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Entrambe le madri potranno riconoscere alla nascita il figlio nato da procreazione assistita. È una sentenza storica quella depositata oggi dalla Consulta che ha ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale precedentemente sollevate dal Tribunale di Lucca. Un pronunciamento che cambierà la vita di migliaia di famiglie, riconoscendo sin da subito anche alla madre intenzionale la possibilità di essere definita tale anche per la legge.
Madri intenzionali, non più madri di serie B
Fino ad oggi per i bambini nati in Italia da procreazione medicalmente assistita lo stato di figlio non era automaticamente riconosciuto anche alla donna che ha prestato il consenso alla pratica fecondativa all'estero insieme alla madre biologica. La Corte ha tuttavia stabilito che questo status non garantisce il miglior interesse del minore e costituisce una violazione: quella dell'articolo 2 della Costituzione, per la lesione dell'identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile; dell'articolo 3 della Costituzione, per la irragionevolezza dell'attuale disciplina, che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale; e quella, infine, dell'articolo 30 della Costituzione, perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli.
Cgil: “Grande risultato, da sempre nostro sostegno alle famiglie arcobaleno”
La Cgil, che da sempre sostiene questa posizione e la pratica attraverso la contrattazione, saluta con grande favore la notizia del risultato, ottenuto grazie all’impegno del movimento Lgbtqia+ e della Rete Lenford. “In un periodo storico caratterizzato da un attacco forsennato alle bambine e ai bambini figli di genitori dello stesso sesso, la sentenza della Corte Costituzionale rappresenta una svolta epocale, con effetti di fondamentale importanza sulle bambine e i bambini e sui loro genitori.- commentano le segretarie nazionali Daniela Barbaresi e Lara Ghiglione - Più volte la Corte aveva sollecitato una soluzione legislativa. Oggi fa un passo in più cancellando il divieto di trascrizione alla nascita, risparmiando così un percorso fatto di costi ingenti e di umiliazione quale quella di dover adottare il proprio figlio e la propria figlia”.
La sentenza della Consulta
Il mancato riconoscimento fin dalla nascita, con procreazione medicalmente assistita, dello stato di figlio di entrambi i genitori, lede il diritto all'identità personale del minore e pregiudica il suo "diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni": così la Consulta. Inoltre, il mancato riconoscimento del figlio pregiudica "il suo diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale".
I rilievi di illegittimità da parte della Corte
La dichiarazione di illegittimità costituzionale si fonda su due rilievi. Il primo è la responsabilità che deriva dall'impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla Pma per generare un figlio. In sostanza: la madre intenzionale, una volta assunto l’impegno, non può sottrarsi. Il secondo è che la centralità dell'interesse del minore valga, oltre che nei confronti della madre biologica, anche in quelli della madre intenzionale.
Fino ad oggi: la stepchild adoption
Fino ad oggi, l’unica strada possibile per diventare genitore a tutti gli effetti per moltissime donne è stata la stepchild adoption, ovvero l’adozione del nato dalla propria compagna. Ma le cose, grazie a questa decisione, potranno cambiare sia per le coppie che si apprestano a un percorso di pma, sia per coloro che vivono tutt’ora in un limbo, a causa delle centinaia di impugnazioni della procura e del ministero dell'Interno, in riferimento a quei casi in cui i sindaci avevano scelto di procedere con i riconoscimenti all'anagrafe.
L’iniziativa del Tribunale di Lucca
La sentenza della Consulta fa seguito a un’iniziativa del Tribunale di Lucca che aveva sollevato una questione di legittimità in merito agli articoli 8 e 9 della legge 40/2004 ("Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”) e dell'articolo 250 del codice civile, laddove "impediscono l'attribuzione al nato dello status di figlio anche alla madre intenzionale" e non solo a quella biologica. La stessa Corte costituzionale, nel gennaio 2021, aveva invitato il Parlamento a intervenire sul tema ritenendo "non più tollerabile il protrarsi dell'inerzia legislativa”.
La causa riguardava il riconoscimento della "bigenitorialità piena" da parte di due donne su un figlio nato con procreazione medicalmente assistita. Ma esistono diversi casi simili in cui, fino a questo momento, la giurisprudenza si era pronunciata tendenzialmente con un orientamento maggioritario contrario al riconoscimento della maternità intenzionale effettiva. La Consulta ha messo un punto una volta per tutte, con una sentenza di civiltà che riconosce entrambe le madri e il loro pieno diritto di essere riconosciute tali sin dal primo momento.