

L’erogazione degli imponenti incentivi – aggiunge la Cgil –deve essere collegata all’adempimento di precise e stringenti condizionalità relative, anche in questo caso, alla creazione di nuovi posti di lavoro (con particolare attenzione a giovani e donne) e al raggiungimento dei traguardi previsti in tema di transizione ecologica ed energetica”.

Colmare i divari

Proprio in questi giorni la Svimez ha sottolineato come i divari tra Nord e Sud rendono difficilmente esigibile il diritto alla salute nelle regioni meridionali. Stesso ragionamento vale per quanto riguarda i servizi all’infanzia o agli anziani e in generale le infrastrutture sociali e materiali. E se è vero che la consistente quantità di risorse che l’Europa ha destinato all’Italia deriva da grandi diseguaglianze da ridurre, l’obiettivo non può che essere la riduzione degli stessi. Ma i meccanismi per l’assegnazione delle opere e delle relative risorse non funzionano. Propone la Cgil: “Per tutti gli interventi che incidono sui divari territoriali/sociali/economici è poi necessario superare la logica dei bandi competitivi e andare nella direzione della concentrazione degli investimenti e delle indispensabili attività di supporto nei contesti particolarmente critici”.

Per avviare i lavori servono risorse

Enti locali e pubbliche amministrazioni hanno risorse limitatissime. Per questo la richiesta della Confederazione è che, vista la difficoltà a mettere a terra i progetti, l’anticipazione del solo 10% del costo dell’opera non basta e deve essere fortemente incrementata. Altrimenti è inutile lamentarsi dei ritardi: le imprese hanno bisogno di liquidità e le amministrazioni pubbliche non sono in grado di intervenire, mentre assegni per decine di miliardi sono stati staccati dall’Europa all’Italia.

Il Piano riguarda tutto il Paese

Il coinvolgimento delle parti sociali è definito dalla normativa europea, ma in Italia deve essere realizzato: occorre tornare al Protocollo sottoscritto il 29 dicembre del 2021 che dispone esplicitamente la necessità di prevedere un confronto in anticipo, in itinere e finale con le parti sociali, puntualizzando anche come bisognerebbe darne conto all’interno delle documentazioni che si trasmettono alle istituzioni europee.

E questa modalità deve valere anche per la realizzazione delle riforme strutturali che accompagnano l’attuazione del Pnrr. Il giudizio sull’incontro è, quindi, netto: “Le rassicurazioni fornite dall’Unità di missione sono largamente insufficienti e, purtroppo, perfettamente in linea con quanto avvenuto in questi ultimi due anni”.