Sono ancora pochissime, appena tre o quattro, le cosiddette “stanze dell’amore” attivate nelle carceri italiane, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale del gennaio 2024 che ha riconosciuto il diritto alla vita affettiva e sessuale come un diritto fondamentale della persona detenuta.
A ricordarlo è Susanna Marietti, dell’Associazione Antigone, che denuncia la lentezza con cui l’amministrazione penitenziaria sta applicando la pronuncia della Consulta: “La Corte ha chiarito che si tratta di un diritto, non di un’aspettativa né di una concessione. Eppure l’amministrazione continua a ragionare in termini di disciplina, non di diritti. Tra i criteri di accesso ai colloqui riservati, ad esempio, c’è l’assenza di rapporti disciplinari: ma un diritto non si contratta”.
Solo 32 istituti su 189 hanno individuato spazi idonei per i colloqui intimi, ma soltanto una manciata li ha effettivamente allestiti.
“La stessa Organizzazione mondiale della sanità riconosce che una vita sessuale sana è parte integrante della salute complessiva dell’individuo. Il diritto alla salute, come quello alla dignità, non si perde con la detenzione. È urgente che le carceri italiane si adeguino ai principi costituzionali”.
Antigone è un’associazione italiana nata nel 1991 che si occupa di tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario. Da anni monitora le condizioni di vita nelle carceri, promuove riforme legislative e si batte per il rispetto dei diritti umani delle persone detenute.
Ascolta l’estratto della prossima puntata di Jailhouse Rock, realizzata dalle detenute del carcere femminile di Bollate, dedicata proprio al tema delle “stanze dell’amore” e del diritto alla vita affettiva in carcere.






















