Il Protocollo del 23 dicembre scorso, quello che dà corpo, gambe e braccia alla legge sulla governance del Pnrr, è stato tradotto presto e bene in “laziale”. Lo scorso 3 febbraio la giunta regionale ha approvato una delibera che istituisce il “tavolo regionale con le parti sociali, finalizzato e continuo, nel quale sia dato conto, a livello regionale, delle ricadute sociali, economiche e occupazionali degli investimenti e delle riforme previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari”.

“Sicuramente abbiamo imboccato la via giusta – afferma Michele Azzola segretario generale della Cgil Roma e Lazio –. Positivo è aver messo nero su bianco che il confronto sarà costante e continuo, e che il ruolo di questo tavolo non è meramente consultivo ma di coordinamento, indirizzo e controllo”. Un altro passo nella giusta direzione è quello di aver definito protocolli sia con la Direzione investigativa antimafia che con la Direzione nazionale antimafia, per evitare che le risorse finiscano nelle mani della criminalità organizzata.

Le risorse che arriveranno in Regione sono davvero molte: 15,2 miliardi. La parte più consistente viene dai fondi del Nex generation Eu, il resto da altri capitoli di spesa: 5,8 miliardi del Pnrr destinati al territorio, 4,4 della programmazione ordinaria Ue per il 2021-2027, altri 2,5 di risorse per programmi già avviati e 2,5 del Fondo coesione comunitario. Si tratta di fondi che in parte, 1,374 miliardi, verranno gestiti direttamente dalla Regione, in parte dagli altri enti locali territoriali, con 4,445 miliardi in carico a Comuni, Province, Ater e altri soggetti pubblici.

La stima che veniva fatta prima dello scoppio della guerra – il rischio infatti è che occorra rivederla alla luce dell’aumento dell’energia e delle materie prime – è che nel triennio appena iniziato questo programma d'investimenti potrebbe avere un impatto sul Pil regionale del 2,6 per cento medio annuo. C’è di che cambiare il volto e il modello economico e sociale del territorio.

Queste sono le quantità di risorse in arrivo, ma anche i numeri dei soggetti attuatori, quelli che hanno il compito di presentare i progetti e spendere i soldi del Pnrr sono considerevoli: la Regione, Roma Capitale, i Comuni, le Provincie, Anas, Trenitalia, Asl, Ater, consorzi di bonifica, ecc. Come si coordina, allora, la loro azione sul territorio? È uno dei compiti del Tavolo regionale che, infatti, come primo appuntamento si è dato la convocazione dei presidenti delle Provincie.

“La vera sfida – secondo Azzola – è quella di non sprecare l’occasione di cambiare il tessuto sociale, produttivo, economico del territorio a partire dalla riduzione delle diseguaglianze tra le persone, tra le aree della regione”. E ovviamente uno degli obiettivi fondamentali è quello della creazione di lavoro di qualità. “Il rischio – avverte ancora il dirigente sindacale – è che le risorse in arrivo costituiscano una sorta di droga per 3-4 anni. Se finito il flusso di risorse scoprissimo che nulla è cambiato, non avremmo fatto altro che aggravare la situazione, aumentando il debito della Regione. Per questo governare insieme, istituzioni e parti sociali, questa fase è fondamentale proprio per indirizzare il cambio di modello di sviluppo”.

Come procedere? Innanzitutto, si sono individuate cinque aree d'intervento: sviluppo economico e produttivo, istruzione, mercato del lavoro e della formazione, infrastrutture materiali, infrastrutture sociali e immateriali. Per ciascuna di esse il Tavolo fissa obiettivi da raggiungere e poi incrocia tutte le risorse disponibili, non solo quelle del Pnrr, per utilizzarle al meglio “senza correre il rischio di postarle in progetti che non hanno come obiettivo quello di cambiare, dal punto di vista dello sviluppo economico, il territorio. È necessario fare un'operazione di monitoraggio affinché quelle risorse vengano spese per cambiare l'assetto industriale, produttivo e occupazionale del territorio”, riflette con forza il segretario della Cgil.

Molte le risorse già assegnate per progetti specifici. Innanzitutto, il capitolo salute. La pandemia, sebbene nel Lazio sia stata gestita meglio che altrove, ha messo in evidenza anche qui la grande difficoltà della sanità territoriale. E allora, ecco che 680.9 milioni verranno utilizzati per creare: 170 case di comunità, 44 ospedali di comunità, 64 centrali operative. Sono inoltre previsti 40 interventi per rendere più sicure ed efficienti strutture già esistenti, e verranno acquistati 289 nuovi macchinari per ammodernare ospedali e ambulatori.

E poi 240 milioni per l’edilizia popolare, e 249 per la mobilità sostenibile serviranno ad acquistare nuovi treni regionali, nuovi autobus e per rinnovare il materiale rotabile di alcune tratte ferroviarie locali. 120 saranno utilizzati per la sicurezza idrogeologica e del territorio.

Infine, uno dei capitoli che ci sta più a cuore: Sono 83,3 i milioni destinati alle politiche attive del lavoro. Dovranno essere utilizzati per il reinserimento lavorativo delle persone più vicine al mercato del lavoro; per servizi di orientamento e intermediazione, per l'accompagnamento al lavoro. Verranno anche utilizzati per progetti di aggiornamento e riqualificazione per lavoratori più lontani dal mercato, ma con competenze spendibili o per innalzare qualifiche. Infine, serviranno a realizzare la rete servizi territoriali e servizi educativi, sociali, socio-sanitari, di conciliazione utili al lavoro

Le risorse ci sono, le idee anche, i passi iniziati vanno nella giusta direzione. Ora occorre fare in modo che i progetti riescano davvero a cambiare il volto di questa regione.