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C’è chi scala le montagne per vocazione e chi l’Alpe d’Huez la percorre in giacca e cravatta, con il cognome come borraccia e la tessera giusta come bici. L’Italia del merito annunciato scopre così il suo campione. Antonino Geronimo La Russa, talento ubiquo, presenza costante, curriculum a fisarmonica che si allunga dove serve.
Il racconto è edificante. Un uomo solo, molte poltrone, una geografia di incarichi che unisce teatri, motori, assicurazioni, stadi e fondazioni culturali. Il Rinascimento rivisitato in chiave cda. Leonardo dipingeva e progettava, Geronimo presiede e siede, con la stessa naturalezza con cui altri timbrano il cartellino.
La retorica della presidente Meloni parlava di fine dell’amichettismo e trionfo della competenza. Parole solenni, bandiere al vento, promesse scolpite. Poi arriva la pratica, che è sempre più creativa della teoria. Qui il merito assume una forma ereditaria, una specie di dna amministrativo che sboccia al momento opportuno.
La bellezza del caso sta nella trasversalità. Destra, centro, salotti progressisti, ministeri e comuni. Tutti concordi nel riconoscere il valore. Una democrazia matura, certo, dove il consenso si raccoglie per acclamazione e il talento trova parcheggio ovunque, possibilmente riservato.
Alla fine resta l’insegnamento civico. Studiate, impegnatevi, credete nel merito. E scegliete con cura i genitori. Viva l’Italia che corre, che nomina, che onora. Viva il merito, soprattutto quando porta un cognome allenato alla vittoria.






















